Consumi e pressione fiscale: ritorno al passato

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di Francesco Galati

In questo primo mese del 2013 l’Istat diffonde i dati consuntivi per ciò che riguarda spese per consumi e pressione fiscale, i dati purtroppo non sono incoraggianti.

In Italia, nel 2012, la pressione fiscale ha sfiorato il 42% del PIL, ponendoci al quinto posto su base europea. Meglio di noi, si fa per dire, solamente i cugini d’oltralpe, il Belgio e gli onnipresenti, però anche positivamente quando si parla di welfare, paesi del Nord Europa.

L’Italia quindi a fronte di una fortissima pressione fiscale paga lo scotto di consumi in flessione, del 4% su base annua, mai così male dalla fine del secondo conflitto mondiale. Com’è facile intuire la combinazione di due dati così negativi influisce sull’intero sistema-paese: consumi in calo, pressione fiscale e non da ultimo aumenti delle aliquote IVA, portano a una stagnazione (parziale) del mercato, sfiduciando i consumatori e i piccoli imprenditori.

La rivolta delle associazioni – Confcommercio è sul piede di guerra soprattutto per ciò che riguarda l’aumento (ulteriore) dell’aliquota IVA al 23% previsto per ottobre, numerosi studi parlano di cali nelle vendite stimati tra i cinque e i sette miliardi di euro (fonti Confcommercio); il settore automobilistico e turistico saranno probabilmente quelli maggiormente coinvolti nella criminosa azione che dal 2012 si sta perpetrando nei confronti del consumo e dei consumatori.

Aspettative per il 2013 – Non resta che sperare che a seguito delle elezioni cambi qualcosa in questa politica di rientro del deficit imposta dall’Europa al nostro paese. È questo un obiettivo certamente importante, ma altrettanto importante sarebbe valutare il modo in cui raggiungere gli obiettivi, spesso prefissati con considerazioni e tempistiche basate sul lungo termine ma poi perseguiti, nel bene e nel male, con modalità che ricordano la caccia alle streghe e con tempistiche da guerra lampo.

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