Crescere al Sud. Una grave emergenza che deve essere risolta

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di Emiliana De Santis

“La Campania si attesta come la Regione con la più grave disconnessione socio – culturale”. Sono queste, amare e severe, le parole di Claudio Tesauro, presidente di Save the Children Italia, tra i relatori della seconda edizione della Conferenza annuale Crescere al Sud, promossa appunto da Save the Children e dalla Fondazione con il Sud e svoltasi a Santa Maria la Nova, vicino Napoli. Il Rapporto presentato per l’occasione ha messo in luce l’enorme divario di opportunità materiali, sociali ed educative che continua a caratterizzare il Bel Paese. Dati allarmanti. “I bambini napoletani? Sono come quelli africani”.

Forse un’esagerazione, un inasprimento dei toni per suscitare la polemica e da questa far scaturire un dibattito indispensabile, una pratica necessaria e una realizzazione concreta. Sembra quasi impossibile eppure, secondo il rapporto, il 65,3 percento dei minori campani non ha mai sfogliato un libro che non fosse un testo scolastico, il 45 non ha mai dato nemmeno un’occhiata a internet mentre 22 minori su 100 abbandonano gli studi prima del diploma. Una dispersione che non è solo scolastica ma che corrisponde a una generale mancanza di consapevolezza di sé e delle proprie opportunità, traducendosi in un impoverimento diffuso per la società. Non stupisce che i minori siano quindi irretiti dall’illegalità: oltre 350mila tra loro vivono in comuni sciolti dalla mafia, in cui le istituzioni scolastiche sono assenti e soprattutto impotenti, dove le strutture difettano del minimo indispensabile e gli insegnanti hanno risorse scarse per combattere il muro di omertà che li circonda.

Ma Napoli e la Campania sono solo l’epicentro di un fenomeno che caratterizza tutto il Sud Italia. I test OCSE – PISA, pur nel relativismo delle loro valutazioni, stimano che dal Mezzogiorno in giù i ragazzi abbiano un ritardo di preparazione di quasi un anno e mezzo rispetto ai loro coetanei del Nord e questo non dipende da un’incapacità innata quanto piuttosto dalla scarsa valorizzazione dei programmi e delle eccellenze presenti, troppo spesso alle prese con necessità di stretta sopravvivenza, equilibristi sul filo della vita che unisce il sogno e il bisogno. Rarissime le classi a tempo pieno, assenti gli spazi di socializzazione, merce rara gli asili nido ed elevatissimo il numero di NEET (giovani tra i 15 e i 29 anni Not in Education, Employment or Training) che oscilla tra il 33,5% della Campania e il 28 della Sardegna. E l’Italia destina meno di cinque punti di Pil all’educazione, al 29° posto su 34 Paesi Ocse, riducendo di anno in anno i trasferimenti statali in servizi sociali.

Cosa fare quindi? È questo che si sono chiesti Save The Children e Fondazione con il Sud che hanno lanciato l’anno scorso l’iniziativa Crescere al Sud. Non si tratta esclusivamente di una conferenza annuale ma di una federazione di 40 associazioni che si riuniscono periodicamente per monitorare, elaborare e condividere i dati raccolti e sulla base di questi instaurare con la comunità un dialogo dal quale attingere per proporre soluzioni al grave disagio dei giovani meridionali. Ogni anno vengono formulate proposte, approfondite tematiche come la povertà materiale, il miglioramento della comunità educante, la cittadinanza e la legalità. “Quello all’istruzione non è un diritto comprimibile” ha spiegato il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, aprendo i lavori della conferenza. “Le istituzione devono lavorare sulla dispersione scolastica e bisogna tenere le scuola aperte anche di pomeriggio, perché sono un presidio di sicurezza e accoglienza”. Largo dunque ai fondi regionali, istruiti con i proventi delle sanzioni per abusivismo e a quelli europei in modo tale che i progetti intrapresi siano non solo validi ma continuativi nel tempo.

“Ai giovani bisogna offrire possibilità, strumenti e stimoli” ha dichiarato Claudio Tesauro al termine dei lavori. Prendiamola come un’esortazione e una promessa per il futuro.

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