Presidenziali Usa, verso l’ultimo scontro: ride bene chi ride per ultimo

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 di Giulio d’Alessandro

A suon di musica e battute, così prosegue la campagna elettorale tra democratici e repubblicani.   A poco più di due settimane dal voto, la sfida tra i due partiti entra nel vivo e si tinge di quell’americanità che da sempre contraddistingue il popolo a stelle e strisce.

La campagna elettorale americana non è solo una caccia sistematica e puramente numerica di voti, ma anche una messa in mostra dell’eleganza, un saper essere all’altezza delle situazioni, un life styling che deve far breccia nel cuore degli indecisi. In altre parole un buon presidente è quello che, dopo essere arrivato alla Casa Bianca, ci sappia anche restare nel migliore dei modi.

I due candidati allora, come è solito, si sono rivolti alle star di Hollywood per cercare di allargare quel consenso e quella popolarità che i divi del XXI secolo trasudano da tutti i pori. Obama ha riconfermato il suo sodalizio con Bruce Springsteen, il cantore della middle class, dei deboli e degli emarginati, che, quattro anni fa, lo ha sostenuto fortemente durante la vittoriosa corsa alla Casa Bianca. “The Boss” ha cantato durante un comizio democratico nell’ Ohio, presentato da un redivivo Clinton, affermando che il presidente è “l’uomo giusto” per guidare la Nazione.

Dal canto suo Romney ha sfruttato la dichiarata passione per la politica repubblicana di Clint Eastwood per “incastrare” Obama nei fallimenti del suo governo. I sondaggi però rimangono pressoché in equilibrio, anche dopo il secondo faccia a faccia televisivo, che ha visto il democratico prendersi una rivincita dopo il primo scontro.

Romney non ha saputo ripetere la positiva performance vista nel primo dibattito, anche a causa ad un Obama più pimpante e aggressivo. Il clou del dibattito è stata l’ennesima gaffe di Romney, che citando erroneamente Obama, riguardo l’attacco all’ambasciata Usa in Libia, è stato prontamente contraddetto dal Presidente che l’ha subito accusato di slealtà.

Il colpo finale è arrivato quando Obama ha detto di voler essere il presidente di tutti gli americani, anche e soprattutto di quel famoso 47 % che a detta del governatore del Massachussets vive sulle spalle dello Stato. Il Repubblicano non ha potuto che incassare e prepararsi al prossimo e ultimo incontro-scontro di lunedì 22.

Intanto i due contendenti alla Casa Bianca hanno dato sfoggio delle loro doti cabarettistiche in occasione dell’Alfred Smith Memorial, una cena di beneficenza organizzata ogni anno dalla Chiesa cattolica di New York. Seduti allo stesso tavolo, i due si sono sfidati in una gara di battute, lanciandosi ironiche frecciatine, e facendo letteralmente impazzire gli invitati della serata.

Che questa mondanità, questo essere propositivi e alla mano, possa essere il vero antidoto contro la crisi? Oppure questo ottimismo cerca di nascondere i numerosi punti oscuri dei programmi di governo dei due candidati? Questo lo saprà solo il prossimo presidente che, chiunque esso sia, saprà prendere con un sorriso anche le notizie più deprimenti.

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