Accordo tra Israele e Giordania. E la Palestina?

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spianataNuovo tentativo di accordare due territori, due culture, due tradizioni: quella israeliana e quella palestinese. Uno dei conflitti tra i più profondi del 900 che divide gli interessi del mondo intero, oltre che quello arabo. I protagonisti che animano la scena politica cambiano, le generazioni che si battono per ideologie assurde, aleatorie, mascherate, – nella migliore delle ipotesi- continuano questa corsa al massacro. Una carneficina che oltre a uccidere i corpi di giovani israeliani e palestinesi, inibisce lo sviluppo di un pensiero radicalmente rivoluzionario. Dunque una lotta fine a se stessa. Un meccanismo che si autodistrugge, che oltre alle migliaia di anime porta via con sé un desiderio di libertà sempre più ingabbiato e schiavo delle decisioni di chi ha il potere in mano. Quello vero. Il potere politico.

Gli ultimi accordi tra Israele e la Giordania prevedono la messa a punto di alcune misure per ridurre le tensioni alla moschea Al Aqsa di Gerusalemme, luogo sacro per le tre religione monoteistiche e, nelle ultime settimane, teatro di sanguinosi atti di violenza. Ad accorrere le due popolazioni, ancora una volta gli USA, storici alleati di Israele. Il segretario di Stato americano, John Kerry, infatti, si è recato ad Amman, capitale della Giordania dove ha incontrato qualche giorno fa il presidente palestinese Abu Mazen e il re Abdallah. La Giordania, inoltre, è custode dei luoghi santi musulmani a Gerusalemme.

Sollecitato dal colloquio con Kerry avvenuto a Berlino, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha acconsentito ad installare delle telecamere di sicurezza sulla Spianata delle Moschee operative 24 su 24, a dimostrazione del fatto che Israele non sta modificando lo status del luogo sacro e non sta attuando misure punitive contro le moschee. “La videosorveglianza 24 ore su 24  è nell’interesse di Israele”, ha affermato durante la riunione di governo.

E ancora: “Israele continuerà ad attuare la sua politica: i musulmani pregano alla Spianata. I non musulmani la visitano”. Tra i tentativi del premier israeliano di alleviare il malcontento vi è anche quello di assecondare le diverse fazioni. Tentativo non riuscito per l’estrema destra israeliana e per i gruppi nazionalisti, i quali rivendicano la preghiera ebraica nel luogo sacro, ovvero nel territorio occupato dai musulmani: una richiesta che i palestinesi considerano una provocazione e un cambiamento dello status quo.

Sulla stessa scia di contestazione si trova Hamas che ha chiesto “al presidente dell’Autorità nazionale palestinese e ai fratelli giordani di rifiutare ogni compromesso che dia diritto all’occupazione di circuire i diritti palestinesi su Al Aqsa o che limiti la capacità di proteggere la Moschea”.

Le proposte previste dall’accordo sono state accolte negativamente anche dai gruppi radicali palestinesi e dal ministro degli Esteri Riyad al-Maliki che ha parlato di “una nuova trappola” e ha accusato Israele di voler usare i filmati per arrestare i fedeli musulmani.

A questo proposito Netanyahu è stato definito, da alcuni media israeliani, in particolare dal Jerusalem Post, “non attendibile” poiché già in passato non è stato in grado di adempiere alle sue promesse.

Tuttavia, sempre secondo quanto riferito da fonti provenienti dal Jerusalem Post, Israele e Giordania dovranno ora discutere gli aspetti tecnici dell’accordo, decidendo a chi spetterà la responsabilità del monitoraggio video, ma al momento non è stata fissata alcuna data per un incontro.

Intanto il mondo intero è in attesa di sapere se sarà questo il gesto risolutore che porrà fine all’ “Intifada dei coltelli”, con la speranza sempre accesa che si raggiunga presto un dialogo sano e autentico. Un dialogo che non abbia nulla a che fare con gli episodi di violenza inaudita che hanno travolto, soprattutto i più giovani, in un vortice di risentimento e di rabbia.

(di Anna Piscopo)

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