Barcellona: la città di Gaudì

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di Eloisa De Felice

Si parte per Barcellona con i soliti desideri “da turista”: voglia di provare le famose tapas e la vera paella. Vedere, nella Plaza de Toros, la corrida e verificare se è proprio così sanguinosa come tutti dicono. Magari un po’ di shopping lungo Las Ramblas, per comprare un paio di comodissime espadrillas. Per finire, mangiando del buon pesce appena pescato nella tipica Barceloneta. Insomma, scoprire un poco la Spagna. Il tutto, ovviamente, sperando che le poche parole, in spagnolo, imparate all’università, bastino per sopravvivere, visto che il catalano è veramente difficile. Ma poi si arriva in città e si scopre un certo Antoni Gaudì.

La Sagrada Família, La Pedrera, Casa Batllò ed El Parc Güell, visite che non hanno proprio nulla a che vedere con i tour virtuali e le foto consultabili online, permettono di immergersi nella mente dell’architetto dai lunghi mustacchi, proprio mentre una domanda sorge spontanea: più genio o più folle? Non si capisce bene con quale percentuale più l’una o più l’altra, ma la sensazione è certa: ha saputo cambiare i connotati a tutta la città. E anche all’edilizia che dopo di lui non è stata più la stessa.

Per chi non ha la sua mente, capire come fanno i suoi archi a star su non è certo impresa semplice e ciò nonostante l’audio-guida ed i fedeli modellini proposti in La Pedrera. Ma non si può che restare incantati, come bambini, davanti agli stranissimi comignoli che sembrano proprio tante facce con elmetti e, quindi, il fascino, quello delle assurde terrazze curve, nelle quali si rischia continuamente di cadere. Facile, poi, farsi conquistare dalle sue sedie, maniglie, porte e finestre che da semplici oggetti d’uso ordinario diventano veri e propri pezzi d’arte. Ma, indubbiamente, è la luce quella che risplende e che si riflette sui suoi policromi vetri rotti a incantare l’occhio e la mente riempiendoli di splendore.

E dopo tanti colori, è il bianco accecante delle stanze e delle scale che la fa da padrone. Insieme alla bellezza, quella infinita e smagliante della natura, dalla quale sa recuperare idee e forme da conferire alle sue architetture. Ma tramite essa, maestra di vita e amorevole genitrice alla quale sempre tornare, Gaudì sospinge dolcemente, ma inesorabilmente dove vuole lui, ovvero ad una dura riflessione: l’uomo è terribilmente piccolo e finito  rispetto all’universo! Cosa potrebbe mai inventare e cosa sarebbe mai senza la fascinazione che gli viene dalle altre vite che lo circondano? Possibile mai che proprio non capiamo e non siamo capaci di mostrare rispetto?

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