Atari e THQ due incredibili fallimenti nel mondo dei videogames

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di Francesco Galati

Per tutti gli appassionati di videogames la settimana passata è stata sconvolgente, si sono infatti diffuse le tristi notizie riguardanti due importanti software house del calibro di Atari S.A. e THQ Inc., entrambe hanno depositato nei rispettivi tribunali d’appartenenza le carte per il famoso “chapter eleven”, leggi fallimento controllato.

Atari S.A., distaccamento europeo della Atari Inc. con sede in America (e si, se ve lo state chiedendo, stiamo parlando di una delle prime software house ad avere lanciato il gaming su console con il famosissimo, ed oramai vintage, PONG ®) ha dovuto riconsegnare tutti i diritti riguardanti il marchio Atari, poiché negli ultimi due anni i profitti della società erano calati vertiginosamente, soprattutto a causa della decisione di spostare la gran parte della produzione di videogames nel settore del mobile gaming, scelta che ha portato alla dura decisione da parte dei vertici americani di presentare le carte per il fallimento controllato, ora solamente cinque milioni di dollari potranno permettere lo svolgimento delle quotidiane attività della società, o perlomeno di ciò che ne rimane.

L’altro grande colosso dei videogames che si è visto costretto a chiudere i battenti, è stato THQ, a differenza di Atari, THQ che rappresenta(va) una serie di famosi franchise tra i quali Darksiders, Test Drive, Metro 2033, e che disponeva dei diritti d’autore di alcune licenze per l’utilizzo all’interno di videogames dei loro marchi, una su tutte quella del famoso cartoon South Park, ha messo all’incanto tutte le sue controllate vendendo pezzo per pezzo tutti i marchi legati alle varie software house a cui faceva capo.

Il fattore comune a questi due fallimenti è sicuramente da ricercarsi nelle scelte discutibili che i vertici delle società hanno deciso di intraprendere.

L’appartenenza ai marchi cosiddetti premium, e quindi l’onere di dover produrre titoli “tripla A”, ha messo a repentaglio la salute delle società stesse, che avendo sfornato ultimamente dei prodotti che hanno deluso le attese dei consumatori non sono riusciti a rientrare degli investimenti.

Questi fallimenti, emblematici, sono quindi dovuti non soltanto ai prodotti sviluppati ma spesso anche ad una mancata attenzione nei confronti degli aspetti non strettamente videoludici, ma anzi da ricondursi a scelte di business discutibili, quali acquisizioni di software house minori o ancora dell’acquisto di licenze poco o malamente sfruttate, nonchè decisioni riguardanti l’allocazione e sviluppo di prodotti per piattaforme, probabilmente, non idonee a marchi di questo calibro.

Non resta altro che sperare che l’acquisizione dei vari marchi, e franchise, da parte di altre società, sia di buon auspicio, e che la produzione di prodotti di qualità sia affiancata ad una più attenta strategia di business, così da poter far contenti i clienti e non solo!

 

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