Jeremy Corbyn, nuovo leader Labour anti-establishment

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CorbynLo scorso 12 settembre il candidato di sinistra Jeremy Corbyn ha vinto le primarie del partito laburista britannico.
Socialista, contrario all’austerity europea, sostenitore della nazionalizzazione di servizi pubblici, pacifista e pro-Palestina (“Il leader del Labour: un socialista anti-israeliano” ha titolato l’israeliano Haaretz), anti-monarchico, astemio e vegano, a favore del disarmo nucleare, vicino a Syriza e Podemos.
Definito il nuovo Tsipras, succede a Ed Miliband, il leader laburista dimessosi dopo il risultato disastroso che il Labour ha ottenuto alle elezioni politiche del 7 maggio e che hanno visto la riconferma del partito conservatore del premier Cameron.

Corbyn è l’uomo del momento. Membro della Camera dei Comuni dal 1983, ha vinto con il 59,5% dei consensi al primo turno di votazioni battendo i candidati del Labour tradizionale (quello di Tony Blair, per intenderci): Andy Burnham, Yvette Cooper e Liz Kendall. Secondo molti commentatori di oltre Manica, la vittoria di Corbyn sarebbe dovuta anche al fatto che, a queste elezioni e per la prima volta, potevano votare anche i non iscritti (come avvenuto in Italia con le primarie del Partito Democratico del 2014) e quindi a Corbyn sarebbero andati anche i voti dell’elettorato di opinione (non quindi solo un voto di appartenenza).
L’ex leader laburista e premier Tony Blair ha definito la vittoria di Corbyn il rosso, “una disfatta totale, forse l’annientamento del Partito”.
Corbyn ha scelto come suo vice Tom Watson, parlamentare, fidato interlocutore dei sindacati britannici, nemico di Rupert Murdoch e da anni impegnato contro i casi di pedofilia che vedono coinvolti ambienti vicini al parlamento di Sua Maestà.

L’elezione di Corbyn è talmente eccezionale che Antonio Polito sul Corriere ha scritto “È difficile immaginare qualcosa di paragonabile nella pur variopinta sinistra italiana (anche se adesso diventeranno tutti corbyani). È come se Gino Strada fosse stato eletto leader del Pd”.

Si tratta dell’ennesima conseguenza politica della crisi economica, finanziaria e del debito pubblico. Syriza in Grecia, Podemos in Spagna, il Movimento 5 stelle in Italia, l’ascesa di Bernie Sanders negli Stati Uniti e adesso Jeremy Corbyn nel Regno Unito. Tutte forze che stanno minando – grazie anche a forti dosi di populismo e demagogia – la solidità della tradizionale sinistra socialdemocratica europea.

L’economista Anthony Hilton ha sintetizzato: “Le persone non votarono Margaret Thatcher nel 1979 perché si erano improvvisamente convinte dei meriti del mercato, delle politiche monetarie e di quelle liberiste. La votarono perché erano stufe degli scioperi e di essere ostaggio dei leader sindacali. Allo stesso modo le persone non hanno votato Jeremy Corbyn come nuovo leader del Labour perché si sono riscoperte da un momento all’altro socialiste [o comuniste. In Gran Bretagna sono sinonimi, ndr]. Lo hanno votato perché sono stufe dell’austerity e del comportamento dei banchieri e dei grandi dirigenti di impresa che danno l’impressione che l’intero sistema economico esista solo per il loro beneficio”.

Ma qual’è il programma politico di Corbyn? L’attuale politica di austerità del Regno Unito è fortemente contrastata da Corbyn le cui proposte prevedono in primo luogo, la creazione di una banca d’investimento nazionale (una specie di BEI, la Banca Europea per gli Investimenti che fornisce finanziamenti per progetti che contribuiscono a realizzare gli obiettivi dell’Unione europea). Quali i vantaggi di una banca? Lo stato svolgerebbe una funzione di investimento ma delegando e non compromettendo la salute dei conti pubblici.
In secondo luogo, quella che i media hanno ribattezzato “Corbynomics”, prevede il cosiddetto “quantitative easing del popolo” (people’s QE”) cioè un programma di investimenti infrastrutturali che il governo finanzierebbe prendendo in prestito denaro dalla Banca d’Inghilterra. Attraverso il QE “tradizionale” la Banca d’Inghilterra compra obbligazioni dalle banche o dalle società, sperando che la liquidità extra così creata vada a stimolare la spesa privata. Spesso però, questo denaro viene dirottato verso il sistema bancario e finisce in attività speculative e non produttive. Diversamente, con il “people’s QE” la banca centrale compra le obbligazioni emesse dagli enti locali, in cambio di investimenti direttamente rivolti a scuole, case popolari (in UK c’è una forte crisi abitativa a causa degli affitti altissimi e dei mutui impossibili) e altri investimenti “pubblici” al fine di migliorare le condizioni economico-sociali delle fasce di popolazione meno agiate, finanziando progetti pubblici che diano lavoro e potere d’acquisto.
Inoltre, Corbyn propone la nazionalizzazione delle ferrovie e di altri servizi rivolti ai cittadini (poste, ferrovie ed energia elettrica) e una politica migratoria più solidale e “aperta”.

Le reazioni alla vittoria di Corbyn. Le sinistre europee trovano in Corbyn un nuovo punto di riferimento dopo la delusione per l’incapacità di Tsipras di tenere unito Syriza. E se Tony Blair si dice angustiato per la deriva troppo a sinistra del Partito, il premier conservatore David Cameron non ha dubbi che il partito laburista sia ora una minaccia per la sicurezza nazionale. Inoltre per il premier Tory “l’intenzione di aumentare le tasse sul lavoro e sui guadagni, aumentando anche il debito e facendo crescere il costo della vita stampando moneta farà molto male alla gente che lavora”.
Diversamente, in Italia c’è chi festeggia e spera. Stefano Fassina (ex PD) ha twittato “La sua [di Corbyn, ndr] opposizione all’austerità è la visione più condivisa fra gli economisti, persino appoggiata dai conservatori del Fondo monetario. E il suo obiettivo è di incoraggiare la crescita. Semmai, sono estremisti la politica e gli obiettivi del governo in carica. Hope from Uk”.
Ancora, Corradino Mineo (minaranza dem): “Io non mi aspetto che dall’estero arrivi la risposta ai problemi italiani. Però sono molto interessato a quello che accade in Gran Bretagna anche perché la crisi del blairismo ha anticipato la catastrofica crisi della socialdemocrazia in Europa”.
SEL continua a rimanere fedele a Syriza anche se perfino dal partito di Vendola sono arrivate dichiarazioni a margine delle primarie laburiste. La senatrice Loredana De Petris ha sottolineato un aspetto importante della vittoria di Corbyn ossia “l’emergere sempre più consistente di forze anti austerity che però non siano anti europeiste”.

Nonostante l’ondata di euforia dopo l’elezione del leader laburista e un aumento degli iscritti al Partito, la strada verso Downing Street è lunga e in salita per Corbyn. Secondo alcuni sondaggi, solo il 27% è favorevole a lui come primo ministro (e il 39%, tra i quali un quarto laburisti, prevede addirittura la sconfitta del leader Labour alle elezioni politiche del 2020), mentre il 44% sostiene Cameron.

(di Alessandra Esposito)

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