Manager antimafia. Quando il business guarda al sociale.

0 0
Read Time2 Minute, 37 Second

di Emiliana De Santis

“Il danno maggiore per la mafia – esordisce Antonio Calabrò, consigliere incaricato di Assolombarda per la legalità e la cultura di impresa – è dimostrare che le aziende funzionano meglio senza la criminalità, che le ricchezze sottratte finiscono in buone mani.” Questo lo scopo del progetto promosso proprio da Assolombarda con Aldai, Fondiringeti e Fondazione Istud e la collaborazione delle School of Management di Bocconi e LUISS. Un corso per formare manager in grado di gestire l’enorme patrimonio aziendale e immobiliare sottratto alla mafia negli ultimi anni.

Solo 4 aziende su 100 confiscate alla mafia sono ancora oggi attive sul mercato. Rispetto a un asset composto da 1.636 aziende e oltre 10mila immobili tra hotel, ville, parchi auto, palestre, supermercati e stabili industriali, una sonora sconfitta per lo Stato e per la legalità. “Il tasso di mortalità è di gran lunga superiore a quello delle aziende che sopravvivono – ha sottolineato il Presidente di Assolombarda, Alberto Meomartini – ma purtroppo, finché le imprese sono in mano alla mafia, funzionano e danno lavoro mentre dopo il sequestro muoiono”. Un po’ perché si tratta di scatole vuote, contenitori occupazionali finalizzati alla ricerca di consenso e silenzio, un po’ perché tra cattiva gestione e lungaggini burocratiche (circa 10 anni per sequestro, confisca, confisca definitiva e riallocazione) i beni perdono di valore e di interesse.

Da qui nasce l’iniziativa di Assolombarda, finanziata dalla due associazioni manageriali Aldai e Fonsai e realizzata in cooperazione con Fondazione Istud, Bocconi e LUISS. Un corso di cinque mesi, composto da 12 giornate d’aula e 30 di visita ai migliori esempi aziendali tra gli asset recuperati dalla mafia. Il risultato è stata la creazione di una white list di 63 manager, consegnata all’Agenzia nazionale per i beni confiscati, che affiancheranno gli amministratori giudiziari “in modo da valorizzare al massimo l’attività prima di decidere se liquidare, vendere o affittare l’azienda” spiega Mirella Caramazza, direttore generale di Assolombarda e project leader dell’iniziativa. Aggiunge Antonio Calabrò: “La sola amministrazione giudiziaria spesso non basta per sviluppare il mercato, trovare nuovi clienti, rinegoziare i debiti, ridefinire la strategia. Ecco perché crediamo molto in questa iniziativa – presentata nei giorni scorsi al Ministero dell’Interno per una modifica della legge sui curatori giudiziari – consapevoli del fatto che in assenza di interventi anche il sistema industriale lombardo rischia di essere travolto dalle infiltrazioni criminali.” La Lombardia è infatti la terza Regione italiana, dopo Sicilia e Calabria, per numero di beni confiscati alle organizzazioni criminali.

Il business dunque abbraccia il sociale per dare una seconda possibilità non solo al settore produttivo, fortemente inficiato in alcune Regioni dal network mafioso, ma anche alla forza lavoro coinvolta. I manager scelti sono persone attualmente in servizio presso altre aziende o semplicemente brillanti leader in cerca di una svolta di carriera, con maggiore attenzione alla legalità e il coraggio di accettare la sfida. Non pochi ma nemmeno troppo numerosi, i buoni esempi, come la metalmeccanica catanese Lara che oggi da lavoro a 60 persone e fattura 400mila euro l’anno o il palermitano hotel e centro congressi San Paolo Palace. Una goccia nel mare, che però lascia ben sperare.

Happy
Happy
0 %
Sad
Sad
0 %
Excited
Excited
0 %
Sleppy
Sleppy
0 %
Angry
Angry
0 %
Surprise
Surprise
0 %

Average Rating

5 Star
0%
4 Star
0%
3 Star
0%
2 Star
0%
1 Star
0%

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *