ILVA – Napolitano: “Si tuteli il lavoro ma si proteggano ambiente e salute”

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di Pierfrancesco Demilito

Un’intera città che cammina in bilico sulla sottile linea del suo futuro, una città spaccata e arrabbiata. Così appare Taranto in questi giorni, dopo l’inattesa decisione della magistratura di porre sotto sequestro l’area a caldo dell’Ilva. Una decisione che da una parte della città è stata accolta con giubilo, perchè ritenuta l’unica soluzione possibile per fronteggiare la tremenda piaga dell’inquinamento che ormai da decenni grava sul capoluogo jonico. Un’altra parte della cittadinanza, invece, ha vissuto come un dramma la decisione presa dal gip Patrizia Todisco. In particolare la rabbia ha preso il sopravvento tra quei 15 mila operai che in quella fabbrica ci lavorano. Già, perché come abbiamo scritto più volte, finora l’Ilva è stato per Taranto un mostro che ha tenuto prigioniera la città, sfamandola con una mano e avvelenandola con l’altra.

Alla luce della decisione del tribunale tarantino e della conseguente protesta degli operai è stato aperto, in colpevole ritardo, un tavolo a Roma presso il Ministero dell’Ambiente.  E, lo scorso 26 luglio, il Ministro dell’ambiente, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della coesione territoriale, la Regione Puglia, la Provincia e il Comune di Taranto e il Commissario straordinario del porto di Taranto hanno firmato un protocollo d’intesa in cui vengono indicati gli interventi infrastrutturali necessari alla bonifica, gli incentivi alle imprese locali e la riqualificazione industriale dell’area. Lo stanziamento complessivo previsto dal protocollo e’ di 336.668.320 euro, di cui 329.468.000 di parte pubblica e 7.200.000 di parte privata. Di questi, 119 milioni vanno alle bonifiche, 187 milioni per interventi portuali e 30 milioni per il rilancio industriale per investimenti produttivi caratterizzati da un elevato livello tecnologico.

Il documento, composto da otto articoli, prevede successivi accordi di programma attuativi, da stipularsi entro 30 giorni dall’effettiva formalizzazione della disponibilità delle risorse. E’ prevista una “cabina di regia” presieduta dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, e un “Comitato” per assicurare la realizzazione degli interventi e coinvolgere forze sociali ed economiche, proponendo al governo soluzioni operative.

Sulla vicenda è intervenuto, nei giorni scorsi, anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. L’inquilino del Quirinale, rispondendo ad un appello lanciato dagli operai tarantini, si è augurato che nel “pieno rispetto dell’autonomia della magistratura e delle sue valutazioni ai fini dell’applicazione della legge” si giunga ad una soluzione che garantisca “la continuità e lo sviluppo dell’attività in un settore di strategica importanza nazionale, fonte rilevantissima di occupazione in particolare per Taranto e la Puglia, e insieme procedere senza ulteriore indugio agli interventi spettanti all’impresa e alle iniziative del governo nazionale e degli enti locali che risultino indispensabili per un pieno adeguamento alle direttive europee e alle norme per la protezione dell’ambiente e la tutela della salute dei cittadini”.

Più volte in passato, descrivendo Taranto, avevamo parlato di una polveriera pronta ad esplodere, vittima da anni del ricatto occupazionale di un’azienda che verso la città ha non ha mai mosso un passo e, come se tutto ciò non bastasse, abbandonata da decenni dalla politica nazionale. Solo negli scorsi anni le amministrazioni locali erano riuscite a muovere qualche timido passo verso la tutela ambientale e della salute dei tarantini ma ormai la bomba è esplosa. Ora risolvere il problema tocca alla politica, tocca a chi ha latitato in tutti questi anni e questa volta non potrà fare a meno di sentire il parere della città.

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