Tennis, Us Open 2013. Euforia Nadal, lo spagnolo vince ancora lo “scontro” con Djokovic
“Novak, sei quello che più mi spinge oltre i miei limiti”. Così Rafael Nadal ha omaggiato il suo rivale nella premiazione della finale dello Us Open 2013. Descrizione migliore dello scontro tra Djokovic e Nadal non c’è. È diversa da tutte le altre sfide, diversa dai Borg – Mc Enroe, diversissima da quella tra Sampras e Agassi, e diversa, ovviamente, da quella dello stesso spagnolo con Federer.
I due vivono le loro sfide non come una normale partita di tennis. Tutto, dal linguaggio del corpo al gesto tecnico, ci parla di un vero e proprio scontro vissuto con la voglia (sportiva ovviamente) di annullare, distruggere l’avversario. Troppo simili i due per non essere così. Scambi lunghi più del normale, quasi tutti i punti vinti sfiancando l’avversario ma anche se stessi, alla fine con un livello tecnico abbastanza simile tra i due vince chi non crolla, vince chi ha la forza di giocare sempre un colpo più dell’altro. Il dritto poderoso di Nadal, che ha fatto tanto male al giocatore che in quanto a tecnica è superiore a tutti (Federer), viene, se possibile, neutralizzato dal rovescio bimane di Djoko che è uno dei migliori del circuito, sull’altra diagonale vale più o meno lo stesso ragionamento. Smorzate poche da entrambi, come poche le discese a rete. Alla fine è un gioco a soffrire, praticato da due superuomini che quando si incontrano (scontrano) sanno che comunque vada, lo sport che loro amano sarà, per qualche ora, sofferenza pura.
La partita – Anche ieri sera i due non si sono smentiti, e anche ieri alla fine a vincere è stato quello che non ha mollato, quello più fresco dopo le semifinali, quello probabilmente più affamato (anche se lo sguardo di Djokovic a fine partita la dice tutta su quanto al serbo non vada giù uscire di nuovo sconfitto contro Nadal). Ieri non si sono toccati i livelli australiani delle ultime sfide, ma è stato comunque un match in cui le bordate (puntualmente rispedite al mittente) sono arrivate spesso e volentieri oltre la ventina, fino ad arrivare alla cifra folle di 54 colpi sul punto che ha dato il break a Djokovic nel secondo set.
Nadal si è mostrato più pronto e il via dell’incontro lo ha fatto capire: quarto gioco subito break per lo spagnolo, Djoko cerca di restare in partite portandosi 4-2, ma nel settimo gioco Nadal bissa il break e poi chiude 6-2. È una novità, il 6-2 è pesante ma mai dare Djokovic per morto.
Il secondo set è un’altra partita: Djokovic non molla un punto e soprattutto mantiene la concentrazione al servizio, aspettando l’occasione di colpire in risposta. Il break per il serbo così arriva nel sesto game, 4-2 e servizio (nel folle scambio di 54 colpi tutti profondissimi di cui sopra). Ma questi ritmi non si possono tenere e Djokovic ne paga le conseguenze nel gioco successivo: subito contro break. L’inerzia del match è però cambiata, il servizio è meno efficace. Nel gioco successivo Djokovic si riprende il game perso brekkando di nuovo lo spagnolo, in un game durato la bellezza di 10 minuti (anche se quando servono Djokovic e Nadal il tempo diventa un fattore molto relativo). Servizio Djokovic e chiusura set, 6-3 si va al terzo.
Se Djokovic si porterà qualche rimpianto da New York sarà proprio questo set. Ancora frastornato Nadal, infatti, gli concede un altro break in apertura. Nel terzo gioco poi il serbo ha la palla per il clamoroso 3–0. Ma l’incontro è destinato a cambiare di nuovo volto. Nel sesto gioco Nadal si riprende il break e torna in parità. Come se non bastasse la palla break nel terzo gioco, a non far dormire Djokovic ci penserà poi lo 0-40 sul servizio di Nadal buttato al vento sul 4-4: tre palle break sul groppone pesano e Djokovic cede nel gioco dopo e il set e praticamente anche il match.
Tutte queste occasioni destabilizzano Djokovic, senza contare poi la stanchezza che grazie a Wawrinka il serbo accusa prima dello spagnolo. La partita finisce praticamente su quelle tre palle break sbagliate: dopo è monologo spagnolo. Rafa brekka due volte un avversario ormai stanco che non fa altro che concedere errori non forzati. Lo spagnolo s’impone 6-1, dopo c’è solo il tempo delle lacrime. Lacrime per un ritorno creduto impossibile, per l’imbattibilità sul cemento (a fronte di due sconfitte sulla sua terra). Per il secondo Us Open, per il tredicesimo slam della carriera e per quella piazza da numero 1 del mondo ormai nuovamente vicina.
A margine si dovrebbe parlare dell’inciviltà del pubblico americano, un continuo muoversi, camminare e urlare nei momenti meno opportuni. Quei secondi trascorsi prima che Nadal servisse per il match point, con lancio di palla bloccato più e più volte, sono l’istantanea della degenerazione che si sta avendo a Flushing Meadows.
di Cristiano Checchi