Milano Film Festival, insieme giovani filmakers e grandi maestri

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di Mario Mormile

Milano per qualche giorno si apre, fatelo anche voi: sono le persone che fanno la differenza. Sullo schermo ma non solo.

Non si è di certo lasciato fermare dalla crisi degli sponsor questa diciassettesima edizione del Milano Film Festival, che tutti gli anni trova la forza di rinnovarsi ed alimentarsi con nuova linfa, prendendo spunto dalle idee dei giovani filmakers che ogni anno si danno appuntamento per animare quello che forse è il miglior evento italiano dedicato agli short-movies.

A voler tracciare un bilancio la frase di invito iniziale che è stata rivolta agli spettatori del festival è stata accolta ben volentieri in una Milano che molto spesso viene accusata della sua frenesia quotidiana e di aver perso la sua umanità. Il Milano Film Festival è un festival aperto alle opinioni, alle opere, ai giudizi e alle culture; è un un festival dall’anima fortemente giovanile ed internazionale con oltre 40 opere realizzate da artisti under 40 provenienti da ogni parte del mondo, che trovano nella splendida cornice del Teatro Piccolo di Milano, in quella suggestiva del Parco Sempione e di una serie di cinema sparsi in tutta la città, gli spazi per alimentare il circuito distributivo dei corti, rendendo ancora più stretto il legame tra territorio e cultura cinematografica.

Giovani sono anche i membri dello staff sotto la direzione artistica affidata anche quest’anno ad Alessandro Beretta e Vincenzo Rossini, e giovani sono anche gli stagisti e i volontari che partecipano alla manifestazione dando il loro prezioso contributo.

Milano Film Festival rappresenta l’evento di punta dell’associazione “Esterni” un soggetto nato anni fa dalla volontà di ragazzi desiderosi di fare qualcosa per la loro città, di ritrovare la vitalità degli spazi aperti, per l’appunto, quelli che nel gergo dello spettacolo sono gli esterni. Lo fecero partendo con delle proiezioni ai limiti della legalità tenute in luoghi un po’ improvvisati e con poche presenze, spinti dalla passione e dalla forza di volontà di quello che era poco più che un gruppo di amici, che è cresciuto progressivamente negli anni fino a divenire lo splendido spettacolo che dura da diciassette anni.

Il Milano film festival non è solo “corti d’autore”, la kermesse ospita quest’anno oltre dieci opere prime e seconde di registi emergenti, le immancabili retrospettive indirizzate all’Italia degli anni ’80 con un occhio particolare a Giuseppe Bertolucci scomparso di recente, a Ben Rivers ed infine alla musica nel Cinema di Woody Allen curata da Randall Poster.

Sempre da apprezzare, inoltre, la sezione: “Colpe di Stato” con l’attenzione a temi di natura storica e politica attraverso uno sguardo più vicino alla realtà contemporanea, in cui trova spazio l’anteprima italiana di “We are Legion: The Story of Hacktivist”, una sorta di biografia del movimento “Anonymous” molto apprezzata dal pubblico; c’è la rassegna: “Incontri italiani” con la scoperta di opere dal sapore nostrano che dialogano con il linguaggio europeo e poi ancora, ricchi focus sull’animazione e sull’arte con “Vernixage”.

Ovviamente non potevano mancare personaggi di rilievo della scena italiana: lezioni e seminari tenute da Gabriele Salvatores e Gianni Amelio e poi l’incontro con Silvano Agosti dove per partecipare secondo una nota di programma bisognava “presentarsi con un fiore reciso”.

Le risorse per mettere in piedi questo grande incontro rimangono limitate e seppur supportato da un programma di buon livello, il festival non potrebbe esistere senza l’apporto dei volontari, categoria “help” sul cartellino di riconoscimento; parliamo di una serie di ragazzi che arrivano qui per fare esperienza e che accettano di buon grado di offrire il loro contributo per la durata della manifestazione, ci sono poi i numerosi ed immancabili stagisti che decidono di passare alcuni mesi della loro vita crescendo con il festival, ed infine il progetto messo in piedi insieme all’associazione YAP dove ragazzi provenienti da tutto il mondo possono scegliere di dare il loro contributo e soprattutto sentirsi parte del festival.

Essere volontari non funziona se non si trova una buona organizzazione con cui interfacciarsi, questo succede bene ad Esterni che cura particolarmente l’attenzione verso chi viene ad aiutare, i ragazzi del campo hanno subito ricevuto la visita di Beniamino Saibene direttore “storico” del festival che presta molta attenzione alle domande dei volontari e ci tiene particolarmente a spiegare come nasce e a cosa punta il festival. Oltre il suo contributo risulta gratificante vedere come tutto lo staff si prodighi affinché tutti i volontari ricevano supporto nel loro lavoro, si tratta probabilmente di quell’apertura auspicata dai direttori nell’invito a partecipare, un’apertura che porta maggiore umanità in un contesto non sempre semplice dove gli orari saltano e si convive con gli imprevisti e le pressioni del pubblico sempre esigente, un apertura che come dicevamo anche quest’anno ha portato a casa ottimi risultati e che siamo sicuri non mancherà di ripetersi nel corso dei prossimi anni.

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