WA! Japan Film Fest. Il cinema giapponese torna a Firenze per un Festival unico

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di Annalisa Gambino

Si è chiusa ieri la 4°edizione del Festival del Cinema Giapponese. A inondare le vie di Firenze, questa volta non sono stati solo i soliti turisti ma curiosi e appassionati della cultura giapponese.

Day 1.

Dopo una sfilata in Kimono per la città, la cerimonia di inaugurazione, si è svolta nella location d’eccezione del Palazzo Strozzi. I rappresentanti del Giappone hanno accolto e intrattenuto il pubblico con un’emozionante danza e a seguire si è celebrato uno dei riti più antichi e tradizionali del popolo nipponico: la cerimonia del thè.

Presenti tra gli ospiti il regista Hiroshi Nishio di The Soul Flower Train (in proiezione il 9 maggio alle 20.00), Seishiro Nishida e Kyoshi Sasabe rispettivamente attore e regista del film Tre Sorelle- Rokugatsudou che ha aperto la rassegna cinematografica al cinema Odeon.

Prima del lungometraggio di Sasabe, sono stati proiettati due corti: Sozu Monocrome di Seiichi Hishikawa e l’opera di animazione Abita di Shoko Hara e Paul Brenner.

Sozu Monocrome si è rivelato un breve film narrativo di circa 20” con struttura circolare.

Viene messa in scena la storia di una coppia di creativi: un pubblicitario e una musicista alle prese con l’elaborazione di un nuovo spot per Sakè. Totalmente in bianco e nero come anticipa il titolo, Monocrome mostra una limpida estetica fotografica. Tutti gli elementi sono in perfetto equilibrio tra loro e sono filtrati dalla calma e dalla sospensione tipica della tradizione giapponese. È una storia di vita quotidiana che si intreccia con la tradizione artigianale della città di Takaoka.

Quest’ anno, infatti il WA! Japan F.F. include anche altre componenti della cultura giapponese come la partecipazione di piccole realtà locali, in particolare quella della cittadina di Takaoka famosa per la produzione di oggetti in stagno realizzati dagli artigiani locali ed esposti per l’occasione nelle bancarelle del Japan Village nella piazza del palazzo Strozzi.

Abita di solo 4” min. è un video di animazione realizzato in memoria del disastro nucleare di Fukushima Dai ichi dell’11 marzo 2011.

Rokugatsudou no sanshimai di Sasabe apre la sezione WA Essai dedicata ai lungometraggi. Il film è una commedia ambientata nella periferia di Kagoshima durante la festa delle lanterne di giugno.Il principale filo narrativo si costruisce attorno le vicende della pasticceria di famiglia. Accanto a esso si sviluppano le singole storie dei singoli personaggi, in particolare delle tre sorelle. Ed è proprio l’universo femminile ad essere esplorato in tutte le sue sfumature.

Il regista analizza come sotto una lente di ingrandimento il micro-cosmo di una famiglia nella quale la componente femminile è accomunata dalla mancanza di stabilità sentimentale: la madre è divorziata e vive ancora con suo marito, la primogenita è anch’essa separata, la sorella più piccola porta avanti una relazione clandestina con un uomo sposato e Namie la secondogenita ha chiesto il divorzio dal marito. Oltre a salvare moralmente se stesse, le tre protagoniste, hanno l’incarico di preservare l’attività familiare. Il lieto fine arriva solo nel momento in cui tutti i membri della famiglia uniscono le forze per uno scopo comune, salvare dal fallimento la pasticceria.

Le impressione e le emozioni della giornata che vorrei condividere sono sicuramente la serenità e la calma che questo popolo riesce a trasmettere, sia da un punto di vista della pulizia visiva delle immagini, alla straordinaria grazia dei muoventi. E mi riscopro invidiosa di quella leggerezza, riverenza e precisione che ogni geisha possiede avvolta in quel suo fantasioso kimono.

 

Day 2.

La manifestazione prosegue nella giornata di venerdì con numerosi eventi collaterali.

Da segnalare il corso il workshop di grafica di Sei Hishikawa presso il LABA di Firenze, l’incontro nella sala degli specchi del cinema Odeon con il cast  di Rokugatsudou no sanshimai e la lezione aperta al pubblico di Hiroshi Nishio, regista  di Soul Flower Train presso l’università di Firenze.

Oggi ho assistito alla proiezione di due film nettamente contrapposti che mi hanno fatto riflettere: The Little House di Yiji Yamada e Soul Flower Train di  Hiroshi Nishio.

Il primo, The Little House, è un film drammatico e impegnato. Presentato all’ultima biennale di Berlino si è aggiudicato l’Orso d’argento per la migliore attrice. E, infatti, l’intero film si regge sulla straordinaria interpretazione di Haru Kuroki che nel film è Taki una domestica a servizio della famiglia Hirai. La sua recitazione è composta e stilizzata, le passioni e le emozioni sono soltanto finemante accennate.

Lo spettatore in questo modo diventa complice della domestica e prova insieme a lei le pulsioni represse della borghesia perbenista degli anni 30.

La storia di Taki è raccontata a posteriori in una biografia scritta lasciata al nipote dopo la sua morte. Ecco che in questo modo la storia soggettiva si intreccia e si confonde con quella reale della guerra. Gli eventi sono filtrati dalla visione della protagonista che vive chiusa nella realtà ovattata della casa dal tetto rosso.

The Little House è un viaggio a ritroso nella memoria attraverso le generazioni e in definitiva è un percorso di formazione. La visione, a mio avviso, è risultata stancante e un po’ prolissa; la pellicola sarebbe stata sicuramente più efficace se molti elementi fossero rimasti sospesi e non detti proprio per creare una maggiore aspettativa.

Di tutt’altro registro sia da un punto di vista di contenuti, sia dall’ambientazione è Soul Flower Train di Hiroshi Nishio.

Questo film, penso, si possa definire come un’epopea trash della contemporaneità. La storia è tratta dall’omonimo manga realizzata da Nishio. La trama è semplice e lineare: un padre, pensionato che viene dalla provincia giapponese, va a trovare sua figlia nella grande città di Osaka dove essa vive da tre anni per frequentare l’università e fin qua niente di anomalo, ma durante questo breve e intenso viaggio, l’uomo farà delle scoperte sconcertanti che voglio lasciare in sospeso per non rovinare il divertimento assicurato della visione.

Il regista, nel commento in apertura, dichiara le somiglianze tra Osaka e l’Italia. Personalmente non ho trovato grandi affinità tra la città giapponese e le città italiane se non per il fatto che tutti mangiano sempre e che tutti vogliono truffare tutti.

Lo stile, con il quale è stato filmato Soul Flower Train ricorda vagamente il neorealismo italiano, forse Nishio si riferiva a questo fatto; la città, con i suoi locali notturni e le sue affollate vie è messa in primo piano, è il luogo da scoprire e da vivere in pieno. Il film è girato prevalentemente in esterno e sono pochi gli ambienti chiusi.

Da far attenzione alle numerose citazioni di film americani e non, disseminate nella pellicola che testimoniano la passione viscerale del regista verso gli stilemi occidentali. La più buffa è il paragone tra pratagonista e Robert De Niro con il quale, del resto, ha davvero poco a che spartire! Oltre al ricordo dei film americani, viene celebrata l’antica tradizione della scrittura anche se in maniera nettamente inedita e dissacrante.

Nella giornata di oggi non ho percepito la stessa calma e compostezza del primo giorno, forse perché i giovani artigiani del Japan Village sono meno solenni e servizievoli delle geishe, o forse perché mi torna costantemente in mente l’immagine del manga HK: Forbidden Super Hero e del suo protagonista con le mutande in testa. I due film che ho visto mi hanno fatto riflettere, una delle particolarità del popolo giapponese è proprio questa: saper combinare con disinvoltura sacro e profano, solennità e demenzialità come pochi altri sanno fare!

 

Per maggiori informazioni sul Festival : www.wajapanfilmfest.it      #WAJFF

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