Eurostrike, a Roma gli ennesimi scontri annunciati

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di Pierfrancesco Demilito

Per raccontare il primo sciopero transnazionale, che in Italia è stato caratterizzato dalle proteste anche molto forti degli studenti, vogliamo partire dai motivi che hanno portato in piazza gli universitari, gli studenti medi e tanti precari. Vogliamo partire da questo perché sui grandi network nazionali o nelle dichiarazioni di tanti politici abbiamo letto che la violenza a cui abbiamo assistito negli scorsi giorni ha messo in secondo piano le legittime richieste di questi giovani. Noi in questa trappola non vogliamo cadere e dunque vogliamo partire proprio da questo.

Gli studenti italiani sono da anni, anzi da decenni, abbandonati a se stessi, così come gli edifici in cui sono costretti a studiare. I continui tagli all’istruzione hanno ridotto la formazione dei giovani italiani e ora la cosiddetta Troika riduce ulteriormente le loro aspettative sul futuro. Nella speranza, spesso vana, di riuscire a collocarsi meglio nel mondo del lavoro, in tanti, dopo la laurea, sono costretti a ricorrere a Master o a scuole di specializzazione, sopportando costi esorbitanti. Tanti altri, invece, non possono permettersi di spendere migliaia di euro per un Master e per loro diventa difficile accedere anche ad uno stage gratuito, visto che ormai numerosi corsi post laurea hanno siglato convenzioni con grandi enti e aziende, sbarrando quasi la strada a chi dopo la laurea non può permettersi di sostenere anche quella spesa. Ma la vita per gli studenti universitari non si complica solo nel post laurea: i tagli alle borse di studio e alle case degli studenti, nonché i continui aumenti delle rette universitarie, stanno riducendo giorno dopo giorno il diritto allo studio di una buona fetta di questo Paese. A questa situazione, già di per sé drammatica, si aggiunga un mondo del lavoro fondato sul precariato e la totale assenza di normative che garantiscano, se non il futuro, perlomeno il presente. Per questo tanti ragazzi il 14 novembre scorso sono scesi in piazza insieme ai giovani di tutta Europa.

I cortei organizzati in molte città italiane sono stati caratterizzati da momenti di tensione e, in particolare a Roma, abbiamo assistito a scontri duri tra studenti e forze dell’ordine. In realtà nella Capitale potremmo parlare di scontri annunciati, perché gli organizzatori dello spezzone studentesco avevano da giorni annunciato l’intenzione di raggiungere Montecitorio nonostante il divieto della Questura. Probabilmente, se quella deviazione fosse stata autorizzata i telegiornali della sera non sarebbero stati infarciti di immagini di violenza, in fondo in tutto il resto d’Europa i cortei hanno simbolicamente assediato i palazzi del potere.

Ma quello che abbiamo notato più di tutto è stato il cambio di gestione della piazza da parte della Questura romana rispetto ad un passato abbastanza recente. Nei due anni in cui Francesco Tagliente è stato questore di Roma, siamo stati abituati a vedere ridotte al minimo le cariche della polizia. Tagliente era solito far sbarrare le strade interdette con mezzi blindati e senza un eccessivo impiego di uomini. Nei momenti di maggiore tensione, dava vita a quelle che vengono definite “cariche di alleggerimento”, utilizzate semplicemente per cercare di allontanare la testa del corteo dalle zone calde. Dal giugno 2012, però, Tagliente, nominato Prefetto di Pisa, ha lasciato la Capitale e al suo posto è arrivato Fulvio Della Rocca, che ha iniziato la sua carriera come funzionario della D.I.G.O.S. di Mantova. Della Rocca, lo scorso 14 novembre, ha impiegato un numero considerevole di uomini e le cariche nel corso del corteo sono state numerose e violente. Non solo, visti i numeri dei fermati e le immagini trasmesse da quasi tutte le televisioni, risulta evidente l’intenzione di fermare un considerevole numero di persone e questo ha generato i numerosi corpo a corpo tra manifestanti e forze dell’ordine che abbiamo visto nelle immagini girate durante il corteo. A fine giornata gli arrestati saranno otto e il numero degli identificati si aggirerà intorno ai centocinquanta.

Tra i tanti video girati in quella giornata, quello che sta facendo discutere di più in queste ore è certamente quello che mostra alcuni lacrimogeni lanciati dalle forze dell’ordine dalle finestre del Ministero della Giustizia, in via Arenula, su un corteo che stava già indietreggiando. Dopo la diffusione di questo video il ministro Severino ha espresso “inquietudine e preoccupazione” per l’accaduto. Il Guardasigilli ha immediatamente disposto un’indagine interna e dai primi accertamenti è stato verificato che lacrimogeni a strappo, come quelli che sembrerebbero essere stati lanciati dal Ministero, non sono in dotazione al reparto di polizia penitenziaria di via Arenula. E in una nota il Ministro ha annunciato un’indagine scrupolosa e tempestiva.

Poco dopo le parole della Severino sono arrivate le dichiarazioni del Questore Della Rocca che precisa: «i lacrimogeni sono stati lanciati da agenti di Polizia ma sono stati sparati a “parabola” e non diretti contro il corteo. La traiettoria è stata deviata perché hanno urtato contro l’edificio». E a tranquillizzare l’inquietudine del Guardasigilli è arrivata anche una perizia del Racis, la scientifica dei Carabinieri, secondo la quale i lacrimogeni sarebbero stati lanciati da terra e non dal ministero e non sarebbero neanche tre, come sembra dal video, ma uno solo che urtando con l’edificio si è rotto in tre parti.

Restiamo in attesa di capire se la ricostruzione di Della Rocca e del racis combaceranno con i tempestivi risultati che produrrà l’inchiesta aperta dalla Severino. Intanto la Procura di Roma ha apero un’indagine per accertare eventuali eccessi di violenza da parte delle forze dell’ordine e al momento un poliziotto risulta indagato per avere manganellato un manifestante inerme in terra

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