Facebook e Apple pagano il congelamento degli ovuli delle proprie impiegate
Donne in carriera, donne sempre di corsa a cui manca persino tempo di avere un figlio. Come fare? I colossi Facebook e Apple si offrono di pagare il congelamento degli ovuli delle proprie impiegate.
Donne lavoratrici, donne in carriera, degne del vero “multitasking”. Ma se agli impegni della frenetica vita quotidiana si aggiungesse il desiderio di avere un figlio? Le aziende Apple e Facebook hanno pensato per loro a un’insolita soluzione: pagare il congelamento degli ovuli. I due giganti della Silicon Valley si sono offerti, infatti, di pagare il procedimento alle proprie dipendenti nel caso in cui volessero un giorno diventare mamme. Strano sistema per sostenere le donne che desiderano avere una gravidanza!
“Avere una carriera e anche bambini è ancora una cosa difficile da fare”, afferma Brigitte Adams, sostenitrice del congelamento degli ovuli e creatrice del forum Eggsurance.
Tuttavia al momento non esiste alcuna garanzia che questo procedimento porterà alla nascita di un bambino: la Società americana di Medicina della Riproduzione non rivela statistiche sui bambini nati da ovuli congelati. Tempi lunghi e costi elevati. Si parla di dieci mila dollari per l’operazione e più di cinquecento dollari l’anno per la conservazione; problema a cui sperano di porre rimedio Facebook e Apple. Immediate le polemiche alle quali le due aziende hanno risposto confermando di voler sostenere le donne nella conciliazione tra lavoro e famiglia.
Inoltre, Apple ha sottolineato di aver migliorato le condizioni dei permessi per maternità e di coprire alcuni costi in caso di adozione, mentre Facebook riferisce che le sue dipendenti hanno diritto a quattro mesi di permesso maternità e un bonus di quattro mila dollari. Quest’ultima punta, infatti, ad “aumentare i benefici per le donne”, con “un’estensione della politica per il congedo maternità insieme alla crioconservazione degli ovociti come parte del nostro supporto ai trattamenti contro l’infertilità”.
Scelte opinabili, ma probabilmente ben accolte nella società delle lavoratrici americane.
(di Anna Piscopo)