Girlfriend in a Coma. Romanzo d’Italia tra Dante e gli Smiths

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di Beatrice De Caro Carella

C’era una volta un uomo, originario d’una terra lontana, che tentò ridestare da eterno sonno la sua dolce amata. Le dedicò un canto, fatta d’amore e di speranza; tuttavia non sapendo mai, se ella infine, veramente, l’avesse udito…

Se fossimo nel mondo delle fiabe, un immaginario prologo al racconto di Bill Emmott potrebbe suonar così. Sarebbe il preludio ideale alla sua poesia visiva, e ne anticiperebbe  in sintesi tutti i motivi principali. Originale, poetico, melanconico ed appassionato, Girlfriend in a Coma ruba il titolo a una canzone degli Smiths ed è firmato Annalisa Piras (alla regia) e Bill Emmott (giornalista, autore del soggetto, ex-direttore de The Economist).  Ultimo gioiello della documentaristica d’oltralpe a scuotere le acque d’Italia (dopo il feroce attacco alla TV commerciale, firmato Erik Gandini, con Videocrazy nel 2009), Girlfriend in a Coma viene presentato a Londra lo scorso Novembre, ma giunge in Italia solo alla vigilia delle ultime elezioni, convertendosi presto nella nuova pietra dello scandalo. La sua distribuzione si rivela da subito difficoltosa, per questioni di correttezza istituzionale, si dice. Le proiezioni verranno organizzate presso strutture alternative e solo nelle città dell’Aquila, Milano, Pisa e Napoli; finché, grazie anche a una petizione su Change.org, la forza del web non l’avrà vinta ancora una volta. Il 13 Febbraio  la storia d’Italia di Emmott approda all’Eliseo (dopo un primo controverso rifiuto del Maxxi). Ed è proprio lui, Bill Emmott, colui che in Girlfriend in a Coma, sapientemente e da bravo Virgilio, ci guida per il Bel Paese: in un viaggio di rieducazione sentimentale alla riscoperta dell’Italia. Interpreta il ruolo della nostra bella protagonista, Italia per l’appunto, una giovane dama Turrita che nelle originali animazioni grafiche che accompagnano il racconto è vessata, maltrattata, picchiata e infine ridotta in fin di vita da un bandito mascherato, senza nome e senza volto. La piange, al capezzale del suo letto d’ospedale, un Dante-Emmott che da lì intona il suo canto; una serenata che parte da Firenze e che nel Dante della Commedia, vate d’un destino malato che pesa su di noi come una maledizione, trova il suo cantore ideale.

Il racconto della storia d’Italia di Emmott è diviso in atti: Buona Italia, Mala Italia e Gli Ignavi. Tre tanti quanti i libri della Commedia e gli atti d’un racconto ben strutturato, che vede nel capitolo finale l’ideale compiersi d’una sorta di riscatto potenziale, dando voce al coraggio di chi se n’è andato ma crede ancora, e di chi è rimasto ma ancora lotta. Ed è un Italia che sembra quasi di poter assaporare, perché udito, vista, olfatto, tatto e gusto, a ben vedere (o per meglio dire, sentire) sono tutti presenti.

La fotografia, infatti, accarezza l’Italia e ne esalta i colori, quando il sipario si alza e sullo sfondo compare uno scorcio di Palazzo Vecchio; troneggia la bellezza del David, ad eterna memoria d’una grandezza che fu, sovrastata da un frontespizio stellato. Emmott siede ad un bar di Piazza della Signoria; davanti a lui un taccuino rosso dalla copertina di pelle, una tazza di caffè fumante, un bicchiere d’acqua. Il vento agita le foglie e anima le pagine della sua copia del Financial Times. Si leva in sottofondo la voce di Claudio Villa che dolcemente intona il suo canto. Poi da qui il contrasto; il desolante spettacolo di degrado morale del presente. Prosegue il viaggio, e lo sguardo si sofferma sulla magia delle Terme di Saturnia, attraversa le stanze dei palazzi della politica, ammira la condanna morale senza tempo degli affreschi della Cattedrale di Orvieto, spazia per le vedute della rinata Torino. Finché a un certo punto, persino le acque incontaminate del lago Pellicone si popolano di dannati, coloro che non furon ribelli né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoron. E qualcosa simile ad un improvviso pizzicore al petto fa sentire tutti noi stranamente a disagio. A buon intenditor poche parole, ma il dubbio che su queste parole gravi il peso di un’accusa d’ignavia che ci riguarda tutti non si dissolve facilmente.

La farsesca animazione grafica che, sulle note di Nessun Dorma, da sola, in due minuti, riassume l’intera storia d’Italia sintetizza il quadro alla perfezione. La nostra Dama, alla guida della sua auriga, viaggia per duemila anni – tra alti, bassi e tracolli; finché non naufraga in mare, accanto alla Costa Concordia, che dal suo comandante – non da Berlusconi, non da Monti, non da i Saggi, ma dal popolo italiano stesso – fu abbandonata. Perché quel cambiamento che tutti attendiamo non si produrrà da solo; né verrà forgiato da un ancora più improbabile abracadabra della politica di alcun saggio. E continuare ad osservare inerti la nostra bella equilibrista dannata viver sospesa sulla sua corda da circo non salverà, parimenti, neanche la dolce ragazza in coma del titolo.

Rimane solo da chiedersi, dunque, se il bacio di Emmott, nostro principe ignoto, scioglierà infine il silenzio; se la notte si dileguerà e vinceremo o se il suo canto non sarà stato per noi, a conti fatti, quello del cigno. Certo è che nessuna Dama dormiente venne mai risvegliata da alcun Principe Azzurro. Se non nelle fiabe. E forse il peccato più grande di Serva Italia è proprio questo: attendere sempre chi, sul suo cavallo bianco, giunga infine a salvarla.

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