Amarcord: l’appassionante cavalcata europea del Genoa di Bagnoli

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Quando si parla del Genoa vengono ricordate fondamentalmente tre tappe: la fondazione antichissima, datata 1893, i 9 scudetti conquistati all’inizio del Novecento e lo straripante campionato 1990-91 col quarto posto finale e la prima storica qualificazione genoana alle coppe europee. E di quella avventura continentale dell’anno successivo cosa si sa? Una Coppa Uefa vissuta da protagonisti per una squadra debuttante in Europa, agli ordini di Osvaldo Bagnoli, esperto in miracoli.

L’estate del 1991 è un trionfo di bandiere a Genova: la parte sampdoriana della città festeggia lo scudetto appena conquistato da Boskov, Vialli, Mancini, Pagliuca e compagni, il versante genoano, dal canto suo, gongola per il quarto posto e il primo storico accesso alle competizioni europee di una delle società più storiche del calcio italiano. E in Uefa il Genoa vuol essere protagonista, non fare la comparsa: il presidente Aldo Spinelli ha confermato in blocco l’organico che ha raggiunto la quarta piazza in serie A l’anno precedente, dal tecnico Bagnoli, artefice del miracolo veronese con lo scudetto dell’Hellas del 1985, al portiere Braglia, allo storico e compianto capitano Gianluca Signorini in difesa, agli ottimi centrocampisti Ruotolo, Bortolazzi ed Eranio, fino alla coppia gol dei sogni formata dall’uruguaiano Aguilera e dal cecoslovacco Skurhavy. Nel primo turno della Coppa Uefa 1991-92, il Genoa viene abbinato agli spagnoli dell’Oviedo, formazione di secondo piano della Liga; la prima storica partita dei genoani in Europa è datata 19 settembre 1991 allo stadio Carlos Tartiere di Oviedo dove i padroni di casa si impongono per 1-0, lasciando ai genovesi il complicato onere di ribaltare la situazione a ritorno a Marassi due settimane più tardi. Lo stadio Luigi Ferraris il 3 ottobre 1991 è stracolmo, la gente vuole spingere i ragazzi di Bagnoli verso la qualificazione al secondo turno: segna quasi subito Skurhavy, ma prima della fine del primo tempo l’Oviedo pareggia e gela lo stadio. Nella ripresa il Genoa attacca, ma l’Oviedo resiste, gli attaccanti rossoblu sono imbrigliati nella morsa spagnola; al 72′, però, il difensore Caricola colpisce e riporta avanti il Genoa, anche se il 2-1 non basta per la qualificazione. Ecco allora sbucare ancora il gigante di Praga, quel Thomas Skurhavy che se non avesse amato il whisky quanto amava il pallone, avrebbe senz’altro avuto una carriera più gloriosa: l’ex attaccante dello Sparta Praga all’89’ butta dentro la palla del 3-1 e manda il Genoa al secondo turno nell’apoteosi di Marassi. L’urna per il Genoa dice Dinamo Bucarest, una delle formazioni migliori della Romania; l’andata a Genova è eccezionale per la squadra di Bagnoli che va sul 3-0 grazie alla doppietta di Aguilera e al gol del brasiliano Branco, terzino col sinistro al fulmicotone, poi quasi al 90′ la sfortunata deviazione di Signorini che inganna il proprio portiere causando l’autorete del definitivo 3-1; poco male, a Bucarest il Genoa all’inizio della ripresa è già sul 2-0 e nulla conta il pareggio nel finale di un’orgogliosa Dinamo, i rossoblu sono qualificati per gli ottavi e se la vedranno con un’altra squadra di Bucarest, la Steaua, un po’ come se una compagine straniera incontrasse prima l’Inter e poi il Milan. L’andata stavolta è in Romania, la gara è tirata, ma il Genoa prevale grazie al solito Skurhavy che va in gol nel primo tempo; stesso discorso a ritorno dove i genoani si impongono 1-0 con rete di Aguilera al quarto d’ora della ripresa. E’ l’11 dicembre del 1991, il Genoa saluta un anno splendido con la qualificazione ai quarti di finale di Coppa Uefa ed una buona posizione in campionato.

Le competizioni europee riprendono in marzo e il Genoa si trova di fronte gli inglesi del Liverpool, tornati a disputare le coppe europee dopo l’esilio a seguito della tragedia dell’Hysel del 1985. I reds non sono lo squadrone di qualche anno prima, ma sono un avversario temibile che, oltretutto, in casa non perde mai e non è stato mai battuto da formazioni italiane nelle coppe. In molti pronosticano l’eliminazione del Genoa, in molti dicono “l’importante è che i rossoblu escano con dignità dal confronto”. Ma Bagnoli e i suoi non hanno nessuna intenzione di uscire, anzi, il tecnico genoano individua molteplici lacune nella retroguardia inglese e prepara una gara guardinga ma d’attacco per la sua formazione che il 4 marzo scende in campo al Ferraris col chiaro intento di non fare da vittima sacrificale. Da subito si intuisce che il Liverpool è in difficoltà e non ha la qualificazione in pugno come tutti credevano: al 38′ il centrocampista Fiorin sblocca il risultato mandando in estasi il pubblico genovese, in più proprio a ridosso del 90′, Branco con una delle sue micidiali punizioni firma un’incredibile, inaspettato ma meritatissimo 2-0 che pone il Genoa in una situazione di netto vantaggio in vista della gara di ritorno a Liverpool. Nei 14 giorni che precedono la sfida in terra inglese, il Liverpool tenta in ogni modo di spaventare il Genoa con dichiarazioni battagliere e confidando nell’imbattibilità casalinga contro gli italiani. Anfield Road è un fortino inespugnabile, i britannici vogliono capovolgere lo 0-2 rimediato a Genova ad ogni costo, in più il Genoa la domenica prima della sfida gioca il derby contro la Sampdoria (che finirà poi 2-2), una gara che toglie per antonomasia energie fisiche e nervose. 18 marzo 1992, Liverpool-Genoa: gli uomini in maglia rossa attaccano, sbucano da tutte le parti, il pubblico incita, urla, sostiene i suoi calciatori in attesa del gol del vantaggio. Il gol, però, lo segna il Genoa che al 27′ del primo tempo sblocca la situazione con Aguilera; sembra fatta per Signorini e compagni, il Liverpool potrebbe aver preso una mazzata da k.o. con quel gol, e invece inizia la sofferenza genoana, perchè gli inglesi, feriti ma non morti, assaltano l’area di rigore rossoblu, attaccano in massa e il portiere Braglia diviene l’eroe di Anfield per i tifosi del Genoa, l’incubo italiano per quelli del Liverpool. Ad inizio ripresa pareggia Rush, ma il Liverpool avrebbe bisogno ancora di tre reti per passare il turno e ci prova, si butta di nuovo all’assalto trovando la diga invalicabile di Braglia e della perfetta difesa rossoblu; al 71′, infine, ancora Aguilera completa l’opera mettendo a segno il punto del definitivo 2-1 che non solo consegna al Genoa la storica ed impronosticabile semifinale di Coppa Uefa, ma permette anche per la prima volta nella storia di una società italiana di espugnare lo stadio di Liverpool al termine di una partita eccellente anche sul piano disciplinare: nessuna ammonizione nonostante un gioco duro ma corretto. I tifosi genoani sono in fibrillazione e a questo punto credono nella finale, perchè questo Genoa è in stato di grazia e può battere chiunque; il sorteggio regala l’Ajax, fortissima squadra olandese formata da giovani campioni che ben presto faranno la storia del calcio dei Paesi Bassi ed allenata dall’emergente tecnico Louis Van Gaal. L’avversario è durissimo, ma il Genoa, oltre ad avere la tranquillità di chi non ha nulla da perdere, ha le sue carte da giocare e non teme l’Ajax più del dovuto. La gara d’andata si gioca a Genova l’1 aprile del 1992 in uno stadio gremito in ogni ordine di posti: ma si capisce immediatamente che l’Ajax ha qualcosa in più, dato che dopo nemmeno un minuto di gioco va in rete con Pettersson quando in campo si sente ancora l’odore dei fumogeni lanciati dagli spalti e nelle orecchie c’è ancora l’eco del fischio iniziale dell’arbitro. Il Genoa non molla, prova ad attaccare e a rendersi pericoloso, rendendo la vita difficile al più forte rivale che però al 60′ raddoppia col futuro attaccante del Foggia, Bryan Roy: 0-2 e gara e qualificazione sembrano in volo verso Amsterdam. Il sussulto genoano è però epico: Aguilera, sempre lui, con due gol di rabbia pesca i jolly di un 2-2 che tanto racconta circa il carattere della squadra di Bagnoli che non molla fino alla fine; il pubblico ci crede, il Genoa non si accontenta del pareggio, Bagnoli butta dentro un’altra punta, Iorio, si sbilancia e sbaglia perchè all’89’ busca il gol del 2-3 firmato dal futuro laziale Aaron Winter. Il ritorno in Olanda si presenta così proibitivo per la squadra italiana, costretta a vincere con due gol di scarto contro un avversario fortissimo. Ma il Genoa non ha paura e imposta la solita gara tutta pressing e ripartenze: Iorio segna al 37′, il gol spaventa l’Ajax e ringalluzzisce i genoani che però ad inizio ripresa commettono una leggerezza battendo malissimo un calcio di punizione che dà il là al contropiede olandese costruito da Jonk e finalizzato da Bergkamp, altri due che ben presto sbarcheranno in Italia, all’Inter. Il sogno rossoblu finisce in quel momento, l’Ajax controlla partita e risultato acciuffando la qualificazione a quella finale che andrà a vincere contro il Torino in una partita che regalerà l’incredibile storia di tre pali granata ad Amsterdam e l’epica scena di Emiliano Mondonico in piedi a bordocampo con una sedia in mano alzata al cielo.

L’avventura del Genoa in Coppa Uefa termina con rammarico ma con la certezza di aver dato il massimo ed aver figurato egregiamente al primo anno di partecipazione continentale. La delusione è però enorme nella squadra di Bagnoli che in campionato si lascia andare del tutto, perde le ultime sei partite consecutive contro Bari, Parma, Inter, Torino, Foggia e Napoli, rischiando addirittura di essere risucchiata in zona retrocessione. Quell’eliminazione ha fatto troppo male, il Genoa che ha una storia ultracentenaria apre il cassetto dei ricordi con soli otto mesi di un’avventura esaltante, affascinante, chiusa con rammarico ma enorme orgoglio.

di Marco Milan

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