Il caso dei Fidanzatini di Policoro, nasce il Comitato “Non archiviamo la giustizia”

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di Lucia Varasano

Quasi seicento membri in meno di venti giorni, duecento adesioni iniziali e tra i promotori figurano coloro che nel 2010 raccolsero 1300 firme per dire no all’archiviazione del caso dei Fidanzatini di Policoro. Nasce così, il comitato “Non archiviamo la Giustizia” per sensibilizzare l’opinione pubblica e far luce sul giallo in terra lucana che sconvolse i cittadini della città ionica sul finire degli anni ‘80. Un mistero non ancora risolto, chiuso subito come incidente domestico senza alcuna autopsia ma in base solo ad un’ispezione cadaverica, è stato più volte riaperto e deve far fronte ora  alla sesta richiesta di archiviazione avanzata dal P.M. Rosanna De Fraia al G.I.P. del Tribunale di Matera, Rosa Bia.

Luca Orioli e Marirosa Andreotta, poco più di vent’anni, furono trovati morti il 23 marzo 1988 nel bagno di casa della ragazza, in circostanze ancora da chiarire. Sono passati ventiquattro anni infatti tra perizie e false perizie accertate, riesumazioni e indagini parallele, come quella condotta da De Magistris, che riaprì l’inchiesta nell’ambito delle cosiddette “toghe rosse lucane” (archiviata poi per “l’impianto lacunoso”). Sulle cause del decesso è stato detto praticamente tutto, morti folgorati in acqua da una stufetta elettrica, per elettrolocuzione, avvelenamento da monossido di carbonio fuoriuscito da una caldaia.

Quest’ultima è l’ipotesi condivisa nel 2011 dall’ultima perizia autoptica del prof. Francesco Introna -anatomopatologo dell’Università di Bari- definita “antiquata” e fortemente contrastata da un pool di consulenti del controesame facente capo a Cosimo Loré- medico legale e criminologo dell’Università di Siena- accettata dalla famiglia di Marirosa ma non dalla famiglia di Luca e da mamma Olimpia che continua a cercare assieme a Libera Basilicata la verità di quella tragica notte.

Tanti sono i punti di domanda avanzati da don Marcello Cozzi, referente in Basilicata dell’associazione Libera, dalla posizione dei cadaveri (da cui potrebbero scaturire almeno due scene differenti come emerge dalle testimonianze) alla mancanza degli accertamenti post-mortem, dalle intercettazioni mai ben valutate alle foto taroccate che fanno pensare ad una manomissione del luogo del ritrovamento, dagli orari dei verbali che non coincidono con la realtà di quella notte alla lettera di Marirosa in cui molti ravvedono la motivazione dell’omicidio.

L’esigenza di un comitato nasce «per supportare nella ricerca della verità l’instancabile “mamma Olimpia”- si legge dal comunicato stampa- i cittadini stanchi di non avere risposte certe ai tanti dubbi sollevati e a quelli relativi alla scena del ritrovamento dei due corpi e alla dinamica della morte dei due ragazzi». Sono previste iniziative pubbliche, banchetti per la raccolta delle adesioni, sit-in e atti dimostrativi , intanto è possibile aderire al gruppo “Non archiviamo la Giustizia” su  Facebook.

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