Redatta “L’Agenda ambientalista”, un programma “verde” per il prossimo governo

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di Tiziano Aceti

Molteplici sono le proposte inserite nei programmi redatti dai partiti su cui si fa leva per ogni campagna elettorale, in questa, che accompagna le prossime elezioni politiche, in materia ambientale, si rintraccia una scarsa attenzione da parte dei partiti e dei movimenti che concorrono per ottenere seggi in Parlamento. O almeno così sembra stando a quanto è stato rintracciato da alcune associazioni ambientaliste che hanno così dato vita a “L’Agenda ambientalista per la Ri/Conversione ecologica del Belpaese”.

Dodici sono i temi su cui questo gruppo (composto da Legambiente, CAI, FAI, Federazione Pro Natura, Greenpeace Italia, TCI, WWF) pone l’accento, invitando le compagini politiche a considerare come imprescindibile il tema della sostenibilità ambientale per il prossimo governo. Dodici temi programmatici di cui – secondo le associazione firmatarie dell’Agenda – il prossimo governo dovrà prendere atto per il bene collettivo: New “Green Deal”; biodiversità; patrimonio costituito dai beni culturali; domanda di mobilità e infrastrutture; salute e ambiente nelle scelte industriali; consumo di suolo e governo del territorio; difesa del suolo e adattamento ai cambiamenti climatici; contenuti verdi della filiera agroalimentare; turismo; governare l’ambiente; diritto all’ambiente: tutela costituzionale e penale; andare oltre il PIL: nuovi  indicatori di sostenibilità. Questi sono i punti che costituiscono l’insieme del documento. Con l’Agenda ambientalista queste associazioni intendono fornire proposte su molteplici temi attraverso un programma che pone in primo piano il legame indissolubile che lega ecologia e economia.

Quindi, a quanto sembra l’Agenda ambientalista nasce per rispondere a delle mancanze che le forze politiche, all’interno dei loro programmi di governo, danno alla realtà ambientale. In particolar modo sono 6 i punti su cui le associazioni promotrici dell’Agenda ambientalista rimarcano le criticità: 1.non assume centralità la grave crisi provocata dai cambiamenti climatici che impone scelte radicali di azzeramento delle emissioni in tutti settori e nel modello produttivo, nonché nelle strategie di adattamento; 2.non emerge una consapevolezza sui servizi ecosistemici garantiti dalla tutela della biodiversità; 3.non ci si pone con urgenza la questione degli indirizzi della nuova politica industriale e della riconversione post-industriale; 4.non si affronta il problema di come calcolare e valutare la ricchezza della nazione attraverso la declinazione di nuovi indicatori di benessere che superino il PIL; 5.non si fa cenno a come si pensi di intervenire per adeguare il corpus dei diritti e dei delitti ambientali; 6.non ci si sofferma sulla cronica e ormai patologica inadeguatezza della governance ambientale, dipendente in buona parte dalla progressiva liquidazione del Ministero dell’ambiente avvenuta negli ultimi 5 anni.

Tra gli aspetti trattati all’interno dell’Agenda è possibile rintracciare  i dati che riguardano il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Le associazioni rilevano come questo dicastero abbia subito una forte riduzione delle risorse disponibili, partendo dal presupposto che “il Ministero dell’Ambiente risulta essere storicamente il dicastero con meno risorse”. Si evince dal documento come la “Spending Review ha portato il bilancio annuale di questo dicastero a poco più di 450 milioni di euro”, una riduzione – si legge nel documento – che ha visto nel giro di quattro anni il passaggio da un bilancio “di 1 miliardo e 649 milioni (ultima manovra del Governo Prodi)” del 2008  ad un bilancio “di 1 miliardo e 265 milioni” nel 2009, primo anno del governo Berlusconi. Le associazioni nel documento rilevano che “a partire dalla manovra estiva (dl 98/2011) del Governo Berlusconi e successivamente con la Legge di stabilità 2012 ed il decreto legge sulla Spending Review fino alla Legge di Stabilità 2013, si interviene dando continuità ad una drastica riduzione della capacità operativa del Ministero dell’Ambiente e degli Enti da esso vigilati, mettendone in discussione, di fatto, la stessa esistenza”. A questo le associazioni aggiungono la mancanza di “un sistema nazionale compiuto di controlli, analogo a quello a esempio svolto dalla Environmental Protection Agency – EPA americana, è un handicap non secondario per le attività istituzionali in questo campo”. In tal senso l’Agenda prevede due specifiche richieste: “portare il Bilancio del Ministero dell’Ambiente e della  Tutela del Territorio e del Mare ad almeno 700 milioni di euro l’anno, per consentire di avere le risorse sufficienti per finanziare anche interventi in particolare nel settore della difesa del suolo; istituire un’Agenzia nazionale autonoma che operi nel campo dei controlli ambientali, svolgendo a questo fine attività ispettive, analitiche e di ricerca sul campo e coordini un sistema integrato di agenzie ambientali”.

 

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