“Domenica no grazie”, i commessi scendono in piazza

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di Pierfrancesco Demilito

Un tempo eravamo abituati all’immagine dell’italiano che attendeva il fine settimana per godersi una bella gita fuoriporta o perlomeno impegnato nella preparazione di un pranzo a quindici portate da consumare in compagnia di parenti e amici. Volendoci allontanare dallo stereotipo dell’italiano godereccio avremmo immaginato un super tifoso con sciarpa e cappellino con i colori della squadra del cuore pronto per una domenica allo stadio con un panino sotto il braccio. Ma quell’Italia non c’è più o se c’è bisogna andare a cercarla con il lanternino. Ormai l’italiano attende la domenica per spingere carrelli trasbordanti alimenti in grandi centri commerciali, passeggiare trascinandosi dietro le buste dello shopping, cercare mobili dai nomi impronunciabili tra gli scaffali numerati di un enorme magazzino. Qualcuno ha mantenuto viva la tradizionale della gita domenicale, ma invece di dirigersi verso laghi o pinete trascorre ore negli outlet.

Questa è la nuova domenica degli italiani, o meglio dovremmo dire di una parte degli italiani, perché al contempo un’altra parte è stata costretta a smettere di pensare alla domenica come un giorno festivo o di riposo ma come un normale giorno di lavoro. Sono i commessi dei negozi, costretti a turni straordinari per permettere, spesso a grandi catene multinazionali, di vendere un maglione o un comodino in più. E così a meno di un anno dall’approvazione del decreto che consente ai negozi di restare aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, riprendono le proteste dei lavoratori, proteste che a dire il vero non si sono mai placate negli ultimi dodici mesi.

La protesta è iniziata lentamente su Facebook, con la nascita del gruppo “domenica no grazie”, che rapidamente ha spopolato e guadagnato aderenti ed è arrivata fino alla manifestazione di piazza. La deregulation recentemente introdotta – spiegano sul social network – avrebbe dovuto favorire nuove assunzioni e investimenti nel commercio, aspettative entrambe disattese. E così i dipendenti del settore si sono ritrovati a sopportare turni sempre più pesanti, senza ottenere in busta paga un adeguato corrispettivo. Denunciano che il loro lavoro domenicale non è pagato come straordinario. E così a fine mese lo stipendio aumenta solo di poche decine di euro, senza contare che nel settore sono in tanti a lavorare con contratti precari e per loro rifiutare il lavoro domenicale potrebbe portare ad un mancato rinnovo del contratto. E così, per poco meno di quindici euro, in tanti sono costretti a lavorare per due settimane consecutivamente con turni quotidiani massacranti, mettendo in secondo piano la vita privata e le famiglie.

E proprio per questo ieri i commessi hanno deciso di scendere in piazza con le mogli, i mariti e i figli al loro fianco. Tutti insieme hanno sfilato per le vie del centro di Treviso, mentre a Firenze, Padova, Modena e Benevento hanno dato vita a sit in e a presidi informativi nei parcheggi dei centri commerciali in cui lavorano. Per ora da internet chiedono nuove assunzioni, una maggiore gratificazione per il lavoro domenicale e festivo, orari e turnazioni più adeguate e la possibilità di gestire le domeniche su base volontaria e possibilmente senza il ricatto occupazionale. Ma presto potrebbero ricevere molto di più dalla Corte Costituzionale, ovvero la cancellazione della deregulation che permette agli esercizi commerciali di avere libertà di orario. Entro novembre, infatti, è atteso il giudizio della Consulta che a seguito di un ricorso presentato dalle regioni Lazio, Lombardia, Veneto e Piemonte dovrà valutare l’incostituzionalità del provvedimento.

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