Dopo ventitre anni è ancora giallo sulla morte di Bergamini

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di Fabio Grandinetti

Esattamente 23 anni fa veniva ritrovato sull’asfalto della SS 106, all’altezza di Roseto Capo Spulicoin provincia di Cosenza,  il corpo senza vita del calciatore ferrarese Donato Bergamini. Il pomeriggio del 18 novembre 1989 il centrocampista ventisettenne in forza al Cosenza da 5 stagioni ricevette una telefonata. Scosso da quella conversazione Denis lasciò la città, dove la squadra era in ritiro al Motel Agip, e partì per Taranto a bordo della sua Maserati in compagnia dell’ex fidanzata Isabella Internò. Attorno alle 19 la donna telefonò da un bar del posto alla famiglia del ragazzo e all’allenatore Gigi Simoni raccontando di un Denis depresso che, dopo essersi fermato in un’area di sosta, decise di suicidarsi per amore gettandosi sotto le ruote di un tir che lo trascinò per 60 metri.

Nonostante la dinamica fosse stata in parte confermata dall’autotrasportatore coinvolto, Raffaele Pisano, nessuno accettò mai quella versione dei fatti. I familiari, i compagni, i tifosi raccontano ancora oggi di un ragazzo allegro, divertente, che esprimeva nella quotidianità la gioia di vivere di chi aveva fatto della propria passione, del calcio, un lavoro. Quella del 18 novembre fu l’ultima di una serie di telefonate che incupivano e turbavano un ragazzo felice e spensierato. Di certo il suicidio per amore rappresentava uno scenario poco credibile agli occhi di chi lo aveva conosciuto, visto che era stato proprio Denis a lasciare Isabella. Nei mesi successivi gran parte degli investigatori interessati alla vicenda furono trasferiti e due magazzinieri del club morirono in un incidente stradale sulla stessa statale jonica poco dopo aver contattato Domizio Bergamini, padre del calciatore. Ma il caso venne comunque archiviato come suicidio.

Negli anni non è mai calato il silenzio sulla morte di Bergamini grazie alla tenacia della famiglia, costantemente impegnata per la riapertura del caso, e al supporto degli ultrà cosentini che dalla curva sud “Donato Bergamini” non hanno mai dimenticato il loro beniamino. La storia di Denis è stata raccontata nel libro “Il calciatore suicidato” dall’ex calciatore Carlo Petrini, recentemente scomparso, ed è arrivata fino ai più popolari programmi televisivi di inchiesta giudiziaria. Poi nel 2011 l’attesa decisione del gip di Cosenza di riaprire il caso con l’ipotesi di omicidio volontario. Nel febbraio dell’anno successivo una perizia dei RIS di Messina consegnata alla procura di Castrovillari sembrava escludere il suicidio: le scarpe, l’orologio e la catenina indossati dal calciatore al momento dell’incidente risultavano intatti e l’ipotesi del doppio fondo della Maserati, che si pensava venisse utilizzato a insaputa di Bergamini per il trasporto di droga, è stata smentita.

Una risultanza più recente firmata dal professor Roberto Testi, incaricato dalla procura di Castrovillari di analizzare i reperti conservati al momento dell’autopsia, ha confermato la tesi secondo cui al momento dell’impatto con il camion Bergamini fosse già morto. Queste ultime analisi, in realtà, non hanno aggiunto nulla alla perizia del professor Francesco Maria Avato datata 1990, scandalosamente ignorata nel primo processo. I particolari sono raccapriccianti: in entrambi i casi si parla di un Bergamini evirato e morto dissanguato prima ancora dell’incidente. Recentemente è intervenuto anche il procuratore di Castrovillari Franco Giacomantonio, secondo il quale le ferite riscontrate nel basso ventre sono attribuibili all’impatto con il mezzo pesante e le perizie effettuate non hanno dimostrato nessun tipo di violenza.

A 23 anni di distanza, dunque, il mistero rimane fitto ma la riapertura del caso ha regalato un filo di speranza ai tifosi cosentini, alla famiglia Bergamini e a chi per troppo tempo ha vissuto l’archiviazione come una clamorosa ingiustizia.

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