#dilloinitaliano, spopola sul web: “Usiamo la nostra lingua”

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dilloinitalianoSono ormai quasi 70.000 le firme raggiunte per la petizione lanciata dalla pubblicitaria Annamaria Testa,  #dilloinitaliano. Lo fa sapere Claudio Marazzini, Presidente dell’Accademia della Crusca, che una decina di giorni fa ha accettato il compito di farsi portavoce e testimone di questa richiesta collettiva e amplissima “di privilegiare, ove possibile, l’impiego di termini italiani nelle leggi, negli articoli dei giornali, nella comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni e delle imprese”.

Lanciata su Chang.org, #dilloinitaliano è una petizione in favore di un uso più accorto della lingua italiana da parte di chi ha ruoli e responsabilità pubbliche che, in otto semplici punti, ricorda come   la lingua italiana sia un bene comune, che ci appartiene esattamente come il dovere di averne cura e proteggerne il grande valore. Non una battaglia di retroguardia, né una guerra agli anglicismi, bensì un’azione a favore di un reale bilinguismo: un invito a parlare un po’ di più in italiano per sostenere e tutelare il patrimonio di cultura, di storia, di bellezza, di idee e di parole che, nella nostra lingua, c’è già. Una petizione che “ha raccolto consensi ampi e importanti”, scrive il Presidente della Crusca, ringraziando Annamaria Testa per averla lanciata e per aver promosso un’iniziativa concreta “che può aprire una nuova prospettiva di partecipazione”. “Non vogliamo fare la guerra all’inglese – ha spiegato il Presidente – “vogliamo rammentare ai parlanti italiani che in molti casi esistono parole italiane utilizzabili, comode e trasparenti. Vogliamo provare a proporle a tutti come possibile alternativa, per promuovere la grande ricchezza lessicale ed espressiva della nostra lingua.”

Non ha bisogno di presentazioni, l’italiano. È la quarta lingua più studiata al mondo, la sesta tra le più parlate: cucina, musica, design, moda, cultura, storia e atmosfera del Bel Paese portano con sé parole italiane ovunque nel mondo. Estremamente affascinante, l’italiano è un “gioco vocale” a cui qualche mese fa la CNN, in un contest lanciato su facebook, ha riconosciuto il titolo di lingua più sexy del mondo. Un trionfo di ammirazione, gloria, beltà, direbbero i letterati. E allora?! Perché siamo proprio noi a dimenticarcene così facilmente? Sicuramente le lingue evolvono, vivendo anche di scambi con altre lingue. L’inglese stesso comprende molte più parole di origine italiana di quanto si possa immaginare: l’inflazionato manager viene dall’italiano maneggiare, i noti discount da scontare. Senza scordarsi di tutte quelle parole riprese così come sono: da studio a mortadella, da soprano a manifesto. Insomma, se l’inglese “ruba” parole, perché l’italiano non dovrebbe fare lo stesso? Computer, tram, moquette, festival o kitsch non hanno corrispondenti altrettanto semplici, efficaci e diffusi. Pertanto, se è certamente inutile privarsi di queste espressioni per un malinteso desiderio di “purezza della lingua”, è ugualmente importante non rinunciare ad usare quelle ancora valide ed adeguate. Magari evitando tutti quei termini, spesso oscuri, prevalentemente inglesi, che tutti i giorni ricorrono inutilmente ed inesorabilmente nel discorso politico, nelle comunicazioni ufficiali della PA, nei servizi giornalistici o nelle grandi manifestazioni mediatiche, ma che hanno corrispettivi italiani di tutto rispetto.

Perché non dire modulo invece di form o assistenza clienti invece di customer care? O ancora, perché inondare il Festival della Canzone Italiana di un profluvio di outfit,  longdress, claim, primetime, flop & share?

Sposando la causa #dilloinitaliano, sarà proprio l’Accademia della Crusca a ricordare alcune delle ragioni per cui scegliere i termini italiani. L’Istituto Nazionale per la salvaguardia e lo studio della lingua italiana, infatti, si è già attivato per trovare i modi più opportuni per sollecitare Governo, Pubbliche Amministrazioni, media e imprese a un più consapevole uso della lingua italiana. In questa direzione, per aiutare tutti a orientarsi tra vecchie e nuove parole straniere, entrando nel nostro lessico per capire quali sono i significati, gli usi, le alternative valide e possibili, ha già messo in cantiere l’idea di realizzare un sito Internet di facile accesso e consultazione. Un sito in cui potranno trovare spazio segnalazioni, suggerimenti, commenti e contributi degli utenti, proprio per ribadire e testimoniare l’intento partecipativo che è alla base di #dilloinitaliano. “È il sostegno di tutti a dare visibilità, importanza, forza ed energia a questa istanza” ha sottolineato ancora  Marazzini, lasciando intendere che questo è solo l’inizio di tante altre azioni che saranno mosse per mantenere viva l’attenzione su questo tema.

Nei limiti dell’educazione, del rispetto e della decenza, in fondo, chiunque è libero di usare tutte le parole che vuole, ma raggiungere la consapevolezza delle parole che usiamo parlando italiano, ancor di più per chi ha ruoli pubblici e responsabilità più grandi, è fondamentale anche per sensibilizzare all’uso corretto della lingua. Correttezza che da sempre è al centro dell’attenzione per la Crusca e su cui, ultimamente, ha cercato di trovare un rinnovato attivismo “digitale”, come è successo per la campagna promossa contro il “piuttosto che” disgiuntivo, uno degli errori grammaticali più comuni della quotidianità del Bel Paese.

(di Annalisa Spinelli)

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