Caso Budroni, assolto il poliziotto che sparò al muratore romano. La sorella: “ricorreremo in appello”

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di Valentina Verdini

E’ stato assolto  dall’accusa di omicidio colposo l’agente di polizia Michele Paone che l’alba del 30 luglio 2011 esplose due colpi di arma da fuoco uccidendo Bernardino Budroni al termine di un inseguimento sul Grande Raccordo Anulare. Secondo il giudice del tribunale di Roma, Roberto Polella, il fatto non costituisce reato dal momento che ha riconosciuto legittimo l’uso delle armi. Una sentenza che non soddisfa né la famiglia del muratore romano, né l’avvocato dell’accusa Fabio Anselmo e il pm Giorgio Orano, il quale aveva chiesto una condanna a 2 anni e 6 mesi per omicidio colposo.

I fatti- Tutto ha inizio la notte del 30 luglio 2011 quando Dino si presenta sotto casa della sua fidanzata in zona Cinecittà dando in escandescenza, tanto che viene segnalato al 113 per minacce e danneggiamenti e richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Comincia così l’inseguimento dell’auto guidata da Dino da parte della volante con a bordo l’agente Paone e di altri veicoli che si aggiungono in seguito, tra i quali la pattuglia dei carabinieri 454. Da qui vi sono una serie di incongruenze (leggi qui) che vedono la Ford Focus del Budroni “sfrecciare a 200 km/h” sul Gra, speronare l’auto delle volanti quando poi non vengono rilevate tracce evidenti di speronamento sugli abitacoli (se non quello sulla macchina di Budroni che lo fa adagiare contro il guardrail ed uno da “contatto sfuggente sulla volante della polizia). Ma l’elemento, forse il più importante della vicenda, è se i due colpi esplosi dalla pistola di Paone avvengono quando le auto sono in movimento o ferme. Secondo le perizie del Ris, gli spari avvengono in movimento ad una velocità tra i 50 e gli 80 km/h ma ciò è messo in dubbio dal ritrovamento dei bossoli di fronte la Ford Focus e dalla registrazione telefonica tra il brigadiere Pomes  e la centrale operativa. Il brigadiere, a bordo della volante 454 racconta di un tentativo di Budroni di speronare l’auto ma che i carabinieri riescono ugualmente a posizionarsi di fronte e far sbattere la Focus contro il guardrail. Quando entrambe le auto si stanno fermando, Pomes sente i due colpi, si volta verso Budroni il quale gli è quasi affianco e dopo aver alzato le mani si accascia. Inoltre, l’auto di Budroni viene ritrovata con il freno a mano tirato e la marcia inserita.

I dubbi- Eppure, nonostante la sentenza di assoluzione sono ancora tanti i dubbi: un testimone oculare presente che non è stato mai ascoltato in aula, il ritrovamento di uno scontrino fiscale che attesterebbe la presenza di Dino in un bar di Via Nomentana alle 4 e 15 del mattino e contrasterebbe con la ricostruzione temporale fatta dalle forze dell’ordine. E poi, la presenza di Michele Paone al lato dell’autista, quando in realtà lui avrebbe dovuto guidare la volante.

Le reazioni della famiglia- Assolvendo Michele Paone, il giudice Polella, lo stesso che ha condannato Budroni per furto e detenzione di armi illegali a due anni dalla sua morte, sembra aver accolto la ricostruzione fornita dalla difesa. Una sentenza inaspettata dalla famiglia Budroni e dalla sorella Claudia << perché dalle prove riportate in aula non potevamo prevedere questo giudizio>>. <<La cosa più fastidiosa è stata che durante questo processo si è voluto spostare l’attenzione sui problemi avuti da mio fratello con la legge, il rapporto con la fidanzata, accostandolo ad uno stalker– dichiara Claudia- in modo da destabilizzare il punto centrale della storia, la morte di Dino>>.

Il ricorso in appello- Quasi sicuramente si ricorrerà ad un grado successivo all’organismo monocratico. <<Andremo avanti ricorrendo in appello per Dino e per la mia famiglia perché so che la Procura è stata dalla parte della verità– afferma Claudia- Siamo appoggiati non soltanto dalle famiglie che hanno passato il nostro dramma, ma anche da tanti ragazzi, associazioni che sono sensibili a queste storie e che, come noi, cercano giustizia>> .

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