La Grecia dice no: per Gucci Partenone off-limits
Il governo greco ha detto no alla richiesta di Gucci di utilizzare l’Acropoli di Atene per una sfilata di moda. Mentre si rincorrono le voci sull’offerta fatta dalla maison all’esecutivo ellenico, non sono in pochi quelli che consigliano alla casa di moda di guardare all’Italia
Questa sfilata non s’ha da fare! Così potremmo sintetizzare la risposta del governo ellenico alla richiesta di Gucci di utilizzare l’area dell’Acropoli ateniese per una delle sue sfilate di moda. Un no secco e in piena regola, un gran rifiuto che mai la casa di moda fiorentina avrebbe potuto immaginare. Secondo alcune indiscrezioni, Gucci avrebbe messo sul piatto due milioni di euro in lavori di restauro per l’area dell’Acropoli solo per organizzare l’evento, più altri milioni per sfruttare le immagini video della sfilata. Eppure Atene sembra non aver affatto gradito la proposta della maison italiana.
Così, contro ogni previsione, la sovraintendenza archeologica greca ha fatto sapere che “il carattere culturale unico dei monumenti dell’Acropoli è incompatibile con questo genere di eventi”. La motivazione deve essere suonata come una specie di cannonata in quel di Firenze. Anzi forse più come un vero e proprio colpo al cuore, come una stilettata precisa e in pieno petto. Chissà cosa deve aver pensato direttore creativo della casa di moda, Alessandro Michele, leggendo la motivazione. Dunque niente sfilata, niente soldi e amici come prima? No davvero. Dopo essere stata battuta dalle agenzie di mezzo mondo, la notizia del no greco è approdata su tutti i principali quotidiani italiani e sui social, diventando un ottimo spunto per tutta una serie di riflessioni collaterali.
Siamo davvero sicuri che il carattere culturale, certamente unico nel suo genere, dell’Acropoli sia incompatibile con questo genere di eventi? Sembra quasi che questo sia un modo molto garbato per dire che no, la moda non è arte e non lo sarà mai. Forse il peccato originale della moda è che vende, facendo girare un fatturato con numerosi zeri, che impiega moltissime persone e che si basa sulla creatività di stilisti e designer, nonché sulla maestria di sarti e addetti ai lavori. Certo il Partenone è il Partenone e sul suo valore non si discute, ma siamo proprio certi che gli abiti di Valentino, le borse Hermès e le scarpe di Jimmy Choo non siano da annoverare fra l’arte contemporanea?
E se proprio questo non fosse possibile, se gli ultra-ortodossi dell’arte avessero ragione a storcere il naso di fronte a questa associazione, sarebbe forse opportuno ricordare un famoso detto latino: pecunia non olet! Già perché va bene farne una questione di principio, ma ogni tanto bisogna essere anche un po’ concreti. La devastante crisi economica che ha colpito la Grecia negli ultimi dieci anni ha ridotto di oltre un quarto il PIL del Paese. Il drastico ridimensionamento del prodotto interno lordo ellenico ha avuto anche ripercussioni negative anche sul mantenimento dello straordinario patrimonio artistico-culturale del Paese. Quindi sorprende che Atene abbia detto no a svariati milioni di euro per il solo fatto che Gucci è una casa di moda. Peraltro, già nel 1951, Dior aveva fatto un servizio fotografico proprio fra i grandiosi templi dell’Acropoli ateniese.
E comunque il rapporto fra moda e arte non è argomento nuovo. Negli ultimi anni in Italia sono stati tantissimi gli esempi di grandi maison che hanno finanziato il restauro di numerosi simboli del nostro patrimonio artistico. Due esempi per tutti: Bulgari ha sponsorizzato il restauro della bellissima scalinata di Trinità dei Monti, mentre Fendi ha finanziato i lavori che hanno riportato la Fontana di Trevi al suo antico splendore. E per celebrare la riapertura di uno dei monumenti più amati della capitale, la maison romana ha organizzato un meraviglioso fashion show, durante il quale le modelle hanno sfilato su una passerella trasparente posizionata a pelo d’acqua. Va detto però, che talvolta questo genere di progetti trova più di un ostacolo. Ne sa qualcosa il patron di Tod’s, Diego Della Valle, che ha dovuto aspettare anni per ottenere il via libera per l’inizio dei lavori di restauro del Colosseo.
Dunque tutto il mondo è paese. Se ad Atene hanno rifiutato la generosa offerta di Gucci, facendo intendere alla casa di moda fiorentina che l’Acropoli non è in vendita nemmeno per mezz’ora, a Roma si è discusso per mesi e mesi sul sesso del angeli mentre l’Anfiteatro Flavio rischiava di cadere a pezzi. Colosseo a parte, sembra opportuno ricordare ai responsabili del dipartimento organizzazione eventi di Gucci, che l’Italia meridionale è piena di insediamenti di epoca greca e che se ad Atene non fossero proprio interessati, Paestum e la Valle dei Templi non hanno nulla da invidiare all’Acropoli e alle sue vecchie cariatidi.
(di Christopher Rovetti )