Il primo viaggio all’estero di Donald Trump

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Si è concluso il primo viaggio da presidente degli Stati Uniti per Donald Trump: Arabia Saudita, Israele, Città del Vaticano, Bruxelles per il vertice Nato e di nuovo l’Italia, Taormina, per il G7.

Al termine del viaggio tra Medio Oriente ed Occidente, nei paesi chiave delle tre principali religioni monoteiste, dalla culla dell’Islam alla Terra Promessa sino alla capitale della Cristianità, Trump ha chiamato i paesi della regione alla lotta comune contro il radicalismo e il terrorismo non tralasciando di fomentare la divisione tra sunniti e sciiti, individuando nell’Iran sciita un nemico della sicurezza internazionale.

A Bruxelles, Trump ha incontrato i vertici delle Istituzioni europee, destinando più tempo al neo-eletto presidente francese Emmanuel Macron, a conferma della caratteristica più evidente  della sua Amministrazione, più incline al rapporto tra Stati che al dialogo con le organizzazioni internazionali.

Il vertice Nato a Bruxelles come il G7 a Taormina è servito a mettere in contatto il nuovo presidente degli Stati Uniti e i suoi partner e alleati. Una prima missione sconvolta dall’attentato alla Manchester Arena, dopo il concerto di Ariana Grande.
Al vertice Nato, Trump ha chiesto una maggiore partecipazione degli alleati nella ripartizione degli oneri (cosiddetto burden-sharing) indicando, così come aveva fatto lo scorso mese il segretario di Stato Rex Tillerson, un livello di spesa per la difesa del 2% del Pil (in Europa solamente Estonia, Grecia, Polonia e Regno Unito rispettano questo target). Molto lontani gli altri Stati ma negli ultimi anni si è registrata una tendenza verso un aumento generale delle spese per la difesa (la Francia destinerà nel 2017, circa l’1,8% del Pil nazionale mentre la Germania è ancora all’1,2% del Pil nazionale, prevedendo di raggiungere la soglia del 2% entro il 2024. L’Italia destina in spesa per la difesa dall’1,01% all’1,11% del Pil).

Al G7 siciliano si sono affrontati i temi principali legati alla crescita e al lavoro, il clima e l’ambiente, la lotta contro il terrorismo. Avvertita l’assenza di Vladimir Putin: dal G8 nel 1998, si è ritornati al G7 nel 2014. Una crisi della governance globale legata al non riconoscimento della Russia quale potenza con vocazioni imperialiste piuttosto una “potenza regionale” ma che di regionale ha poco soprattutto se si considera il territorio che si estende dall’Ucraina alle isole Curili. Così Ugo Tramballi “E’ giusto trattarlo con rispetto perché se non ha più mezzi economici da superpotenza, ne possiede ancora gli arsenali nucleari. Allo stesso tempo, l’annessione armata della Crimea e le violazioni russe degli accordi legati al nucleare (l’ultima riguarda il trattato Inf sulle forze nucleari a medio raggio in Europa) hanno spazzato ciò che restava della sicurezza collettiva continentale. Per i comportamenti di Putin non c’è più un ordine internazionale: un Congresso di Vienna, una Yalta, una Helsinki cui riferirsi per risolvere i problemi prima che diventino crisi”.

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