Mafie di Puglia. Altamura e il mondo di mezzo inesplorato

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La Corte d’assise di Bari a metà maggio ha inflitto pene fra i 25 anni e i 12 mesi di reclusione ad 8 imputati nel processo sugli intrecci fra mafia e politica ad Altamura. Tre anni fa l’assoluzione di altri sei imputati nell’altro filone del processo. Alcune riflessioni

Altamura non è mafiosa! Ma ad Altamura, c’è la mafia! Lo dice da anni la Direzione Investigativa Antimafia nelle sue relazioni semestrali. Lo dicono gli inquirenti delle inchieste “Conte Ugolino”, “Murgia Libera”, “Carlo Magno” e “Gravina”. Lo scrive da anni la (scarna) stampa locale, quella più attenta. Lo urlava a gran voce il testimone di giustizia Francesco Dipalo che in alcuni procedimenti contro esponenti della cosidetta “mafia murgiana” era coinvolto quale vittima di estorsione e teste informato sui fatti.

Lo ribadiscono oggi anche i giudici. La Corte d’assise di Bari a metà maggio ha infatti inflitto pene fra i 25 anni e i 12 mesi di reclusione ad 8 imputati nel processo sugli intrecci fra mafia e politica ad Altamura. Di questo processo abbiamo lungamente scritto nel 2013. Un primo filone del procedimento – quello per cui alcuni imputati avevano scelto il rito abbreviato – si era chiuso con l’assoluzione dei chiamati in giudizio (leggi: Puglia, mafia murgiana. Sei assoluzioni al processo con rito abbreviato). Il secondo filone riguardava altri 9 imputati accusati e oggi condannati, a vario titolo, per reati di associazione mafiosa, estorsione, omicidio, usura, detenzione e porto di armi, favoreggiamento personale, simulazione di reato e frode.

Nel dettaglio: i giudici hanno condannato a 15 anni di carcere Mario D’Ambrosio ritenuto a capo del gruppo mafioso, insieme al pregiudicato Giuseppe Antonio Colonna, cui sono stati inferti 14 anni di reclusione. Mario D’Ambrosio avrebbe sostituito al vertice del clan il fratello Bartolo, ammazzato nel 2010 (vedi: Ucciso il boss D’Ambrosio). Il defunto boss e Giuseppe Bruno secondo i giudici sarebbero responsabili della scomparsa “alla lupara bianca” nel 2006 del giovane Biagio Genco. Bruno, per questo reato, è stato condannato proprio al termine di questo dibattimento a 25 anni di carcere. Condanna ad 8 anni per l’imprenditore Mario Clemente ritenuto vicino al boss Bartolo D’Ambrosio e condanna a 7 anni per altri due del sodalizio criminale: Vincenzo Scalera e Vincenzo Crapuzzi.

I giudici hanno inoltre condannato gli imputati al risarcimento dei danni nei confronti della Città Metropolitana di Bari (ex Provincia di Bari), costituitasi parte civile nel procedimento. All’inizio del processo nè il Comune di Altamura, nè la Regione Puglia s’erano costituiti come parte civile.

Scrivevamo già nel 2013 che un giudizio più composito sulla vicenda avremmo potuto articolarlo solo al termine anche del secondo filone del processo sulla “mafia murgiana”. E così proviamo a fare oggi rivolgendo, prima di tutto, un pensiero affettuoso e un grazie a Francesco Dipalo che con la sua coraggiosa testimonianza, in sede giudiziaria e non solo, ha fatto emergere determinate vicende. Francesco e i suoi cari, vittime di estrosione, minacce e intimidazioni verbali e fisiche da parte del clan D’Ambrosio, costretti a lasciare Altamura e a vivere in località protetta, hanno strappato il velo di omertà sulla presenza di un sodalizio criminale con tutte le caratteristiche tipiche delle consorterie mafiose sul terriotorio altamurano. Francesco grida da anni che ad Altamura c’è la mafia e pochi l’hanno ascoltato; anzi in molti l’hanno dileggiato, offeso, provato a screditare.

Ma che in Puglia ci sia la mafia, che nei comuni dell’entroterra barese si siano formati clan autoctoni – e in cerca di espansione e alleanze con le mafie tradizionali – dediti al racket, allo smercio di droga, alla violenza e al controllo del territorio con la compiacenza o la vigliacca omertà della politica non è certo un segreto.

La DIA mappa quasi da un decennio la presenza di due famiglie mafiose ad Altamura: i D’Ambrosio e i Loiudice, intente a contendersi il territorio murgiano. La relazione della DIA del primo semestre 2015 riconferma come dopo l’omicido di Bartolo D’Ambrosio nel 2010, si sia aperta una lunga e ancora non risolta “lotta di successione” per il controllo delle attività illecite. E in questo “vuoto di potere” sempre la DIA afferma che sul territorio altamurano si sta allungando l’ombra del potente clan barese dei Di Cosola (fonte: DIA, Relazione – Primo semestre 2015, p. 135).

E la politica in tutto questo che dice? Il filone del processo svoltosi con rito abbreviato nel 2013 vedeva coinvolti politici, imprenditori e forze dell’ordine altamurani, ma questi ultimi sono risultati tutti assolti. Eppure a qualcuno si riferiva la compagna del boss Bartolo D’Amborsio, Valeriya Hiblova, collaboratrice di giustizia dopo l’omicidio del marito, quando già nel 2012 raccontava nelle deposizioni alla DDA di Bari come “a Bartolo si rivolgevano anche Carabinieri, Finanzieri e politici. Dovrei elencare una comunità intera” e che “Lui [Bartolo D’Ambrosio] non ha mai fatto salire i delinquenti a casa anzi chi è venuto sono sempre imprenditori” (leggi: Omicidio Dambrosio «Da mio marito politici  e forze di polizia»). E che il boss con i politici “quando c’erano le elezioni” si impegnava “a coinvolgere maggiori persone per dare il voto”. Certamente non si riferiva agli assolti del 2013: lo dicono le sentenze!

Sempre la Hiblova diceva: “Bartolo conosceva il mondo dei buoni e il mondo dei cattivi”. Sembra di rileggere le intercettazioni di Mafia Capitale: “Ci sono i vivi sopra e i morti sotto e noi in mezzo. C’è un mondo in cui tutti si incontrano, il mondo di mezzo è quello dove è anche possibile che io mi trovi a cena con un politico…”.

Ad Altamura e in tutta la Puglia – da Foggia ad Andria, passando per Bari e giù fino al Salento – il mondo di mezzo è ancora qualcosa di indefinito. La zona grigia del rapporto fra mafie, politica e imprenditoria è ancora inesplorata. Questa storia dei processi alla mafia murgiana ci lascia la sensazione amara dell’incompiutezza: anni e anni di condanne è vero! Ma ad Altamura e nei principali centri urbani dell’entroterra pugliese e della costa continuano a far saltare in aria le sale gioco (leggi: Altamura, esplosione in sala giochi), a smerciare la droga nei centri storici, a smaltire illecitamente i rifiuti (e l’incidenza tumorale cresce di anno in anno), ad intimidire con il pizzo i commercianti (leggi: Società foggiana: in Puglia la mafia più cruenta). A cercare la politica e il voto di scambio! Quale politica? Ancora non è dato saperlo. O meglio: se cerchiamo la politica collusa e connivente nelle sentenze dei processi, non riusciremo a trovarla.

Proviamo almeno a cercarla e riconoscerla nelle nostre coscienze al momento del voto.

PS: ad Altamura a gennaio 2016 come consulente (gratuito) del Sindaco Giacinto Forte – ex IDV, ora sostenuto da Civiche e parte del centro destra – sembra sia arrivato Antonio Di Pietro (leggi: Di Pietro, consulente. Il sindaco gli dà un posto nello staff). L’ex Pm di “mani pulite” riuscirà a dare il suo contributo alla nuova Giunta cittadina nel diradare le brutte ombre recenti? Staremo a vedere. Torneremo ad approfondire.

(di Vincenzo Arena)

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