Caso Lusi: nuove proposte per riformare i bilanci dei partiti

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di Emiliana De Santis

Il Partito democratico è di nuovo in burrasca, ma stavolta non è colpa dell’ondata siberiana. Il 6 febbraio, da via del Nazareno, hanno reso nota l’espulsione dal partito del senatore Luigi Lusi, tesoriere della Margherita, accusato dalla procura di Roma di appropriazione indebita. Avrebbe sottratto circa 13 milioni di euro dalle casse della ormai ex formazione politica di Rutelli. Il leader dell’Api, dal canto suo, si dichiara indignato e assolutamente estraneo alla vicenda.

I FATTI- I conti non tornavano eppure in pochi se ne erano accorti. Tra il 2008 e il 2011, Lusi avrebbe decurtato la tesoreria della Margherita a vantaggio della TTT, società di cui è intestatario, tramite la pratica del doppio binario contabile e dei bonifici multipli, riuscendo a dirottare i fondi ricevuti come rimborso elettorale in immobilizzi (la casa di Genzano e l’appartamento in via Monserrato, pieno centro capitolino) e in conti correnti canadesi. Che Lusi fosse un abile manovratore di finanze era ben noto, che i revisori contabili e la commissione di tesoreria non si siano preoccupati di accertare una gestione opaca appare sospetto. È per questo che gli inquirenti vogliono vederci chiaro e ipotizzano un coinvolgimento che va oltre la persona di Lusi. Arturo Parisi sostiene di aver denunciato, con le sue dimissioni, l’opacità dei conti; gli ribatte Enzo Bianco, che smentisce seccamente le illazioni.

IL MISTERO DEI TESORIERI- Figure mistiche, al limite della mitologia, nominati cavalieri di un ordine segreto tanto quanto le trame che ordiscono. Sono gli uomini chiave di ogni partito, quelli che gestiscono le fluenti liquidità per poi reinvestirle perfino in titoli di stato della Tanzania. Nessuno li conosce. Eppure, beccati in flagranza di reato, sono loro a prendersi l’eroica responsabilità di finire in manette, quasi esistesse un tacito accordo di fratellanza con le segreterie che li assumono. Laboriosi, potenti e creativi, ben presto potrebbero scomparire insieme al maltolto.

LA PROPOSTA- Sollecitati dagli eventi – ma soprattutto dai forti venti dell’antipolitica – i partiti sono corsi ai ripari. Lancia il sasso Casini, lo raccoglie l’amareggiato Rutelli, si aggregano Bersani e Alfano. Il segretario dell’Udc cerca l’accordo tripartisan su un testo di legge che modifica sostanzialmente la disciplina in materia, introducendo l’obbligo di revisione dei conti ad opera di società terze, l’assoluta trasparenza e pubblicità oltre lo stop ai rimborsi per i partiti defunti, ossia quelli che saltano il turno alle elezioni nazionali ed europee. Come nel gioco dell’oca, solo che in questo caso somiglia di più al racket del caro estinto. Intanto la Commissione affari costituzionali della Camera ha annunciato per giovedì 16 la ripresa della discussione sui sette disegni di legge presentati l’anno scorso in merito all’attuazione dell’art. 49 della Costituzione. Montecitorio riprende l’iniziativa ma di fronte a un ispirato Casini non c’è Aula che tenga. Rutelli temporeggia con un emendamento al decreto liberalizzazioni: quando c’è da regolare i conti, arriva sempre troppo tardi.

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