Il Time incorona the Protester uomo dell’anno

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di Daniela Silva

Uno tra i settimanali d’informazione statunitense di politica ed economia più longevi, il “Time” è noto  in tutto il mondo anche grazie alla copertina del primo numero del mese di dicembre, che elegge l’Uomo dell’Anno, da qualche anno divenuto Persona dell’Anno, ossia l’individuo o il gruppo di persone che ha avuto maggiore influenza sulle notizie dell’anno appena trascorso.

Il primo Man of the Year, nel 1927, fu  Charles Augustus Lindbergh, famoso aviatore statunitense. Il settimanale, però, ha sempre spaziato molto nelle sue scelte, tanto che nel 2006 ha compiuto una scelta particolare, quella di eleggere Person of the Year i navigatori di Internet. Nel 2008, invece, la scelta è ricaduta su Barack Obama, per passare lo scorso anno a Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook.

Quest’anno ad attirare l’attenzione del “Time” è stato il manifestante, o meglio “The Protester”. La scelta, spiega il settimanale sul suo sito online, è stata fatta perché, un anno dopo che un venditore di frutta tunisino si è dato fuoco, il dissenso si è diffuso in tutto il Medio Oriente, in Europa e Stati Uniti, rimodellando la politica mondiale e ridefinendo il potere dei popoli’. Nella copertina è ritratta, infatti, una persona con il volto e la testa coperti da una sciarpa che lascia scoperti solo gli occhi, in stile arabo. Largo spazio, quindi ai ragazzi che scendono in piazza, da Tunisi a il Cairo, ma anche ad Atene e Wall Street, senza tralasciare i recenti scontri a Mosca, persone che hanno letteralmente cambiato il mondo. Il settimanale ha, inevitabilmente, dedicato anche vari servizi a quanto accaduto nel corso dell’anno,  ripercorrono anche le varie proteste, nonché gli scontri. Nei servizi poi si ricorda, infatti, il preludio delle rivoluzioni e che tutto è iniziato in Tunisia, si racconta l’evoluzione dalla primavera araba e si sottolinea che la storia spesso emerge solo in retrospettiva.

In un comunicato, il direttore di Time Rick Stengel si chiede se realmente ci sia un punto di svolta per la frustrazione. Dovunque sembra che la gente dica di averne abbastanza. Ha poi sottolineato che i manifestanti, almeno questi dissentono, chiedono, ma non spariscono, anche quando le domande tornano indietro sotto forma di una nuvola di gas lacrimogeno o di una selva di proiettili. Hanno letteralmente abbracciato l’idea che le azioni individuali possono portare a cambiamenti collettivi e colossali. Il direttore ha, inoltre, sottolineato che, anche se era intesa in maniera diversa, in luoghi diversi, comunque l’idea di democrazia era presente in ogni incontro. E ancora evidenzia come nessuno poteva immaginare che l’azione estrema di un venditore di frutta tunisino, di una città che a malapena sappiamo collocare sulla cartina geografica, di darsi fuoco in piazza, avrebbe provocato proteste tali da far crollare i dittatori al governo da anni in Tunisia, Egitto e Libia e avrebbe suscitato reazioni in Siria, Yemen e Bahrain. O che quello spirito di dissenso avrebbe dato sollecitato i messicani a sollevarsi contro il terrore dei cartelli della droga, i greci a marciare contro i leader irresponsabili, gli americani a occupare spazi pubblici per protestare contro le disuguaglianze di reddito, e i russi a protestare contro democrazia corrotta.

Nel suo editoriale Stengel  spiega la scelta di porre il manifestante in copertina sottolineando che ovunque, nel corso di questo 2011, le persone si sono lamentate per la mancanza di una leadership tradizionale e per la mancanza di responsabilità da parte delle istituzioni. I politici non hanno fatto altro che puntare a vincere le prossime elezioni, rifiutandosi di mettere in campo anche scelte difficili. E’ questa la ragione per cui il Time non ha indirizzato la scelta verso un unico individuo, ma ha preferito piuttosto selezionare la vera leadership di quest’anno, una leadership che è venuta dal basso e non dai piani alti della piramide.

Alla luce di ciò, sembra efficace concludere prendendo in prestito una frase con cui Stengel ha aperto il suo editoriale “Gli eventi diventano significativi solo quando li guardi a posteriori”.

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