Marò, qualcosa si muove ma l’arbitrato può richiedere anni

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maroSulla questione dei Fucilieri di Marina, dopo mesi di immobilismo, qualcosa sembra muoversi.

Lunedì scorso la Corte Suprema indiana ha prorogato fino a metà gennaio 2016, il periodo di permanenza in Italia di Massimiliano Latorre. Il Fuciliere di Marina si trova in Puglia per “motivi umanitari”, necessitando ulteriori cure dopo l’intervento al cuore a cui è stato sottoposto nel gennaio 2015. L’altro marò, Salvatore Girone, continua a risiedere presso la nostra ambasciata in India ma per lui l’Italia è già pronta ad attivare tutte le misure necessarie per consentirne il rientro in Patria.

Contestualmente, il pubblico ministero indiano ha dichiarato l’intenzione del proprio governo di accettare il procedimento di arbitrato internazionale presso la Corte permanente (Cpa) dell’Aja, attivato dall’Italia il 26 giugno scorso.

Le due novità ci forniscono lo spunto per alcuni chiarimenti giuridici relativi a una vicenda che tiene politica e diplomazia impegnate su più fronti.

La questione dei due militari italiani si trascina, con strappi e cuciture diplomatiche, da quando i due marò sono stati accusati dal governo di Nuova Delhi di aver sparato, quindi ucciso, durante un’operazione antipirateria in alto mare (era il 15 febbraio 2012), due pescatori scambiati per pirati. Da allora l’Italia ha condotto una serie di azioni diplomatiche, in ambito europeo e onusiano, tutte volte a sostenere le proprie ragioni circa la violazione da parte dell’India di due principi fondamentali del diritto internazionale: l’esclusività della giurisdizione dello Stato della bandiera (l’Italia, nella fattispecie) in alto mare e l’immunità degli organi dello Stato nell’esercizio delle loro funzioni dalla giurisdizione dello Stato straniero (l’India). Il primo principio si riferisce al luogo dell’incidente (il locus commissi delicti): l’alto mare. Secondo la Convenzione di Montego Bay (ratificata sia dall’Italia sia dall’India), in alto mare vige la libertà di navigazione e di transito per tutti gli Stati e le navi sono sottoposte esclusivamente – salvo rare eccezioni in questo caso non pertinenti – alla giurisdizione dello Stato della bandiera. Inoltre, sempre secondo la Convenzione del 1982, il foro competente all’esercizio della giurisdizione penale in caso di collisioni od altri incidenti nella navigazione marittima verificatisi in alto mare che implicano la responsabilità penale o disciplinare del comandante della nave o di qualunque altro membro dell’equipaggio, è quello delle autorità giurisdizionali o amministrative dello Stato di bandiera o dello Stato di cui tali persone hanno la cittadinanza. Il principio dell’immunità dalla giurisdizione (è bene ricordare che “immunità” non equivale a “impunità”) riconosce invece i due marò come organi dello Stato che godono pertanto dell’immunità funzionale – assoluta e permanente – dalla giurisdizione degli Stati stranieri per tutti gli atti commessi nell’esercizio delle loro funzioni.

La presenza dei fucilieri del Battaglione San Marco su una nave mercantile si è resa possibile con la Risoluzione 1816 adottata nel 2008 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti, con la quale si autorizzano gli Stati ad adottare misure per garantire la sicurezza delle rotte commerciali, dei marittimi e dei beni imbarcati sui mercantili nazionali commerciali nell’ambito del contrasto alla pirateria marittima.

L’attività di contrasto può avvenire con l’impiego di navi militari o con l’attività di difesa dei mercantili in transito in zone di mare a rischio di attacchi pirateschi attraverso l’impiego di militari armati. E i marò operavano sulla Enrica Lexie con la qualifica di Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria facenti parte dei Vessel Protection Detachment (VpD) ossia “Nuclei Militari di Protezione” (NMP) in grado di assicurare la protezione di navi mercantili nazionali, da atti di pirateria. Tale pratica è compatibile con la Convenzione di Montego Bay e in virtù di questa, lo status delle navi mercantili in navi da guerra non viene modificato. L’Unione Europea e la NATO hanno organizzato operazioni navali dedicate: l’Operazione Ocean Shield è il contributo della NATO agli sforzi internazionali volti a reprimere il fenomeno della pirateria al largo del Corno d’Africa. Così come l’operazione Atalanta operante nella medesima area sotto l’egida dell’Unione Europea.

La vicenda dei marò è complessa perché si tratta di una questione certamente politica ma soprattutto giuridica, legata a interpretazioni del diritto internazionale. Da parte italiana, c’è la volontà di impegnarsi per far valere le ragioni a fondamento della nostra posizione sulla giurisdizione e sull’immunità. Obiettivo è la conclusione positiva della vicenda che dura ormai da troppo tempo. Tuttavia, per completare la procedura di arbitrato internazionale possono occorrere anni anche perché la Cpa è permanente in termini di struttura ma di fatto, non è un tribunale precostituito ma un elenco di persone designate dagli Stati che hanno ratificato la Convenzione da cui gli stessi, se parti di una controversia, possono attingere per scegliere gli arbitri investiti della questione. Inoltre, secondo voci giornalistiche, sembra che l’India voglia contestare in sede internazionale, il ricorso all’arbitrato annunciato dall’Italia, accusando il nostro Paese di abuso del processo legale” cioè di aver fatto ricorso a un tribunale internazionale prima che si sia concluso il procedimento legale in corso in Corte suprema. Si tratta dell’obbligo del previo esaurimento dei ricorsi interni previsto dall’articolo 295 della Unclos. Ma probabilmente si tratta solo di schermaglie legali, non nuove nella vicenda dei fucilieri. Non resta che attendere l’udienza del 26 agosto, nella quale la Corte indiana ha rinviato la decisione relativa alla richiesta italiana di sospendere il procedimento giudiziario interno per tutta la durata del procedimento arbitrale.

(di Alessandra Esposito)

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