Amministrative e antimafia: quale controllo sulle liste?

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Rosy Bindi: «la mera applicazione del nostro Codice non è sufficiente a fare l’effettiva foto del rischio di infiltrazione mafiosa. Su queste realtà faremo una relazione che andrà oltre l’applicazione del Codice»

impresentabili-rosy-bindi-indignata-770x513La presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi, ha annunciato che l’organismo parlamentare da lei guidato intende porre sotto osservazione le liste dei candidati che si contenderanno i seggi nelle prossime amministrative. Il tutto avverrà nei confronti dei comuni sciolti per mafia, in quelli sciolti per mafia e mai tornati a votare e in alcuni comuni che hanno avuto la commissione d’accesso e sono in commissariamento, tra i quali figura anche Roma.

La Bindi ha incitato il Governo a varare «regole più stringenti e adottare strumenti più efficaci per valutare la questione dell’incandidabilità alle elezioni». Si riapre dunque il dibattito che l’anno scorso aveva creato una grossa spaccatura all’interno del Pd, per il caso di Vincenzo De Luca.

Quest’anno la questione potrebbe creare imbarazzi e impaccio alla candidatura di Guido Bertolaso a sindaco di Roma, l’ex capo del Dipartimento della Protezione Civile ha infatti due procedimenti giudiziari in corso (uno legato al G8 alla Maddalena e l’altro al terremoto de L’Aquila).

La Bindi ha  messo in evidenza l’«impossibilità da parte della Commissione antimafia di fare un lavoro su tutte le liste delle amministrative, con 1400 comuni che vanno al voto: si tratta di più di 150 mila candidati. I tempi e gli strumenti che abbiamo a disposizione sono limitati e non ci consentono di fare questo lavoro e qualunque campionamento sarebbe stato arbitrario».

Per ovviare a queste difficoltà, il percorso di controllo della Commissione antimafia, si concentrerà su quei comuni che per situazioni oggettive potrebbero essere a rischio. «Nella relazione – ha aggiunto la presidente Bindi – si denunciano due dati di fatto che sono per noi segno di particolare preoccupazione: sono proprio le amministrazioni locali il primo varco delle mafie nelle pubbliche amministrazioni, nei rapporti con la politica e anche nell’economia. Quindi il nostro allarme è particolarmente forte. Si va a votare in molte realtà nelle quali le mafie hanno dimostrato di essere luoghi di insediamento. Ho avuto mandato a elaborare una proposta che farà parte della relazione e che si caratterizza intorno a questi comuni che non potranno non essere oggetto di valutazioni da parte dell’Antimafia».

Secondo Rosy Bindi e l’intera Commissione antimafia inoltre: «la mera applicazione del nostro Codice non è sufficiente a fare l’effettiva foto del rischio di infiltrazione mafiosa. Su queste realtà faremo una relazione che andrà oltre l’applicazione del Codice. Vogliamo acquisire informazioni che vadano oltre il semplice dato giudiziario legato al carico pendente dei reati. Al di là degli strumenti che l’Antimafia possiede, le istituzioni del Paese non hanno gli strumenti anche solo per applicare la Severino: manca un casellario giudiziario dei carichi pendenti, manca una banca dati candidati, degli eletti e loro situazione giuridica. C’è poco tempo a disposizione per le commissioni elettorali per valutare le autocertificazioni dei candidati».

(di Azzurra Petrungaro)

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