Amarcord: l’epopea della Cremonese di Luzzara

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Cremonese LuzzaraLa bellezza del calcio di provincia, un’intera piccola città che si stringe intorno alla squadra locale, le bandiere ai balconi, i pensionati che si ritrovano al bar della piazza a disquisire sul rigore non dato o sull’incompetenza dell’allenatore, il tutto davanti a un bicchiere di vino e a un mazzo di carte. E poi c’è la squadra in campo, pronta a battagliare col coltello fra i denti ogni domenica, soprattutto fra le mura amiche; la storia della Cremonese del presidente Domenico Luzzara è in pratica il riassunto di tutto ciò, una storia durata oltre trent’anni e che ha portato i grigiorossi al massimo del loro splendore.

Domenico Luzzara è cremonese doc, ma non è un appassionato di calcio, è nato il primo gennaio del 1922, fa l’imprenditore e verso la metà degli anni sessanta viene ogni giorno tallonato ed assillato dall’amatissimo figlio Attilio che invece il calcio lo ama, tifa per la Cremonese e spinge affinchè il padre diventi presidente della squadra che naviga in pessime acque in serie C con una società in crisi e lo spettro della retrocessione in serie D dietro l’angolo. Domenico Luzzara risponde al figlio tutte le volte: “Ma che cosa vado a fare il presidente della Cremonese, io che di calcio non capisco nulla?”. E tutte le volte il figlio ribatte: “Papà, tu mettici i soldi che poi ti spiego tutto io”. Alla fine la testardaggine del figliolo ha la meglio e Domenico Luzzara diventa proprietario di una Cremonese precipitata in serie D con la squadra in disarmo e la città disamorata; nei famosi bar ci si chiede: siamo caduti in quarta serie, il nuovo presidente non sa niente di pallone, ma dove vogliamo andare? E invece quel signore che di calcio non capisce niente, si mette sotto a studiare, a imparare regole del fuorigioco e moduli tattici, ma soprattutto si affida a collaboratori esperti che sappiano quali calciatori far acquistare, in quale momento e a quali cifre; la Cremonese torna in serie C e punta alla promozione in serie B, Luzzara è umile ma determinato, è anche un ragioniere: dalle casse della società non esce mai una lira in più di quante ne siano entrate. Tutto sembra filare per il meglio, quando nella primavera del 1970 Attilio Luzzara muore in un incidente stradale e lascia da solo il papà Domenico che, nonostante l’enorme dolore, dichiara alla città di Cremona: “Andrò avanti per Attilio perchè lui amava la Cremonese, ce l’aveva nel cuore e per me continuare a guidare questa società significa anche avere ancora mio figlio con me”. Una forza d’animo e un carattere fuori dal comune per un uomo all’apparenza dolce e docile, ed invece dotato di una tempra eccezionale. La Cremonese torna in serie B nel 1977 per retrocedere immediatamente, ma poi, nel 1981 arriva una nuova promozione che diventa storica per la società lombarda perchè è l’inizio del periodo più glorioso della squadra grigiorossa: in panchina c’è un allenatore emergente che è stato pure calciatore della Cremonese e che risponde al nome di Emiliano Mondonico; il baffuto tecnico pratica un calcio non spettacolare ma estremamente ordinato e la squadra si adatta benissimo a tali caratteristiche e nella stagione 1982-83 con Mondonico in panchina ed un giovane Gianluca Vialli in attacco, la formazione grigiorossa arriva a giocarsi la promozione in serie A fino all’ultima giornata ed oltre, giungendo agli spareggi di Roma assieme a Catania e Como, uscendo però sconfitta e rimandando la gioia di salire in massima serie; una gioia però riposta solamente per 365 giorni poichè un anno più tardi, nel giugno del 1984, la Cremonese torna in serie A dopo 54 anni e Domenico Luzzara, che simpaticamente continua a definirsi il presidente incompetente, viene portato in trionfo da squadra e città. Il campionato 1984-85 è disastroso come risultati perchè la Cremonese retrocede in pratica alla fine del girone d’andata, pur giocando un calcio divertente, lotta ogni domenica con cuore e determinazione, nella gara contro i futuri campioni d’Italia del Verona sbaglia un calcio di rigore prima di venir travolta dalla formazione di Osvaldo Bagnoli. Mondonico è rassegnato ma non dimesso, sa che più di quello la sua squadra non può fare. La Cremonese torna in serie A al termine del campionato 1988-89 sotto la guida di Bruno Mazzia e dopo un drammatico spareggio vinto contro la Reggina a Pescara e solamente dopo i calci di rigore. L’allenatore non viene però confermato e si accasa all’Udinese (altra neopromossa in A) e Luzzara chiama in panchina Tarcisio Burgnich per raggiungere la salvezza in massima serie; la società grigiorossa prova a rinforzare la squadra grazie all’acume del dirigente Erminio Favalli, acquista dalla Lazio il centravanti argentino Gustavo Abel Dezotti che non è accolto benissimo dalla piazza perchè a Roma ha realizzato appena 3 reti e che diventerà invece uno degli idoli del pubblico cremonese rimanendo per 5 anni in grigiorosso e segnando ben 54 gol: il primo anno ne mette a segno 13, la Cremonese batte in casa anche Lazio e Milan, ma il tutto non basta per salvarsi e la squadra torna in serie B con grande rammarico poichè, rispetto alla precedente esperienza, stavolta le speranze erano più alte. Ma a Cremona nessuno si abbatte, la società puntella la squadra e conferma Burgnich in panchina: la Cremonese passa l’intero campionato di serie B lottando per la promozione, poi ha un calo e Luzzara, seppur a malincuore, esonera l’ex difensore della nazionale e si affida all’esperto Gustavo Giagnoni che centra il traguardo e riporta la squadra in serie A dopo un solo anno. Giagnoni viene confermato, la squadra viene rinforzata (in teoria) dall’arrivo dell’uruguaiano Pereira (che a conti fatti sarà il classico bidone) e dell’attaccante sloveno Matjaž Florijančič che al contrario è un discreto talento che farà una discreta carriera in Italia. In formazione ci sono anche i gioielli Bonomi, Favalli e Marcolin che in estate passeranno tutti e tre alla Lazio per una cifra esorbitante, c’è un talento un po’ matto come Riccardo Maspero e c’è un personaggio fuori dal comune come il vecchio Alviero Chiorri, tecnica sopraffina abbinata a indolenza e pigrizia che lo porteranno a ritirarsi dal calcio e ad andare a vivere a Cuba sulla spiaggia; proprio Chiorri segna l’ultimo gol della stagione 1991-92 a Genova contro la Sampdoria (2-2) in un campionato che segna la retrocessione dei grigiorossi nonostante qualche prestazione strabiliante come le due contro le milanesi: successo a San Siro 2-0 contro i nerazzurri, pareggio allo Zini in rimonta contro i rossoneri di Capello, dominatori del torneo e imbattuti. C’è anche il pareggio di Bergamo col gol del portiere Michelangelo Rampulla al 92′ che fa il giro del mondo, c’è il leggendario litigio di Maspero durante la sfida vinta nel finale di stagione contro l’Ascoli e in cui la mezz’ala si alza dalla panchina per battibeccare con un tifoso che da dietro sta urlando alla squadra di vergognarsi e che Maspero apostrofa come cornuto, con tanto di eloquente gesto mimato con le mani; ma tutto ciò non basta a salvare una squadra che non gioca neanche male ma ha troppe lacune ed un tecnico, Giagnoni, che manca da troppi anni in serie A e non è esattamente aggiornato. Luzzara lo intuisce e cambia guida tecnica nell’estate del 1992 facendo la scelta più importante della sua presidenza: sceglie Luigi Simoni per il rilancio in serie B. Simoni è un allenatore di polso, ma anche un gran signore, una persona distinta e composta, mai una parola fuori posto, mai un’esagerazione; in passato ha ottenuto discreti risultati alla guida di Genoa, Lazio e Pisa, ma a Cremona spicca il volo che lo porterà a Milano, scelto da Massimo Moratti e ricordato ancora oggi da Ronaldo come il miglior tecnico mai avuto. La Cremonese torna in serie A al termine del campionato 1992-93 e senza troppi problemi, grazie alla guida del suo tecnico e ai gol di Andrea Tentoni, centravanti grezzo, sgraziato, poco tecnico ma tremendamente efficace; a Cremona scherzano sull’attaccante che gioca col numero 11 e dicono: “E’ tanto brutto e tanto bello allo stesso tempo”. Già, perchè Tentoni i gol li fa, spesso di testa, spesso in precarie condizioni di equilibrio, però li fa. In più, i grigiorossi di Simoni vincono il torneo Anglo-Italiano il 27 marzo del 1993 battendo per 3-1 gli inglesi del Derby County. La Cremonese, all’inizio della serie A 1993-94, ha un obiettivo concreto: rimanere in massima serie per almeno due anni di fila; Simoni è confermato, così come la maggior parte del gruppo che ha vinto la serie B. Già dalle prime giornate si capisce che la formazione lombarda è ben diversa dalle precedenti che sono immediatamente retrocesse, è compatta e gioca pure bene; in serie A c’è per la prima volta pure il Piacenza che della Cremonese è acerrimo rivale: il derby del Po d’andata a Piacenza finisce 1-1, segna De Vitis per gli emiliani, pareggia lo stopper Gualco per i grigiorossi, difensore roccioso e col vizio del gol, bandiera del club. Al ritorno, allo Zini di Cremona, va in scena una delle gare più eccitanti della storia cremonese: 4-0 con doppietta di Tentoni e reti di Dezotti (che a fine anno lascerà Cremona) e Florijančič. E’ una giornata storica per la Cremonese che viaggia a ritmi elevatissimi e chiude il campionato al decimo posto (miglior risultato di sempre col torneo riunito), mettendo in mostra calciatori di ottima levatura ed un gioco propositivo. I grigiorossi vincono all’Olimpico contro la Roma, mentre in casa del Milan campione d’Italia perdono 1-0 nel finale e dopo essere rimasti in inferiorità numerica per l’espulsione di Ferraroni. La Cremonese è una società solida, classica ma moderna, Luzzara non vuole sentir parlare di spese folli e di Coppa Uefa, dice che ciò che conta maggiormente è la quadratura dei conti, perchè troppe società di calcio fanno il passo più lungo della gamba e finiscono in rosso col fallimento e la ripartenza dai dilettanti; proprio in quegli anni, infatti, precipitano club blasonati come Taranto, Ternana, Triestina, Arezzo e Messina, mentre la Cremonese, attentissima alle entrate e alle uscite, continua a sfornare buoni giocatori che poi rivende al miglior offerente mantenendo il bilancio in perfetta parità. La stagione 1994-95 è meno esaltante della precedente, ma viene chiusa con un’altra salvezza, centrata senza neanche grossi affanni e con acuti degni di nota come i successi interni contro Milan e Lazio, o come la gagliarda prova in casa della Juventus di Lippi che vincerà il campionato e che batte i grigiorossi in dieci uomini il 19 marzo del 1995 solo ad un quarto d’ora dalla fine e grazie ad una rovesciata di Gianluca Vialli, proprio il grande ex, cremonese di nascita e di cuore. Il tredicesimo posto finale è comunque un risultato eccellente per la Cremonese e per Simoni che si sta imponendo come uno dei migliori tecnici italiani; nell’estate del 1995 la società lombarda non rivoluziona la squadra, ma si capisce subito che sarà una stagione sofferta: c’è meno entusiasmo e si ha la sensazione che anche Simoni (che ha già un accordo con Moratti per l’anno successivo) abbia dato tutto ciò che aveva e non possa più aggiungere nulla al meraviglioso cammino iniziato tre anni prima. Il campionato comincia male con 5 sconfitte nelle prime 6 giornate e la prima vittoria che arriva solamente all’undicesima giornata contro il Padova; due settimane più tardi, il 10 dicembre del 1995, i grigiorossi ottengono il successo più largo della loro storia in serie A battendo per 7-1 il Bari e mandando in rete pure i nuovi acquisti stranieri, il centrocampista jugoslavo Perovic e il centravanti australiano John Aloisi che piace tanto alle donne di Cremona per i suoi occhi di ghiaccio, un po’ meno al suo allenatore perchè di gol ne fa pochi. Tradisce le attese pure Tentoni che inizia a colpire legni a ripetizione innervosendosi ogni volta; è emblematica la sfida dell’ultima giornata di andata: il 14 gennaio 1996 allo Zini arriva il Milan che sta dominando il campionato, ma che a Cremona va storicamente sempre in difficoltà perdendo nel 1990 e nel 1995, e pareggiando nel 1992, vincendo solamente una delle ultime 4 sfide in casa dei grigiorossi. Anche questa volta, nonostante l’enorme divario tecnico, i rossoneri ne indovinano poche e lo 0-0 finale sorride molto più agli uomini di Capello che a quelli di Simoni, perchè a Petrachi viene annullato nel finale un gol sul filo del fuorigioco e perchè Tentoni spara addosso a Sebastiano Rossi la facile palla gol del possibile vantaggio grigiorosso; a fine partita l’attaccante quasi non ci crede e dice in conferenza stampa: “Niente, è un’annata questa, porca miseria….non ce ne va bene una”. Ha ragione, una settimana più tardi la Cremonese va tre volte in vantaggio contro la Juventus e per tre volte viene riacciuffata, l’ultima in pieno recupero da una zampata di Pietro Vierchowod; Simoni è sconsolato, fra Milan e Juve la Cremonese poteva uscire con 6 punti e ne ha presi 2, la salvezza è lontanissima. L’ultimo acuto della Cremonese in serie A è datato 31 marzo 1996, vittoria per 2-1 a Padova con doppietta di Matjaž Florijančič; la squadra grigiorossa retrocede in serie B e gioca l’ultima gara in massima serie il 12 maggio a San Siro contro il Milan neocampione d’Italia che si diverte e vince 7-1, per la Cremonese segna ancora Florijančič la rete del momentaneo pareggio, che ad oggi è l’ultima segnatura dei grigiorossi in serie A. Simoni lascia, va via pure Tentoni che si trasferisce proprio nell’odiata Piacenza; in panchina arriva Fausto Silipo che in serie B ha ben guidato Cosenza ed Acireale, ma le cose si mettono male fin da subito, è evidente a tutti che la Cremonese non potrà lottare per la promozione: la squadra lombarda perde all’esordio in casa del Chievo, poi batte il Genoa, ma cade subito a Castel di Sangro, quindi a seguito della sconfitta in casa del Brescia, Silipo viene esonerato e al suo posto arriva Nedo Sonetti, uno che di serie B se ne intende; ma la musica non cambia, anzi, nonostante l’esordio vincente a Torino (1-0), il tecnico toscano non prenderà mai in mano il gruppo che va alla deriva e rimedia sconfitte pesantissime come il 3-0 di Genova o i 4-0 subiti in Romagna prima dal Ravenna e poi dal Cesena. La Cremonese retrocede in serie C con 4 sconfitte nelle ultime 4 giornate di campionato, l’ultima delle quali in uno Zini vuoto per tre quarti e riempito solo dai festanti tifosi dell’Empoli che con la vittoria di Cremona salgono in serie A; ironia della sorte, la Cremonese passa in un anno dalla A alla C1 e saluta la B vedendo festeggiare la promozione di qualcun altro. Tornati immediatamente in B, i grigiorossi retrocedono ancora nel 1999 e in un solo anno finiscono addirittura in C2, battuti ai playout dal Lecco che mette in pratica fine alla gloriosa cavalcata di Domenico Luzzara che pian piano si defila e nel 2002 lascia la presidenza all’ex calciatore grigiorosso Luigi Gualco con la squadra che a fatica riesce a tornare in C1 nel 2004.

Domenico Luzzara muore il 29 aprile del 2006 a 87 anni, proprio mentre la Cremonese, tornata per una sola ma disastrosa stagione in serie B, arranca nei bassifondi della cadetteria retrocedendo malamente in un’annata pessima. Romanticamente è l’ultimo regalo della città e della società al vecchio presidente che scompare con l’amata squadra ancora in serie B. Oggi la Cremonese si barcamena nella serie C unificata, tentando (per il momento invano) di risalire in B e ripercorre un cammino obiettivamente complicato da ripetere, perchè imitare le gesta di un presidente come Luzzara appare impossibile, un presidente che si è appassionato al calcio solamente dopo averne acquistato una società, facendone negli anni un modello di onestà e portando Cremona agli onori della cronaca del calcio dei grandi.

di Marco Milan

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