Lotta alla Mafia, intervista a Giuseppe Falcomatà

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16314886714_99a51fae24_zCorruzione. Questa la parola che più di tutte ha risuonato mercoledì 25 marzo al convegno sul “Contrasto alle mafie nella dimensione nazionale, regionale e locale ” tenutosi presso la Nuova Aula del Palazzo dei Gruppi della Camera dei Deputati a Roma. Un segnale forte voluto dalla Commissione Parlamentare Antimafia, la quale per la prima volta invita a fare il punto sullo stato della lotta alla criminalità organizzata nelle diverse istituzioni territoriali. Un’esigenza dettata dall’evoluzione dei poteri mafiosi che sta mostrando una incisiva delocalizzazione degli interessi criminali e un’indubbia capacità di radicamento in tutte le regioni d’Italia. Consapevolezza alla quale, purtroppo, non è corrisposta la presenza dei rappresentanti di tutte le regioni italiane, seppur invitate al convegno. Di qui il bisogno sempre più vivo di istituire Commissioni Antimafia in ogni singola regione d’Italia.

La giornata di lavori, che si è svolta alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella,  ha avuto inizio con i saluti da parte di Laura Boldrini, Presidente della Camera dei deputati e di Piero Grasso, Presidente del Senato della Repubblica.

Tuttavia è da riconoscere che non sono particolarmente nuovi i temi affrontati durante la conferenza: infatti di necessità di un’azione sinergica tra forze parlamentari e istituzioni territoriali, di cura della legalità, di necessità di trasmettere modelli positivi alle giovani generazioni, si è tanto parlato in Italia, ma poco la politica è riuscita a fare. Ed è proprio alla politica che oggi si richiede un vero “sussulto etico”, come ha denunciato Piero Grasso.

La forza endemica delle mafie ha fatto sì che esse siano penetrate, ormai, nei tessuti sociali e istituzionali, superando l’immaginario secondo il quale esistono zone immuni nel quale viene insediato il germe mafioso. La rete di cui si avvale la forza delle mafie, aggravata dalla prolungata crisi economica mondiale, è la risultante palese che esiste un coacervo di interessi e affari tra essa e una certa pars politica, in tutti i suoi livelli.

“A questo punto la politica deve fare una scelta chiara contro la politica criminale, contro il riciclaggio, contro il capitale sommerso, l’evasione fiscale”, ha dichiarato ancora Grasso.

Ma come sappiamo, l’animo umano per sua natura tende a lasciare il posto alla convenienza, alla collusione, al favoritismo e alla fusione di interessi diversi; quelli che chiamiamo “crimini dei colletti bianchi”. A tal proposito qualche giorno fa è stata approvata una legge sulla corruzione, principale strumento delle mafie transnazionali per garantire i propri affari e influenzare interi governi.

Dunque, sorge spontanea una domanda. Ma da quale classe politica siamo stati governati?  Uno Stato che è ben consapevole della diffusione del germe mafioso e che tarda nella stesura e approvazione di leggi chiare ed efficaci, è uno Stato allo sbando. Altro che trasformazione culturale!

La Boldrini fa appunto riferimento alle parole di Don Pino Puglisi, “la mafia si combatte dai banchi di scuola”. Prosegue la Presidente della Camera: “scuola, stampa, tv e internet devono proporre modelli positivi. Bisogna trasmettere la memoria del sacrificio di chi ha pagato, anche con la vita, il prezzo della lotta alle mafie. Questo il significato della giornata della memoria delle vittime innocenti della di mafia fissata al 21 marzo. Bisogna lottare la povertà, è da qui che passa la strada maestra per togliere le radici alle organizzazioni mafiose”.

Mentre Rosy Bindi, Presidente della Commissione parlamentare Antimafia, ha relazionato su “L’azione dei pubblici poteri nel contrasto alle mafie: il ruolo della Commissione parlamentare d’inchiesta” . La Presidente auspica una diligenza amministrativa, composta da amministrazioni regionali e locali, coalizioni di destra e di sinistra, capace di compiere il proprio dovere. “Ci auguriamo che almeno in ogni regione e capoluogo venga istituita una Commissione permanente antimafia”, poiché continua Rosy Bindi: “ le mafie sanno sempre essere se stesse e sanno adeguarsi al mutare dei tempi e delle condizioni. E hanno compreso l’articolazione del potere nel nostro Paese e oggi i poteri locali sono diventati i loro interlocutori privilegiati . Bisogna fare sistema. Sono stati messi in crisi i vertici di Cosa Nostra, tuttavia manca una robusta strategia di prevenzione. Dobbiamo ammettere che c’è un salto di qualità dei poteri mafiosi, occupazione silenziosa e costante (vedi le inchieste su Mafia capitale, Expo e altre). Ma le forze della magistratura non bastano in uno scenario che vede l’omertà e il ricatto trasformarsi in complicità e convenienza. Va allargato l’orizzonte degli interventi. È compito della politica che deve tornare ad essere credibile e libera da condizionamenti.  C’è bisogno di un Codice politico per selezionare la classe dirigente, nonché norme più semplici e chiare”.

In seguito sono intervenuti Stefano Caldoro, Presidente della Regione Campania e Rosario Crocetta, Presidente della Regione Sicilia per l’azione dei governi regionali. Successivamente hanno relazionato Giuseppe Falcomatà, Sindaco di Reggio Calabria e Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano sul ruolo dei sindaci, da cui sono emerse diverse problematiche: dallo scioglimento dei Comuni per infiltrazione mafiosa alla necessità di un percorso legislativo da seguire per la gestione dei beni confiscati alla mafia, al tema degli appalti. Particolarmente sentita la richiesta di attenzione rivolta dal Sindaco di Reggio Calabria, il quale afferma che la regione Calabria è come “un malato in convalescenza”.

Sindaco Facolmatà, a chi è rivolta la vostra richiesta d’aiuto?

Noi chiediamo una maggiore presenza dello Stato nella quotidianità. Allo stato attuale la legge per lo scioglimento dei Comuni per mafia non prevede successivamente gli adeguati sostegni all’amministrazione che si insedia.

Quali sono le maggiori difficoltà amministrative?

Ci troviamo a fronteggiare un piano di riequilibrio che porta tasse e tributi locali ad essere molto alti; inoltre ci troviamo a dover gestire beni confiscati alla mafia i cui proventi vanno a confluire nel FUG (Fondo Unico Giustizia), dunque chiediamo di poter amministrare al meglio la nostra città. Lo Stato ci deve stare vicino con una lente di prevenzione e di repressione dei fenomeni di infiltrazione mafiosa nelle pubbliche amministrazioni. Se si vuole davvero ripristinare la legalità, soprattutto al Sud, abbiamo bisogno di sostegno continuo.

Che ne pensa dei sindaci e amministratori delle altre regioni meridionali (Puglia, Sardegna…) che non hanno partecipato al convegno?

In effetti questo dovrebbe far riflettere. Bisogna cogliere tutte le occasioni possibili per portare all’attenzione nazionale quelle che sono le situazioni degli enti locali. È un peccato perché hanno perso l’opportunità di poter parlare delle loro realtà e di ascoltare un convegno che soprattutto di questi tempi è fondamentale.

 

A riaprire i lavori nel pomeriggio, le parole di Don Luigi Ciotti, fondatore di LIBERA-Associazioni nomi e Numeri contro le mafie, che proprio lo scorso mercoledì ha festeggiato i suoi 20 anni di vita. “Così non va” ha commentato Ciotti, “le mamme dei ragazzi che vivono in contesti di mafia chiedono alla politica una terza via”. E, conclude il presidente di LIBERA: “le leggi non devono avere compromessi”.

Il convegno è proseguito con il confronto tra la Commissione parlamentare e le commissioni regionali antimafia. A coordinare i lavori della seconda parte della giornata sono stati Claudio Fava e Luigi Gaetti, Vicepresidenti della Commissione parlamentare Antimafia.

Si sono avvicendati Antonio Amato, Presidente della Commissione Ecomafie e beni confiscati del Consiglio regionale della Campania; Paolo Brutti, Presidente della Commissione Antimafia e Antidroga del Consiglio regionale dell’Umbria;  Angela Cortese, , Presidente della Commissione d’inchiesta Anticamorra del Consiglio regionale della Campania; Antonio Girelli, Presidente della Commissione speciale Antimafia del Consiglio regionale della Lombardia; e infine Nello Musumeci, Presidente della Commissione Antimafia dell’Assemblea regionale siciliana, il quale richiama al senso di responsabilità anche la società civile.

Afferma Musumeci: “serve un codice etico come base, come perimetro, la base non siamo noi a deciderla ma la società civile. Non dobbiamo dimenticare che il ceto politico è il risultato non è la causa. È il risultato di una società civile che quando va a votare spesso è connivente con il potere mafioso. Una società civile malata esprime quasi sempre una classe politica malata. Per questo il senso di responsabilità deve coinvolgere tutti”.

Per questo auguriamo che la politica recuperi presto il primato della sua bellezza e che, come le mafie, anche la politica sia in grado di effettuare il tanto citato “salto di qualità”, quello vero e duraturo.

(Anna Piscopo)

Fonte foto flickr Montecitorio

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