Papa Francesco porta il Giubileo in Africa

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“Gli ultimi saranno i primi”: queste le parole del Vangelo che Papa Francesco cerca di fare sue. Parole che attraverso le opere  diventano i capisaldi del suo pontificato. Bergoglio, sfidando i timori di attacchi e gli allarmi lanciati dai servizi segreti francesi, ha scelto di non rinunciare al viaggio in Africa che si è svolto dal 25 novembre fino a oggi. L’undicesimo viaggio internazionale, certamente uno dei più difficili. Nel cuore di un continente dove i cristiani sono perseguitati, dove i conflitti sono in corso, dove il commercio di armi è fiorente.

Le tappe toccate da Papa Bergoglio: il  Kenya, l’Uganda e Repubblica Centrafricana. E’ qui che Francesco si ferma, lui che da suo account twitter con coraggio afferma: “Vengo nella Repubblica Centrafricana come pellegrino di pace, e mi presento come apostolo di speranza”. Proprio qui  ha aperto la prima Porta Santa in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia.

Un gesto considerato storico per la sua unicità, l’apertura della Porta Santa, che simbolicamente indica ai fedeli la via privilegiata verso la salvezza. Per la prima volta non avviene nella maestosa Piazza San Pietro a Roma, nel centro della cristianità, ma in uno dei paesi più poveri dell’Africa, nella “periferia del mondo”. Un momento che sa di concretezza. La concretezza che Francesco vuole imprimere in questo momento storico. Poiché il decantato rinnovo dell’umanità grida il bisogno di una chiesa capace di offrire segni concreti della presenza di Dio. Una chiesa che vuole farsi segno e strumento di misericordia, attraverso piccoli segni, non dimenticando gli ultimi.  E non a caso il Papa sceglie le cosiddette banlieus –di cui tanto si è tornato a parlare in seguito agli attacchi terroristici di Parigi- le periferie del mondo dilaniate da povertà e miseria, luoghi dimenticati da tutti e serbatoi per la criminalità. Lì il Papa ha scelto di fermarsi e incontrare autorità, classi dirigenti e corpi diplomatici cercando di lasciare in maniera indelebile nei cuori di tutti il suo messaggio di pace e di riconciliazione.

Con un linguaggio sorprendentemente semplice, Papa Francesco cerca di compiere un’impresa quasi impossibile: cambiare la “logica degli uomini” fatta di interessi e resistenze.

Dal quartiere povero di Kangemi alle baraccopoli: migliaia di persone che vivono nelle situazioni più disagiate hanno esultato, danzato, cantato per l’arrivo del Santo Padre. E il suo messaggio arriva deciso. Parla senza mezzi termini della corruzione che è sotto gli occhi di tutti, specie a Nairobi dove la speculazione edilizia folle stringe in una morsa di cemento armato la capitale del Kenya. Qui, infatti, si sgomberano decine di migliaia di persone che vivono nelle baracche per costruire grattacieli che restano vuoti per mesi, anni, con prezzi di affitto proibitivi anche per i delegati delle Nazioni Unite, figurarsi per gli operai del posto.

Dopo la visita in Kenya, nelle baraccopoli dell’Uganda, e nei campi profughi, un’altra realtà si fa chiara agli occhi del mondo intero. Il dramma che vivono i 4,6 milioni di centrafricani, di cui 2,3 milioni sono bambini: circa 440 mila sfollati all’interno del paese e altri 450 mila rifugiati nei paesi confinanti. Presto arriva anche qui il “fervido auspicio che le diverse consultazioni nazionali che si terranno tra poche settimane possano consentire al Centrafrica di intraprendere serenamente una nuova fase della sua storia. E ha “elogiato gli sforzi” delle autorità nazionali, internazionali e della presidente di transizione per guidare questa fase.

Ma tutti i riflettori sono puntati sulla esigua cattedrale di Bangui per il momento tanto atteso: alle 17 di domenica 29 novembre è stata aperta la porta Santa a cui è seguita la celebrazione e una veglia di preghiera. “Bangui diviene la capitale spirituale del mondo”, ha detto Francesco. E nell’omelia ha lanciato un altro appello a chi usa ingiustamente le armi: “Deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace”.

E a Bangui, l’ultima tappa di questo viaggio, stamane si tiene l’incontro con la comunità musulmana nella Moschea centrale di Koudoukou.

(Anna Piscopo)

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