Amarcord: Jorge Caraballo, il calciatore diventato tassista

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Jorge Caraballodi Marco Milan

La riapertura delle frontiere in Italia all’inizio degli anni ottanta, si sa, ha portato nel bel paese (come se poi gli altri siano brutti) campioni assoluti quali Maradona, Platini, Falcao, Van Basten, Zico e chi più ne ha più ne metta, ma pure bufale colossali, non intese come mozzarelle (magari) bensì come calciatori di sconfinata pochezza tecnica, dall’emblema del bidone quale Luis Silvio Danuello a Luther Blisset, fino ad arrivare al genoano Perdomo (“Il mio cane giocherebbe meglio”, disse di lui Boskov). Fra questi, una parentesi particolare la merita Jorge Caraballo, centrocampista uruguaiano che per pochi mesi vestì la maglia del Pisa fra sberleffi e leggende.

Nel luglio del 1982 il Pisa è fresco di promozione in serie A ed il presidente Romeo Anconetani ha tutte le intenzioni di non retrocedere immediatamente, anzi, dichiara di voler lasciare la squadra fra i grandi per molte stagioni, anche se in quell’estate il patron pisano è impegnato in altre attività lavorative e delega il figlio Adolfo alla ricerca di talenti che rinforzino la formazione nerazzurra. Adolfo Anconetani ricopre una modesta carica da dirigente nel Pisa, è appassionato di calcio e tifoso della squadra, ma non ha il fiuto e la scaltrezza del padre negli affari pallonari; vola in Uruguay a caccia di promesse da portare in Italia, sbarca a Montevideo e prende il taxi per raggiungere l’albergo. Il rampollo della famiglia Anconetani si imbatte in un tassista molto loquace e tifoso di calcio, i due chiacchierano durante il tragitto, Adolfo spiega i motivi del suo viaggio e il tassista esclama: “C’è un ragazzo uruguaiano che fa al caso suo, si chiama Caraballo e gioca nel Danubio, lo vada a vedere e lo porti a casa, non se ne pentirà”. Adolfo Anconetani ci pensa su e alla fine decide di seguire il consiglio dello sconosciuto, tratta con la società sudamericana che quasi incredula piglia carta e penna e in pochi istanti ratifica una cessione più o meno miracolosa; Anconetani se ne torna a Pisa convinto di aver fatto un affare, non sapendo che Jorge Caraballo, classe 1959, 23 anni appena compiuti, non solo non ha la stoffa del grande calciatore,  ma è pure praticamente sconosciuto in patria. Intanto la notizia si sparge nella città della torre pendente, i tifosi acclamano la famiglia Anconetani e il nuovo arrivo con cori ed applausi, Caraballo si eccita più del dovuto ed inizia a spararle grosse: “Sarò il nuovo Schiaffino! Sono consapevole che in Italia fare molti gol è difficile, ma io sono sicuro di me stesso”. Meno certezze le ha l’allenatore del Pisa, Luis Vinicio, lui sì esperto di calcio e di calciatori, che già durante i primi allenamenti si rende conto che questo Caraballo di talento ne ha poco, di carattere pure e di voglia di allenarsi ancora meno. Il campionato del Pisa 1982-83 parte bene e finisce meglio (undicesimo posto, miglior risultato della storia pisana in serie A), quello di Caraballo parte male e finisce subito; Vinicio lo relega quasi sempre in panchina dopo aver capito di aver a che fare con un mezzo bidone, gli spezzoni di gare che gioca sono inconsistenti, il pubblico pisano inizia a fischiarlo, poi la butta sul ridere: “Caraballo gioca bene all’intervallo!”, iniziano ad urlare da curve e tribune dello stadio Arena Garibaldi, oppure: “Caraballo? Meglio perdelo che trovallo!”, canatano i tifosi in pieno dialetto toscano. In realtà c’è poco da ridere, Vinicio non è contento e spesso e volentieri si lamenta con Anconetani per un acquisto che definisce inutile e dannoso. Arriva l’inverno, su Pisa si abbatte una forte nevicata e i giocatori della squadra si divertono a tirarsi addosso palle di neve, tutti tranne Caraballo che appena ne becca una in testa si imbestialisce ed inizia ad inveire contro tutto e tutti; poi arriva la sfida di Coppa Italia contro il Bologna, l’emblema della breve e per nulla intensa avventura di Caraballo in Italia: il risultato è fermo sullo 0-0 quando l’arbitro assegna un calcio di rigore ai toscani. Chi lo tira? Vinicio sta per aprir bocca dalla panchina, ma Caraballo si fionda sul pallone, lo piazza sul dischetto e si accinge a prendere la rincorsa; il tecnico nerazzurro è contrariato ma non dice niente. “Che batta pure e che Dio ce la mandi buona”, pensa l’ex calciatore del Napoli. Caraballo sbuffa con grinta, arriva sulla palla e tira come peggio non potrebbe, ciabattando la conclusione che finisce in curva fra le urla del pubblico, diviso a metà fra chi si arrabbia ed insulta il calciatore e chi ride a crepapelle intonando i già citati cori di scherno. Ancora una volta uno dei pochi a non ridere è l’allenatore che qualche giorno più tardi getta definitivamente la spugna quando Caraballo senza motivo non si presenta agli allenamenti: “Andatemelo a prendere dovunque sia”, grida il tecnico furibondo ai suoi collaboratori che montano in macchina fino a casa del calciatore, ma non lo trovano, venendo però accolti da un nugolo di piccioni e conigli che Caraballo allevava in apposite gabbie. L’esperienza di Jorge Caraballo a Pisa termina in fretta con sole 7 presenze e nemmeno un minimo di gloria calcistica; tornato in Sudamerica, il centrocampista offensivo uruguaiano gioca prima in Ecuador e poi in Brasile e Cile dove combina comunque poco e niente, finendo, a quanto raccontano i ben informati seppur senza certezze, a fare prima il camionista e poi il tassista fra Montevideo ed il Venezuela. Il calciatore tassista, insomma, passato dal voler essere il nuovo Schiaffino al poter al massimo imitare le gesta di Robert De Niro in Taxi Driver; del resto bisogna pur accontentarsi nella vita.

Romeo Anconetani definì indicenti le prestazioni di Caraballo con la maglia del Pisa e chiese scusa ai tifosi anche a nome del figlio Adolfo che si accollò tutte le responsabilità dello scellerato acquisto che rimase peraltro il suo unico affare da dirigente della squadra toscana. Anconetani si riscattò con gli arrivi negli anni di Been, Larsen, Chamot e Simeone, ma soprattutto l’inconsistenza di Caraballo non pregiudicò l’ottimo campionato di quel Pisa che non arrivò lontano da un clamoroso piazzamento Uefa; forse è per questo che ancora oggi la storia di Jorge Caraballo è ricordata con ilarità nei bar di Pisa: “Caraballo joha bene all’intervallo…” e meno male.

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