Amarcord: la storia di Esajas, da sguattero alla maglia del Milan

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Esajas
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Se Cenerentola passò dai pavimenti da pulire, al gran ballo, trasformando una semplice zucca in carrozza, Harvey Esajas, calciatore olandese con origini del Suriname, ha vissuto qualcosa di molto simile a quanto descritto da Walt Disney nella fiaba appena citata. Nel calcio dei milioni e della corruzione, c’è dunque spazio anche per storie di cuore ed altruismo, in grado di regalare sorrisi ed emozioni.

Harvey Esajas nasce ad Amsterdam il 13 giugno del 1974, proprio mentre l’Olanda è impegnata nel campionato del mondo che culminerà con l’approdo degli arancioni in finale dopo aver mostrato il calcio più spettacolare e all’avanguardia. I primi calci al pallone Esajas li dà fra Olanda e Belgio, nelle giovanili di Ajax e Anderlecht, due grandi dei paesi del Benelux. Poi passa al Feyenoord ed esordisce in prima squadra proprio contro l’Ajax, andando pure in gol. Esajas è un difensore, adattabile pure a centrocampo, non è un talento puro, ma è un gran lavoratore, suda e si allena, se non proprio la vita da mediano di Gabriele Oriali, quantomeno qualcosa di simile. E’ la stagione 93-94, Esajas si appresta a scalare le gerarchie del Feyenoord e diventare titolare fisso, ma così non è: l’anno successivo, infatti, gioca appena 3 spezzoni di partita, quello dopo ancora non scende mai in campo e decide di lasciare la squadra di Rotterdam e trasferirsi in provincia, al Groningen ed al Cambuur, ma anche in questo caso gioca pochissimo.

Sembra che in Olanda nessuno voglia questo ragazzone volenteroso, così Esajas decide di tentare l’avventura estera: prima bussa in Italia alle porte di Torino e Fiorentina, ma i provini vanno male, quindi ci prova in Spagna, ma anche qui sia la seconda squadra del Real Madrid che un paio di società di seconda e terza divisione non traducono in realtà i sogni e le aspirazioni dell’olandese. Esajas, sfiduciato e deluso, capisce che il mondo del calcio gli ha definitivamente chiuso le porte, così appende gli scarpini al fatidico chiodo e si mette alla ricerca di un lavoro normale come un precario qualsiasi. Ma non è facile: Esajas svolge tanti mestieri, tutti a tempo determinato e tutti di basso profilo in paesi diversi; alla fine viene assunto come lavapiatti, attività dignitosissima ed onesta, ma poco lusinghiera per chi da ragazzino si cambiava nello spogliatoio dell’Ajax assieme a Clarence Seedorf, cioè uno che ha alzato 4 Coppe dei Campioni con tre formazioni differenti. Esajas riordina dispense, avvia lavastoviglie, sgrassa, lava ed asciuga pentole e padelle, il tutto con un centinaio di chili sul groppone, assunti dopo il ritiro dall’attività agonistica ed un’alimentazione non esattamente controllata. Non ha nè macchina e nè patente, si muove con i mezzi pubblici o in bicicletta, la sua vita non lo soddisfa granchè, nel suo cuore c’è ancora il sogno di giocare a pallone, ma non sa come rientrare e soprattutto prima di farlo dovrebbe riacquistare quella forma fisica che lo ha abbandonato da un pezzo; ma non è semplice per un semplice sguattero trovare i soldi per permettersi l’iscrizione ad una palestra o ad una piscina, perchè il tutto andrebbe sommato all’affitto di casa e alle bollette da pagare, esattamente come un venticinquenne o un trentenne qualsiasi.

L’Italia diventa la sua patria ed il suo posto di lavoro, ma anche la sua svolta: un giorno Esajas a Milano incontra proprio Clarence Seedorf che all’epoca gioca nell’Inter; il pluricampione dà un passaggio al vecchio amico che gli confida il suo desiderio di tornare a giocare a calcio. Seedorf non si lascia né impressionare e né scoraggiare dai chili di troppo di Esajas e decide di aiutarlo: carica l’amico in macchina e lo porta nella sede del Torino dove uno dei dirigenti è Sandro Mazzola. Seedorf racconta a Mazzola la storia di Esajas e chiede una possibilità per lui; il Torino si convince, Esajas resta un mese e mezzo sotto la Mole e si allena coi granata, poi viene rispedito a Milano perché a fronte di dedizione e sacrificio ci sono una cinquantina di chili in sovrappeso che impediscono il tesseramento vero e proprio. Sogno infranto un’altra volta? Sembrerebbe, ma di nuovo Seedorf viene in soccorso del vecchio amico e lo porta con sé nella sede del Milan dove nel frattempo si è trasferito. Seedorf fa pochi giri di parole e va direttamente da Adriano Galliani: “Voglio che questo ragazzo giochi almeno un minuto con la maglia del Milan. Seguirà una dieta ferrea e rigorosa, ma esaudiamo il suo sogno”, dice l’olandese all’amministratore delegato rossonero. Galliani non se la sente di dirgli di no, Seedorf parla con dietologi e preparatori atletici, Esajas si sfila il grembiule da sguattero ed indossa la tuta del Milan: in un anno perde tanti chili, lavora sodo, apprende tattica e movimenti da Ancelotti e dalla squadra, Seedorf lo incita ogni giorno, lo invita a crederci e non mollare, a vincere stanchezza e fatica con l’obiettivo di tornare calciatore. Come Seedorf ha tagliato le treccine alla Gullit ed ha rasato tutti i capelli, altro segno di cambiamento, di rinascita. Gli sforzi sono ripagati: gennaio 2005, il Milan ospita il Palermo per una gara di Coppa Italia ed Esajas non solo è nella lista dei convocati, ma va addirittura in panchina. Il Milan va in scioltezza sul 2-0 ed archivia ben presto la qualificazione, tanto che ad un certo punto Ancelotti si gira verso la panchina e fa ad Esajas quel cenno che l’olandese aspettava, invitandolo a riscaldarsi. Esajas inizia lentamente la preparazione, chiedendosi “Entrerò?”. Entra. Ad una manciata di minuti dal termine della partita, l’olandese corona il suo sogno di tornare a calcare un campo di calcio sostituendo Massimo Ambrosini, ed il palcoscenico è addirittura San Siro, la maglia quella del pluridecorato Milan. Il poco ed infreddolito pubblico milanista si alza in piedi ed applaude la bella storia di Esajas che entra senza paura e si rende protagonista pure di una bella sgroppata sulla fascia, testa alta e cross al centro. Non male per un debuttante. Al rientro negli spogliatoi Esajas abbraccia Seeedorf e lo ringrazia, poi piange, forse ripensando agli esordi in Olanda, forse ricordando le pile di piatti ingrassati e le cucine riordinate appena un anno prima.

Esajas colleziona quell’unica ma emozionante presenza nel Milan, poi raggranella ancora 4 presenze in serie C fra Legnano e Lecco prima del ritiro definitivo dal calcio. Una storia di cuore, di amicizia e di altruismo, perché il calcio, alla fine, anche nell’epoca del lusso sfrenato è in grado di regalare ancora spunti umani. Harvey Esajas è oggi un uomo di quarant’anni, scomparso dai radar della celebrità, non realizzato come calciatore nonostante un avvio di carriera promettente; eppure, c’è da scommetterci, è oggi un uomo felice.

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