Sardegna, stop alle servitù militari. Protesta a Capo Frasca

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Manifestazione Capo Frasca 2Da Arbus a Terralba, da Santa Giusta a Oristano, da Cabras a Riola Sardo, una superficie a terra di 14 Kmq, utilizzata dalle aeronautiche e dalle marine italiane, tedesche e Nato per esercitazioni di tiro a fuoco aria-terra e mare-terra. È il Poligono di Capo Frasca, sulla costa occidentale dell’Isola, dove si trovano ordigni inesplosi in mare e in terra, la pesca è vietata e sono situati impianti radar, eliporto e basi di sussistenza. Così il sito della Regione Sardegna descrive quell’area a sud del Golfo di Oristano, in cui convivono armi e bellezze naturali, teatro di esercitazioni militari che i sardi vogliono fermare chiedendo la chiusura del Poligono. Dopo l’incidente del 4 settembre, a seguito del quale il coro di proteste è cresciuto, alimentato anche dall’indignazione sul web, sabato 13 settembre, in migliaia hanno partecipato al raduno contro le servitù militari, dando vita ad una manifestazione popolare che ha raccolto i consensi delle istituzioni e della società civile.

L’incidenteTornado tedeschi in volo sparano ogive non armate e l’impatto del metallo sulle rocce fa scoccare le scintille che fanno divampare l’incendio. È la ricostruzione fornita dal Corpo Forestale di vigilanza ambientale della Regione, intervenuto per domare le fiamme che tra il 3 e 4 settembre scorso, nel corso di un’esercitazione militare, hanno distrutto 26 ettari di macchia mediterranea. Dopo i soccorsi, è stata inviata un’informativa di reato alla magistratura per incendio colposo, mentre l’Aeronautica si è affrettata a precisare che le operazioni in corso sono “previste e autorizzate” e che, anzi, “le attività operative, presso il poligono di Capo Frasca si sono sensibilmente ridotte negli ultimi anni, in pratica quasi dimezzate”.

Rassicurazioni che non hanno spento il focolaio di proteste che cresceva di ora in ora e si preparava alla manifestazione del 13 settembre, già programmata prima dell’incidente. Il Governo, per bocca del sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi, ha riferito alla Camera sull’incidente, rispondendo ad un’interpellanza del Pd. Confermata la natura del rogo, l’esponente della Difesa ha riconosciuto la necessità di aumentare le misure preventive, dichiarando, tuttavia, che si è trattato di “un evento eccezionale”, sviluppatosi a “causa del vento” e per “un’avaria” all’elicottero della base di Decimomannu. Rossi ha negato che vi siano state esplosioni sostenendo che “il piano antincendio adottato nel poligono era sufficiente e ben strutturato”.

La posizione delle istituzioni – La controversa questione delle servitù militari tiene banco da anni, interessando la base di La Maddalena chiusa dal 2008 ma ancora sotto i riflettori per il trasferimento a partire da settembre dall’isola di Santo Stefano di un maxi arsenale sequestrato ai russi, il Poligono interforze del Salto di Quirra, per cui la Regione Sardegna si costituirà parte civile nel processo che prenderà il via il 23 settembre, il Poligono di Capo Teulada e quello di Capo Frasca, di cui soprattutto negli ultimi mesi si chiede a gran voce la chiusura. La prima importante presa di posizione è arrivata nel corso della 2ª Conferenza nazionale sulle servitù militari che si è tenuta il 19 giugno scorso. In quell’occasione, il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, a differenza dei suoi colleghi Vendola e Serracchiani, non ha firmato il protocollo d’intesa con la Difesa. Atto preceduto dall’approvazione di un ordine del giorno del Consiglio regionale in cui viene ricordato che “oltre 30.000 ettari sono proprietà dello Stato e sono impegnati dal Demanio militare, 13.000 ettari sono gravati da servitù militari, oltre 80 km di costa non sono accessibili ad alcuna attività produttiva”, impegnando la Giunta ad una “graduale dismissione dei poligoni militari” e ad “un riequilibrio in termini di compensazione economica rispetto ai danni ambientali, sanitari ed economici subiti nel corso degli anni a causa del gravame militare nell’Isola” che, come ricordato nel documento, pesa per oltre il 65% dell’intero territorio nazionale.

L’ultimo in ordine di tempo, il Consiglio regionale straordinario convocato il 9 settembre. In quell’occasione il presidente Pigliaru ha riferito sull’incidente avvenuto nel poligono militare di Capo Frasca, visitato nella mattinata, facendosi carico del “disagio dell’opinione pubblica sarda”. “La prospettiva servitù non può più essere incerta, serve una dismissione significativa in questa legislatura, combatteremo con armi legali, attraverso il confronto istituzionale ed il conflitto se occorre”, ha ammonito Pigliaru, puntando alla “dismissione di alcuni siti e la riconversione di altri [… ]: chiediamo giustizia, certezza del diritto, equa distribuzione dei doveri”. Dai gruppi consiliari Irs, Riformatori, Sel, Partito dei Sardi e Centro Democratico è arrivata la proposta di un referendum consultivo sul tema delle servitù militari, vista con diffidenza soltanto da Forza Italia. Sel, inoltre, ha depositato una proposta di legge per autorizzare le esercitazioni solo col parere vincolante del Consiglio regionale.

La mobilitazione della società civile – Manifestada Natzionale Contra A S’ocupatzione Militare De Sa Sardigna è il nome dell’evento postato su Facebook dagli organizzatori della manifestazione di Capo Frasca indetta da Comitato sardo Gettiamo le Basi, A Manca pro s’Indipendentzia, Sardigna Natzione, comitati Su Giassu e Su Sentidu, con l’adesione di associazioni anche della penisola ed il consenso di diverse forze politiche. Circa 5.000 manifestanti, provenienti da tutta l’Isola, secondo le stime del quotidiano sardo, L’Unione Sarda – che nei giorni precedenti la protesta si era schierato apertamente contro la presenza delle forze armate in Sardegna distribuendo ai lettori la bandiera e il poster “No Servitù” – hanno gridato la contrarietà alle basi militari dando vita ad una manifestazione pacifica che soltanto nel finale ha fatto registrare qualche disordine. A supporto della manifestazione, la campagna fotografica realizzata da Alessandro Cani, che mostra le spiagge della Sardegna, accompagnate da messaggi ad effetto per sottolineare la contrarietà alle servitù militari.

L’esigenza di smantellare i poligoni si combatte anche per vie legali. Il principio del riequilibro è l’asse portante della denuncia presentata a luglio da Sardegna Obiettivo 6 e firmata da venti avvocati per le mancate bonifiche delle aree militari in cui si chiede alla Difesa “il risarcimento dei danni ambientali, dei danni alle vittime e alle loro famiglie, indagini epidemiologiche delle popolazioni residenti in prossimità delle zone interessate da attività militari terrestri, aeree e navali”. Una richiesta che, dopo anni di silenzi, la Regione si è impegnata a portare avanti nelle sedi istituzionali supportata dalla grande partecipazione dei cittadini sardi e dei comitati locali, che promettono di continuare a tenere alta l’attenzione sulla vicenda.

(di Elena Angiargiu)

Foto: Facebook MANIFESTADA NATZIONALE CONTRA A S’OCUPATZIONE MILITARE DE SA SARDIGNA

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