Brasile 2014: la scalata di Loew, da assistente a timoniere dei campioni del mondo

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di Marco Milan

E pensare che nel 2006 Joachim Loew era diventato quasi oggetto di scherno, quando era l’assistente di Jurgen Klinsmann, allora ct della Germania. Dicevano che si vestiva come Klinsmann, stessa camicia e stessi pantaloni, che copiava i suoi gesti, i suoi atteggiamenti e le sue mosse.

In realtà Loew stava semplicemente seminando ciò che ieri è riuscito a raccogliere, riportando la Germania sul tetto del mondo 24 anni dopo l’ultima volta, dal cielo di Roma a quello di Rio de Janeiro. Altro che copia di Klinsmann, altro che Stanlio e Ollio, l’ex vice è diventato il leader, il trascinatore fuori dal campo di una nazionale diventata in meno di dieci anni la compagine più completa del mondo. I tedeschi si erano fermati in semifinale sia in Sudafrica nel 2010 e sia agli Europei di due anni dopo, e non arrivavano in finale da Euro 2008, il giorno in cui la Spagna iniziò il suo irripetibile ciclo di vittorie. Belli e perdenti, eterni secondi. Ecco come venivano apostrofati i ragazzi di Loew, ma lui, impassibile e con la medesima espressione tanto nelle vittorie quanto nelle sconfitte, ripeteva con sicurezza che il progetto andava avanti e che arrivare continuamente in fondo ai tornei era il viatico migliore per creare quei presupposti che facessero tornare la Germania vincente. Loew ha coeso un gruppo talentuoso ma giovane e quindi poco esperto. I cicli di Bayern Monaco e Borussia Dortmund hanno aiutato a rinforzare l’autostima e la confidenza con la pressione delle gare da dentro o fuori, ma il lavoro di Loew è stato determinante. Il ct ha avuto il merito di adattare schemi e tattica alle caratteristiche dei giocatori, ha capito di avere per le mani un insieme di uomini fisici e granitici come da classico copione teutonico, ma allo stesso tempo anche dotati di immenso talento. Così ha trovato il metodo migliore per far coesistere la forza d’urto di Schweinsteiger e la tecnica cristallina di Ozil o di Gotze. Già, Mario Gotze, l’uomo che ha deciso la finale con l’Argentina ad un niente dai calci di rigore. Qualcuno aveva criticato il mondiale del talentino del Bayern Monaco, ma Gotze, invece di farsi condizionare da tali giudizi, si è fidato del suo commissario tecnico, ha accettato la rotazione senza fiatare, capendo che prima o poi l’occasione sarebbe arrivata per tutti. Inamovibile Muller, prezioso Schurrle, eterno Klose, goleador assoluto dei campionati del mondo, ma pure discretamente attempato e con frequenti acciacchi fisici. Ed ecco che anche Gotze ha avuto la sua possibilità e non l’ha sprecata, anzi, ha spedito in rete la palla che ha dato alla sua nazionale la quarta Coppa del Mondo, dando ragione a Loew e alla sua intelligente rotazione degli uomini. Ma anche i vecchi, i leader storici hanno accettato i compromessi chiesti dal tecnico, da Lahm (adattato a fare un po’ tutto, dal terzino al centrocampista centrale) a Schweinsteiger (relegato in panchina ad inizio torneo), dal citato Klose a Podolski (altro bomber storico della rassegna iridata e lasciato quasi sempre fuori per esigenze tattiche), tutti compatti per raggiungere l’obiettivo comune.

Loew alla vigilia della finale aveva detto: “Basterà fare la Germania e porteremo a casa la coppa”. Con questa dichiarazione, il ct tedesco ha allo stesso tempo responsabilizzato e tranquillizzato i suoi; in sostanza ha comunicato loro: ricordatevi che è la finale dei mondiali, ma sappiate anche che per vincere non dovrete fare nulla di più di quanto già non conosciate.

Ed ora? La Germania non vuole fermarsi qui; riassaporare il gusto della vittoria ha aperto lo stomaco ai tedeschi, pronti ad azzannare gli Europei francesi del 2016 ed i mondiali russi di due anni più tardi. Al timone sempre lui, Joachim Loew, l’ex assistente che è diventato titolare della cattedra più ambita del momento all’università del calcio internazionale.

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