Scuola. Dalle valutazioni di diploma un’Italia divisa in due

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di Emiliana De Santis

“Gli esami hanno sempre una valutazione formativa molto importante in quanto ci si confronta [..]. Il metodo migliore per i ragazzi è quello di studiare costantemente.” Chiude così la sua intervista Giorgio Rembado, a capo dell’Associazione nazionale dirigenti della scuola, che prova con queste parole ad arginare la polemica sugli esami di maturità. Da un’inchiesta del sito “Tuttoscuola” è emersa infatti l’esistenza di profonde disparità non solo regionali, ma anche provinciali e perfino da città a città, nelle valutazioni di diploma, disparità che si fanno ancor più acute se confrontate con i risultati dei test Invalsi.

In base ai numeri forniti dall’inchiesta, il capoluogo piemontese è agli ultimi posti in graduatoria per numero di studenti diplomati con il massimo dei voti. Solo uno studente su 197, lo 0,51% della popolazione studentesca delle classi secondarie. A Crotone, invece, è diplomato con 100 e lode uno studente ogni 35. Torino e Crotone sono solo due emblemi di una situazione che racchiude in verità un universo variegato. E tuttavia, come Torino, anche Milano e altre cittadine del Friuli Venezia Giulia si trovano nella stessa situazione: pochi ragazzi ottengono il massimo a fine carriera mentre ai test Invalsi (riferiti alle classi del I ciclo e prime e terze delle secondarie superiori) risultano tra i più bravi del nostro Paese. Situazione speculare per Agrigento, Vibo Valentia, Enna e Cosenza dove se è alto il numero dei 100 e lode, altrettanto brillanti non sono i risultati ottenuti all’Invalsi.

Non è che un test sia sufficiente a valutare la preparazione globale, tantomeno a far gridare allo scandalo il popolo dei nordisti e dei meridionalisti. Il solito discorso delle disuguaglianze, in questo caso, non ha senso. Perché non esistono studenti più o meno intelligenti ma situazioni sociali differenti, programmi differenti e risultati alterati da logiche di input sbagliate. Sempre più spesso le Università fanno fare delle prove d’ingresso proprio per riconsiderare la valutazione ottenuta alla maturità, segno che il sistema della formazione non è integrato e nemmeno affidabile, poiché non in grado di seguire con coerenza tutti gli step della vita di uno studente. Una soluzione, ad esempio, potrebbe essere quello di uniformare la terza prova di modo che sia uguale ad Aosta come a Trapani, redatta da una Commissione indipendente. In tal modo i ragazzi si troverebbero tutti di fronte allo stesso foglio. È probabile, tuttavia, non alle stesse condizioni di partenza.

“I dati presentati non comportano valutazioni specifiche sulla preparazione, né degli studenti né dei professori,e non si tratta di mettere sotto accusa i docenti di alcune aree – precisa Giovanni Vinciguerra, direttore del sito “Tuttoscuola” – al Sud esistono molti istituti di eccellenza e non è un caso che molti meridionali diventino classe dirigente in Italia e anche all’estero. Ciò che in generale va affrontato è il tema della disparità di valutazione nelle scuole [..]”. E già il ragionare in logiche regionalistiche o, men che mai, dualiste, è sintomo di un malessere con radici profonde che forse era anche compito della scuola guarire.

 

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