Il regime Etiope tra dura repressione e controllo dei media in vista delle elezioni del 2015
di Azzurra Petrungaro
Centodiciottesimo su centosessantasette Paesi. Questo è il posto che occupa l’Etiopia nel Democracy Index, pubblicato dall’Economist Intelligence Unit alla fine del 2010 (clicca qui per leggere il file). Probabilmente in una classifica aggiornata, lo Stato dell’Africa orientale perderebbe ancora qualche posizione.
È notizia di questi giorni la forte repressione che il governo etiope sta attuando nei confronti del dissenso, ma decisi impedimenti a libere e regolari manifestazioni sono stati già messi in atto dalla polizia, negli scorsi mesi. Nel mirino del governo gli esponenti del partito d’opposizione Semayawi e il gruppo di attivisti e blogger del sito “Zone9”, vittime di perquisizioni, intimidazioni, repressione e arresti.
Dal 28 aprile nella regione di Oromia si sono registrati gli scontri più cruenti tra manifestanti e polizia, in cui hanno perso la vita almeno undici studenti. La protesta scoppiata in otto campus universitari, è seguita all’annuncio di un nuovo piano urbanistico previsto per la Addis Abeba, la Capitale estenderebbe il suo territorio fino ad aree che appartengono attualmente alla giurisdizione federale di Oromia, inglobando perciò al suo interno numerosi villaggi della zona e cospicui ettari di terreno. La polizia regionale ha giustificato la violenta soppressione delle rivendicazioni studentesche, per scongiurare eventuali strumentalizzazioni da parte dell’opposizione, che in Etiopia in verità è estremamente ridotta.
La Repubblica Federale Democratica d’Etiopia è di fatto uno stato a partito unico. L’Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front (Eprdf), guida il Paese dal 1994 e non intende abbandonare questa leadership. Nelle elezioni del 2005 che hanno visto trionfare ancora una volta l’Eprdf, gli scontri con gli oppositori hanno portato a un bilancio di circa duecento vittime, quelle del 2010, le ultime in ordine temporale, sono state oggetto di dure critiche da parte della comunità internazionale. Gli osservatori europei hanno infatti rilevato gravi brogli nelle zone di campagna, sono stati riferite persecuzioni e intimidazioni e numerosi casi di violenza, i più gravi nelle regioni di Ogaden e Tigrè, con un bilancio di tredici morti. Ovviamente l’Eprdf è risultato ancora una volta vittorioso.
L’orientamento della maggiore forza partitica etiope è fin troppo chiaro, il governo guidato dal Premier Haile Mariam Desalegn intende continuare a dirigere le sorti dello Stato africano senza incontrare nel corso del suo cammino alcun tipo di resistenza o contestazione.
La repressione attuata dal regime autoritario si manifesta soprattutto attraverso il controllo dell’informazione, ma la messa a tacere di blogger e dissidenti non è di certo l’arma che causa maggiori danni all’informazione del popolo etiope. Nel Paese Internet non è sicuramente lo strumento di comunicazione più diffuso, presente al più nei principali centri urbani attraverso gli Internet point, che consentono tuttavia una navigazione piuttosto lenta. Il medium più popolare è la radio e questo viene controllato dall’Eprdf grazie alla tecnica del jamming. Usato durante gli anni della Guerra Fredda, questo strumento di censura rende possibile bersagliare le frequenze di un determinato programma radiofonico, causando la sua indisponibilità di fruizione.
Il governo etiope, secondo un rapporto di Human Right Watch (clicca qui per il rapporto), lo utilizzerebbe per disturbare l’informazione trasmessa dai media indipendenti, dalle stazioni radio degli esuli etiopici, tra cui ESAT Radio, un’emittente indipendente di esuli che trasmette dall’Olanda e che dà voce agli esponenti dell’opposizione governativa.
Come molti altri Paesi dai regimi autoritari come Iran, Siria e Cina, anche in Etiopia il mantenimento del regime politico viene giocato attraverso il controllo del flusso delle informazioni. Ciò che colpisce è che in Etiopia siano in atto dei processi di censura che nel resto del mondo sono decaduti da vari decenni. Il lungo corso dell’Eprdf non favorirà certo l’avanzamento tecnologico del Paese, che stretto nella morsa di una politica di regime, continua ad arrancare nell’arretratezza e nella repressione verso il 2015 (anno delle prossime elezioni), in un clima di totale indifferenza mondiale.
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