Amarcord: il ricordo di Luigi Marulla, l’indomabile lupo di Cosenza

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19 luglio 2015: muore nella sua villa di Cetraro (Cosenza) Luigi Marulla. Improvvisamente, a soli 52 anni, a causa di un malore dopo aver ingerito una bevanda ghiacciata; inutile il trasporto d’urgenza ed il ricovero in ospedale, i medici riscontrano un infarto cardiaco da cui Marulla non riesce a salvarsi. Tutta Cosenza si stringe intorno al suo eroe, a quel simbolo che per undici anni è stato l’emblema di un’intera città, oltre che di una squadra di calcio che nel suo stemma ha un lupo forte e sicuro, un lupo fiero ed altezzoso esattamente come è stato Luigi Marulla, strappato al suo popolo troppo presto.

Luigi Marulla nasce in provincia di Reggio Calabria, a Stilo, il 20 aprile del 1963, legatissimo alla sua terra e alla sua regione, inizia a giocare a calcio con ottimi risultati che lo portano ad esordire in serie D a soli 16 anni nelle fila dell’Acireale: in Sicilia Marulla disputa due campionati, il secondo dei quali lo vede protagonista con 9 reti messe a segno nei polverosi campi siculi dei dilettanti, attirando su di sè l’attenzione di società di categoria superiore, prima fra tutte l’Avellino, all’epoca in serie A, che lo inserisce nel suo settore giovanile e lo manda nel 1982 in prestito al Cosenza in serie C. Quando Marulla torna nella sua Calabria, in Sila, ancora non sa che sta per incontrare il grande amore della sua vita calcistica, il Cosenza Calcio. Giunto al campo di allenamento del Cosenza, il giovane Luigi Marulla viene inizialmente guardato con diffidenza dai più scafati compagni di squadra: “E chi è questo Marulla?”, si chiede qualcuno? “Sarà uno serio?”, si domanda qualcun altro; oltre allo staff tecnico, il giovane attaccante viene preso in consegna da Fausto Silipo, esperto calciatore cosentino che capisce immediatamente di essere davanti ad un ragazzo con la testa sulle spalle e con un buon futuro da calciatore di fronte a sè: Marulla non è altissimo (1 metro e 74), ma ha buona elevazione, buona tecnica e un fiuto del gol non indifferente. Nella stagione 1982-83 la giovane punta calabrese realizza 4 reti, nella seconda 6, poi esplode definitivamente nel campionato 1984-85 mettendo a segno 18 reti che gli valgono il titolo di capocannoniere del girone B della serie C1, oltre che il salto di categoria: viene infatti acquistato dal Genoa in serie B. In Liguria resta tre stagioni in una squadra non all’altezza della promozione ma nella quale Marulla riesce a mettersi ugualmente in mostra con 7 reti il primo anno, 10 il secondo e 6 il terzo, quindi, nell’estate del 1988, lo richiama l’Avellino appena retrocesso dalla serie A e deciso a centrare subito la promozione. Ma è un Avellino molto diverso dalla bella favola dei dieci anni consecutivi in A: la squadra arranca, il pubblico contesta, un po’ deluso, un po’ nervoso; Marulla fa quello che può, si barcamena in un attacco sterile riuscendo comunque a realizzare 10 reti in un campionato che i campani chiudono al settimo posto e a tre punti dalla promozione, attuando nell’estate del 1989 una rivoluzione che allontana molti calciatori dalla città, compreso Marulla che torna al Cosenza, nel frattempo salito in serie B al termine del campionato 1987-88.

Nasce in quella stagione 1989-90 un sodalizio che resterà indissolubile, quel Cosenza-Marulla che sarà per anni una specie di ritornello automatico parlando di serie B, un po’ come Lucchese-Paci o come Ferrante-Torino. Marulla sente di rappresentare una città intera e non soltanto la locale squadra di calcio: ha il carisma giusto per prendersi l’intera compagine rossoblu sulle spalle, è calabrese ed ama la sua terra, Cosenza lo adotta e se ne innamora, lui si prende pian piano i gradi di titolare in campo ed è leader silenzioso nello spogliatoio. La salvezza del Cosenza 1989-90 è assai tribolata: i silani cambiano l’allenatore (Di Marzio al posto di Luigi Simoni) e fanno i conti con risultati troppo alterni, con un centravanti come Michele Padovano, talentuoso in campo ma testa calda fuori, ma soprattutto conoscono la tragedia di Donato Bergamini, centrocampista di 26 anni morto misteriosamente nell’autunno del 1989 per un presunto suicidio, anni dopo chiarito come omicidio da parte della malavita locale. Marulla segna 7 gol e si prepara a diventare il centravanti titolare del Cosenza a seguito della cessione di Padovano al Pisa in serie A nell’estate del 1990. Ancor più sofferta è la stagione successiva, nonostante i propositi di inizio anno fossero di salvarsi con tranquillità; invece il Cosenza resta imbrigliato fin da subito nelle zone calde della classifica, alternando buone prestazioni a disastri epocali come la sconfitta per 7-4 sul campo della Reggiana nel gennaio del 1991, partita nella quale i calabresi erano addirittura in vantaggio per 3-0. Il campionato si chiude con ben cinque squadre al quart’ultimo posto a quota 36 punti: Modena, Pescara, Avellino, Cosenza e Salernitana; la classifica avulsa premia le prime tre che si salvano dalla retrocessione, mentre per cosentini e salernitani la stagione prevede l’infernale coda dello spareggio: chi perde raggiungerà Reggina, Triestina e Barletta in serie C.

Il 26 giugno 1991 allo stadio Adriatico di Pescara si gioca Cosenza-Salernitana, gara di spareggio per la permanenza in serie B. La partita viene trasmessa in diretta dalla Rai, la telecronaca affidata a Bruno Pizzul, storica voce della nazionale italiana, che dà un tocco in più all’importanza della sfida. Fa caldo, caldissimo, si gioca di pomeriggio e la posta in palio raddoppia fatica e paura generando un incontro tirato, pieno di falli, rinvii alla viva il parroco, alla faccia della tattica e della tecnica. Marulla si sbatte come al solito, regge il peso dell’attacco e dà una mano pure a centrocampo, specialmente quando la Salernitana prende in mano il comando del gioco. I novanta minuti regolamentari non bastano per decretare la quarta ed ultima retrocessione in serie C, così si va ai tempi supplementari e dopo pochi minuti ecco la svolta: al termine dell’ennesimo batti e ribatti a centrocampo, arriva un rilancio che coglie di sorpresa la difesa della Salernitana, Marulla si infila e vola verso la porta, controlla la palla di testa per allungarsela, poi appena dentro l’area sferra un sinistro potentissimo che si infila all’incrocio dei pali. La curva del Cosenza esplode in urlo liberatorio che ancora oggi mette i brividi, mentre Marulla corre impazzito verso i tifosi, inseguito dai festanti compagni di squadra; il Cosenza è salvo grazie al suo centravanti, grazie a quel lupo di Calabria che non si è tirato indietro nel momento più difficile dell’anno, anzi, è stato lui a sancire la fine dell’incubo. I  caroselli serali in città scandiscono un solo nome: Luigi Marulla, eroe e simbolo di Cosenza. Dopo il drammatico spareggio di Pescara, il presidente Antonio Serra promette ai tifosi rossoblu che il Cosenza non soffrirà più come nelle ultime due stagioni, tutt’altro, vuole allestire un organico che possa stazionare nella parte sinistra e, perchè no, aguzzare lo sguardo verso quelle prime quattro posizioni che valgono una serie A che Cosenza attende dall’anno della sua fondazione. E le promesse il presidente le mantiene: rinforza la squadra confermando in primis il tecnico Edoardo Reja che affida a Luigi Marulla il controllo dello spogliatoio, quasi fosse un vice allenatore. Il centravanti calabrese segna meno dell’anno prima quando aveva realizzato 15 gol, andando in rete 10 volte ma contribuendo col carattere a quella che sarà la stagione migliore del Cosenza, un campionato ricco di soddisfazioni e carico di rimpianti finali; i rossoblu si avvicinano col passare delle giornate alla vetta della classifica: con Brescia e Pescara praticamente irraggiungibili, i silani tengono il passo di Ancona, Udinese, Pisa e Reggiana, vale a dire le altre formazioni in lotta per gli ultimi due posti che valgono la serie A. Alla vigilia dell’ultima giornata il Cosenza e l’Udinese sono appaiate al quarto posto con 42 punti, i calabresi giocano a Lecce contro un avversario che perdendo rischierebbe seriamente la retrocessione, mentre i friulani sono di scena sul campo del già promosso Ancona. Da Cosenza partono in 15 mila verso Lecce, verso un sogno chiamato serie A; è il 14 giugno 1992, Lecce-Cosenza è una brutta partita, c’è troppa tensione e, proprio come l’anno precedente nello spareggio con la Salernitana, troppo caldo in quel pomeriggio salentino. Marulla ha la palla buona per segnare ma il suo pallonetto finisce alto, poi  al minuto 80 segna il Lecce con il centrocampista Maini e le speranze cosentine si spengono, anche perchè nel frattempo l’Udinese vince 2-0 ad Ancona e prenota l’ultima poltrona disponibile per la serie A. A fine partita i calciatori del Cosenza escono dal campo in lacrime, rincuorati dall’applauso di quei 15 mila appassionati che piangono insieme a loro per un’occasione forse irripetibile. Marulla è sempre più il simbolo di Cosenza e del Cosenza, suona la carica in vista della nuova stagione, anche se a fine carriera, ricordando la partita di Lecce dirà: “E’ stata un’enorme delusione, anche se Cosenza dovrà sempre andare fiera di quel gruppo di ragazzi che ha entusiasmato una città ed una provincia, ricordo che ai balconi erano appesi drappi rossoblu coi nomi dei calciatori del Cosenza, una cosa mai vista, un pubblico speciale. Purtroppo arrivammo alla sfida di Lecce troppo tesi”.

Il campionato successivo, 1992-93, il Cosenza si presenta con un nuovo allenatore in sella, quel Fausto Silipo che solo dieci anni prima era calciatore rossoblu e che ritrova quel Luigi Marulla da lui svezzato ad inizio carriera. Silipo compatta la squadra, l’obiettivo è ripetere l’annata precedente sperando in una miglior sorte; l’1 ottobre 1992 Cosenza si riveglia ancora con la morte nel cuore: un incidente stradale, infatti, si porta via Massimiliano Catena, mediano di corsa e temperamento che proprio la domenica precedente aveva realizzato un bellissimo gol nell’1-1 allo stadio San Vito contro la Ternana. Nel ricordo di Catena, la squadra di Silipo prova a centrare la promozione, ma la sconfitta in casa con la Cremonese e il pareggio contro l’Ascoli pregiudicano l’aggancio alle prime quattro posizioni, i silani chiudono al settimo posto, Marulla sigla 8 reti e in estate viene richiesto da Lecce e Reggiana, neopromosse in serie A. Ma lui dice no, si sente troppo cosentino per lasciare squadra e città, ha messo lì le sue radici, meglio la serie B ma a Cosenza che la serie A altrove; una scelta di cuore che lungo la Sila nessuno dimenticherà mai, così come nell’estate successiva, quella del 1994 che vede il Cosenza a rischio iscrizione in serie B dopo il decimo posto della stagione 1993-94 coi 6 gol di un Marulla sottotono e chiamato a gran voce da quella serie A che non vedrà mai. Al centravanti calabrese, infatti, fanno una corte spietata diverse formazioni di bassa classifica in massima serie, ma lui resta vicino ad un Cosenza che sarà penalizzato di 9 punti riuscendo a conquistare una leggendaria salvezza, fatta di rabbia e personalità, con Marulla capitano in campo e fuori, autore di sole 4 reti, sacrificato a vantaggio del giovane Marco Negri che ne realizzerà 19 che varranno il traguardo di una permanenza in serie B quasi insperata per il gruppo allenato da Alberto Zaccheroni. Nella stagione successiva, Marulla ha già 33 anni, ha arretrato leggermente il suo baricentro d’azione ed agisce accanto ad un centravanti classico, come Negri nel 1994-95, stavolta è il turno del rampante Cristiano Lucarelli che assieme a Marulla giocherà una delle sue migliori stagioni della carriera con 15 gol all’attivo e la concretizzazione del lavoro sporco di un Marulla, bravo e maturo da riciclarsi come attaccante di manovra, come quello che prende le botte per avvantaggiare il compagno. Il Cosenza si classifica all’undicesimo posto, non è più la squadra in grado di avvicinare i primi posti come in passato, ma sa farsi valere ed è una veterana del campionato di serie B.

Alla vigilia del campionato 1996-97, i cosentini vogliono tentare di raggiungere qualcosa di più in classifica: la squadra è affidata al giovane allenatore Giovanni De Biasi e Marulla è il capitano e leader assoluto. L’annata parte male, De Biasi viene esonerato dopo 15 giornate e al suo posto arriva l’esperto Franco Scoglio, ma le cose non migliorano e i rossoblu restano impantanati nelle zone a rischio della graduatoria. Marulla accusa qualche guaio fisico di troppo e riesce a giocare solamente 22 partite di un campionato disgraziato che neanche il ritorno in panchina di De Biasi in primavera riesce a risollevare; Marulla torna in grande spolvero per il finale di stagione, segna una bellissima rete nel 3-1 al Palermo che ridà speranza ai clabresi, ma i suoi 4 gol non bastano: l’8 giugno del 1997 il Cosenza gioca a Padova una partita decisiva per scavalcare al quart’ultimo posto Salernitana e Castel Di Sangro. Al 92′, sugli sviluppi di un calcio di punizione sulla trequarti, Marulla incorna di testa l’1-0 per i rossoblu, un gol che può valere una salvezza, un gol che, come nel 1991, può essere il simbolo di un intero campionato; ma il destino stavolta gira le spalle a Marulla e al Cosenza, perchè al 94′ il Padova pareggia con un beffardo colpo di testa di Lantignotti e condanna i cosentini alla retrocessione aritmetica in serie C dopo nove campionati consecutivi in B. A fine partita Marulla rilascia una breve intervista, dice che questa partita è lo specchio di tutta la stagione, ha la voce rotta da un pianto che probabilmente andrà a sfogare da solo nello spogliatoio dello stadio Euganeo di Padova. Le immagini lo seguono mentre lentamente e con la testa bassa si avvia nel tunnel dell’impianto veneto: è l’ultima immagine di Luigi Marulla da calciatore del Cosenza, l’ultimo gol in maglia rossoblu del lupo fra i lupi.

Marulla lascia infatti Cosenza in quell’estate, troppo forte la delusione per la caduta in serie C, sente che il suo tempo in Sila è terminato, lascia spazio ai più giovani per un immediato ritorno in serie B che il Cosenza conquisterà prontamente nel vittorioso campionato di serie C1 1997-98. Marulla lascia i colori rossoblu diventando l’uomo simbolo della storia cosentina con 330 presenze e 91 reti, nessuno meglio di lui nel club calabrese. Chiude la carriera sempre in Calabria con due stagioni in serie C2 a Castrovillari dove realizzerà 23 reti in due anni (13 il primo e 10 il secondo), appendendo poi le scarpette al chiodo in una carriera che, Acireale, Avellino, Genoa e Castrovillari a parte, sarà stata interamente dedicata ad un Cosenza che lo eleggerà come mito prima e leggenda poi. In una delle sue ultime interviste, nel 2013, Luigi Marulla, che per breve tempo è stato anche allenatore del Cosenza caduto in serie D dopo un burrascoso fallimento economico, dirà: “Cosenza è stata ed è tutta la mia vita: qui ho scritto la mia storia da calciatore, qui ho conosciuto mia moglie e qui sono nati i miei figli. Spero che un giorno qualcuno riesca a battere i miei record con la maglia rossoblu perchè vorrebbe dire che la squadra silana è tornata a grandi livelli con un calciatore legato a questi colori così come lo sono stato io. Non ho rimpianti nella mia vita di calciatore, potevo giocare in serie A, ma ho giocato a Cosenza ed ho avuto tutto ciò che volevo”. Un ricordo struggente di un uomo vero, leale e di un guerriero in campo che ha legato il suo nome e la sua vita ad una città dura ed orgogliosa che fra i monti della Sila si è sempre stagliata come provincia anomala del sud, senza mare e con frequenti nevicate invernali, senza che tutto ciò abbia mai impedito ai cosentini di essere caldi ed appassionati, e di stringersi in quel triste 19 luglio 2015 attorno al loro simbolo. Oggi lo stadio San Vito di Cosenza porta il nome di Gigi Marulla.

di Marco Milan

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