Be my eyes: volontariato 3.0

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Be My Eyes_Credits Emil Jupin & Thelle KristensenProvate a chiudere gli occhi e a vivere la vostra quotidianità: anche i gesti più semplici, senza vedere, diventeranno sfide impossibili. Un non vedente, ogni giorno, rende possibili queste sfide e spesso, le vince chiedendo aiuto agli altri. Be my eyes è un’APP rivoluzionaria che permette di mettere in contatto ipovedenti con persone vedenti.

Lanciata lo scorso 15 gennaio, “Sii i miei occhi” è il frutto di una geniale intuizione del danese Hans Jørgen Wiberg. “L’idea mi è venuta nella mia attività di aiuto ai non vedenti in giro per la mia città” – ha spiegato Wiberg – “Durante la quale spesso mi chiedevano di cucinare. La lampadina si è illuminata quando più persone mi hanno detto: certo, se potessi avere gli occhi di una persona sana anche per soli cinque minuti al giorno, la mia vita cambierebbe enormemente”.

“Lend your eyes to the blind”, pay off presente sul sito della APP www.bemyesyes.org, esprime chiaramente l’idea di fondo su cui si basa il funzionamento del congegno: permettere ai vedenti di prestare i propri occhi ai non vedenti, attraverso una connessione “social”. Controllare la scadenza di un farmaco, orientarsi in un ambiente sconosciuto, ritrovare un oggetto che si è perso in casa, sapere a quale citofono suonare una volta giunti a destinazione, saranno solo alcune delle attività quotidiane che diventeranno finalmente “semplici”, grazie al contatto diretto tra non vedenti ed il “network di occhi” di volontari pronti ad aiutare le persone in difficoltà. Il funzionamento dell’APP è semplicissimo, basta possedere uno smartphone dotato di fotocamera: quando una persona in difficoltà ha bisogno di aiuto, non fa altro che chiederlo attraverso la APP, per trovare dall’altro capo del telefono gli occhi di un’altra persona che ci vede bene, pescata a caso tra gli iscritti. La APP trasferisce il video ripreso dalla fotocamera del non vedente sul display del volontario, che così può rispondere alle richieste, più o meno come fosse su Skype. Per evitare scherzi di cattivo gusto ai danni di chi non ci vede o perdite di tempo per chi vuole aiutare, alla fine, entrambe le persone possono dare un voto alla sessione oppure segnalare un utilizzo scorretto.
Apple Store e Google Store ci ricordano ogni giorno che c’è una APP per ogni persona ed esigenza e questo tipo di tecnologia mobile si era già dimostrata utile in materia di salute e pronta ad offrire un supporto delle persone con questo tipo di disabilità: per i non vedenti esistono già lettori di codici a barre che identificano a voce un prodotto a mappe sonore per la navigazione assistita di chi cammina in città, software che riconoscono il taglio delle banconote oppure i colori, applicazioni come Ariadne, che permette l’orientamento in ambiente urbano, o Math Melodies, dedicata ai bambini ipovedenti per imparare la matematica.
La differenza tra Be My Eyes (BME) e le altre applicazioni per non vedenti è che BME usa una live video chat, sfruttando pienamente il fine principale della tecnologia mobile: permettere alle persone di comunicare. Anziché puntare solo su una straordinaria innovazione tecnologica, Be my eyes pone l’accento sui rapporti umani, resi possibile dalla rete, tra i non vedenti e i normodotati che sono disposti ad iscriversi sulla piattaforma che, concretizzandosi in un vero e proprio social network per il volontariato. BME crea un’interazione tra due persone e le due persone devono lavorare insieme per risolvere un problema: “Nel 2012 mi è venuta l’idea di creare un’APP che potesse collegare le persone vedenti con quelle non vedenti e nel mese di aprile dello stesso anno ho presentato l’idea ad un evento in Danimarca, dedicato alle start up.” – racconta Wiberg – “Lì ho conosciuto il resto della squadra BME e dal 2012 abbiamo lavorato sodo per rendere l’idea dell’applicazione realtà. Finalmente il 15 gennaio 2015 eravamo pronti al lancio.” L’applicazione è gratuita, disponibile per iPhone, mentre la versione Android è in fase di sviluppo. È un APP rivoluzionaria, ancor più se si considera che il fondatore, il danese Hans Jørgen Wiberg, è esso stesso un non vedente. La sua vista si è progressivamente ridotta dalla condizione normale alla nascita fino a un campo visivo ristrettissimo di soli 5 gradi: “Le persone non vedenti, me compreso” – ha continuato Wiberg – “spesso hanno bisogno di aiuto per far fronte anche alle più piccole attività quotidiane, dove “un paio di occhi” possono fare una differenza significativa.” Così ha pensato di trasformare la propria disabilità in un impegno profondo e constante nei confronti di chi ha problemi simili ai suoi, cogliendo anche l’opportunità di rivoluzionare il rapporto tra le persone. Ognuno può essere coinvolto e aiutare chi ne ha bisogno all’interno della piattaforma fornita dall’organizzazione no-profit costruita dietro Be My Eyes: “Il mio obiettivo” – ha dichiarato Wiberg – “È quello di creare una comunità che permetta a tutti di contribuire e beneficiare attraverso piccoli atti di gentilezza. È mia speranza che, aiutandosi l’un l’altro come una comunità online, Be My Eyes possa fare una grande differenza nella vita quotidiana delle persone non vedenti di tutto il mondo.” Sul sito dell’applicazione vengono continuamente aggiornate le informazioni: i volontari parlano più di 80 lingue, provengono da tutto il mondo e l’APP sposa pienamente le esigenze dell’individuo moderno che vuole utilizzare la tecnologia per aiutare gli altri ma ha poco tempo. Attualmente l’applicazione presenta circa 129,392 vedenti, 11,680 non vedenti e 35,351 persone aiutate, secondo i dati diffusi da Wiberg. Numeri che promettono bene, se si considera che l’APP è attiva solo da un mese.

 (di Annalisa Spinelli)

Foto bemyeyes.org Credits Emil Jupin & Thelle Kristensen

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