Amarcord: gli anni ruggenti dell’Atletico Catania e il derby dell’Etna
Il derby di Catania? L’Atletico? All’improvviso uno sconosciuto, amava dire la Gialappa’s Band negli anni d’oro di Mai Dire Gol, va ripetuto quando si parla della storia dell’Atletico Catania, squadra siciliana dell’omonima provincia, nata trent’anni fa e la cui parabola è stata tanto rapida quanto breve, all’ombra del più celebre Catania Calcio, eppure in grado di ritagliarsi il suo spazio.
L’Atletico Catania nasce nel 1986 e per volere del presidente Salvatore Tabita che decide di cambiare nome alla minuscola squadra del Mascalucia, formazione dell’entroterra catanese che disputava anonimi campionati di serie D (all’epoca denominata Interregionale). A Catania, allora come oggi, c’è il Calcio Catania che ha da poco abbandonato la serie A e sta per affrontare il periodo più buio della sua storia. L’Atletico Catania vince subito il campionato e si ritrova in C2, prima di diventare Atletico Leonzio per qualche anno, acquisendo il titolo sportivo della squadra della cittadina di Lentini, centro in provincia di Siracusa; ma il sodalizio dura solo qualche anno, perchè nel 1993 il Catania viene radiato dai campionati professionistici ed è costretto ad una dura e faticosa ripartenza dai dilettanti, mentre l’Atletico, guidato dal nuovo proprietario Franco Proto, si ritrova in un anno in C1 dopo lo scambio di stemmi e titoli sportivi, proprio per intuizione del suo presidente che ritiene, assieme alle istituzioni politico-sportive della città, un bene avere almeno una squadra rappresentante di Catania in terza serie. Ecco che così il campionato 1994-95 di serie C1 vede ai nastri di partenza l’Atletico Catania che gioca le partite casalinghe allo stadio Cibali e si trascina dietro uno sparuto ma combattivo seguito di pubblico, non quello dello storico Catania Calcio che resta vicino ai rossoazzurri nonostante le infime categorie in cui sono precipitati i vecchi beniamini della città. L’Atletico Catania ha i colori rossoblu, simili al Catania ma non uguali (la maglia, ad esempio, è blu con bordi rossi e non a strisce, quella da trsferta è gialla) e non vuole confondersi o essere confusa coi cugini, anzi, vuole risplendere di luce propria, magari un lumicino ma che sia proprio. Inizia così la prorompente ascesa dell’Atletico Catania che si afferma come una delle realtà più solide della serie C1 rimanendovi per sette anni consecutivi, i più brillanti dei quali sono il campionato 1996-97 e quello successivo; un anno dopo il primo storico derby col Catania, giocatosi in Coppa Italia al primo turno e nel quale l’Atletico prevale pesantemente (3-0 e 1-1) facendo valere la categoria superiore; una goduria immensa per il piccolo popolo rossoblu rispetto alla storia della città che ha disputato tanta serie A e tanta serie B, nel maggio del 1997, l’Atletico Catania chiude il campionato di C1 al quarto posto ed è ammesso ai playoff per la serie B. La doppia semifinale contro il Savoia è sfortunata ed i siciliani perdono l’opportunità di scrivere la storia. Identico copione dodici mesi più tardi quando l’Atletico arriva quinto e disputa ancora i playoff: in semifinale c’è la Ternana, la grande favorita del campionato che ha perso la promozione diretta in B per un soffio a beneficio del Cosenza e che prevale nel doppio confronto coi siciliani che ancora una volta abbandonano la possibilità di salire di categoria. Sembra però ormai matura la promozione per l’Atletico, solido come società, come squadra e come pubblico, un pubblico di nicchia, i classici pochi ma buoni. Invece la storia dell’Atletico Catania finisce in quel momento, schiacciata dal blasone del Catania che nel frattempo è tornato in C1 prepotentemente, e a cavallo fra la fine degli anni novanta e l’inizio dei duemila rivuole (e riconquista) l’assoluta leadership della città, molto più di una semplice rivalità campanilistica; tanto per cominciare, i rossazzurri obbligano l’Atletico a non utilizzare più i colori della città e le maglie da rossoblu diventano gialle bordate di grigio, oltre allo stemma societario che perde l’elefantino (simbolo della città) e viene sostituito da un cane. L’Atletico Catania perde seguito in città, tanto come tifo che come finanziamenti, il presidente Proto al termine del campionato 1999-2000, conclusosi con una soffertissima salvezza ai playout a scapito della Juve Stabia, dichiara: “A Catania ormai gli organi cittadini pensano solamente al Calcio Catania, dell’Atletico non importa più nulla a nessuno; ci hanno usati come rattoppo quando il Catania era fra i dilettanti dove, ahimè, siamo destinati a tornare noi ben presto perchè siamo rimasti soli”. Una predizione agghiacciante che però si concretizza poco più di un anno dopo quando l’Atletico, diciassettesimo in campionato come dodici mesi prima, disputa i playout contro la Lodigiani, li perde e retrocede in serie C2 dove però non giocherà mai perchè in estate la società rinuncia all’iscrizione per mancanza di risorse e riparte dall’Eccellenza.
Di lì una discesa molto rapida per gli ormai giallogrigi che finiscono prima in Promozione (stagione 2002-2003), poi dopo soli due anni anche in Terza Categoria a seguito di un nuovo dissesto finanziario. Oggi l’Atletico, tornato anche ad indossare i colori rossoblu nell’indifferenza generale della città di Catania, sta faticosamente provando a risalire disputando il campionato di Promozione e dopo una serie di crisi economiche che sono state superate grazie anche all’amore dei pochi tifosi rimasti accanto alla squadra nonostante nel frattempo il Catania giocasse ben otto tornei di serie A consecutivi, che hanno raccolto fondi e preso in mano le redini societarie evitando così la radiazione dai ranghi federali prima dell’insediamento di una nuova proprietà. L’Atletico vive ad oggi all’ombra del Catania, anche se il ricordo di quei campionati di serie C vissuti da protagonisti brillano ancora nei ricordi degli appassionati.
di Marco Milan