Amarcord: Bari, come sfiorare la finale di Coppa Italia dalla serie C

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Le imprese sfiorate lasciano spesso l’amaro in bocca, ma diventano allo stesso tempo leggende intramontabili, narrate negli anni da chi ha avuto il privilegio di viverle e di rendersi conto in prima persona di quella storia incompiuta ma capace di trasformare le lacrime in mito. E’ la storia del Bari 1983-84, una squadra che si è fatta largo dalla serie C all’anticamera della finale di Coppa Italia.

Nell’estate del 1983 a Bari c’è grande subbuglio: la formazione biancorossa è appena retrocessa dalla serie B in serie C, creando malumore e sconforto nella tifoseria pugliese. Al timone della società, poi, ecco la successione tra fratelli, con Vincenzo Matarrese a sostituire Antonio, proclamando immediatamente propositi di risalita. L’obiettivo è naturalmente quello di riconquistare la serie B appena perduta, in panchina arriva Bruno Bolchi, mentre l’organico presenta uomini che diventeranno leggenda del futuro Bari in serie A come ad esempio Angelo Terracenere, o acquisti di spessore come il portiere Paolo Conti ed il regista Antonio Lopez, tornato a Bari dopo 10 anni. In squadra anche il centrocampista Franco Baldini, divenuto poi negli anni assai più famoso come dirigente, il difensore Alberto Cavasin (che curiosamente da allenatore farà le sue fortune guidando i nemici del Lecce) e gli attaccanti Galluzzo e Messina, acquistati rispettivamente da Spal e Modena. Gli ingredienti per disputare una stagione di primo livello, insomma, ci sono tutti e Bolchi si dice fiducioso per un’annata da protagonisti che partirà in agosto con la Coppa Italia, manifestazione a cui il Bari parteciperà con doppio impegno, da una parte quella assieme ai club di serie A e di serie B, dall’altra quella di categoria, riservata alle società di serie C.

I biancorossi vengono inseriti nel gruppo 2, composto da 6 squadre: oltre agli uomini di Bolchi, del raggruppamento fanno parte anche Juventus, Lazio, Taranto, Perugia e Catanzaro. Il 21 agosto 1983 il Bari esordisce in Coppa Italia nel derby dello stadio Iacovone contro il Taranto vincendo per 1-0 grazie alla rete di De Trizio all’85’, mentre tre giorni più tardi ospita in casa la Juventus in una gara che rimarrà memorabile: i pugliesi vanno in vantaggio per 2-0 con la doppietta di Messina e resistono sino all’85’ quando Cabrini accorcia le distanze prima del pareggio di Platini proprio al 90′. Al Bari restano i complimenti e la possibilità di far strada in coppa, anche perché nel terzo turno del girone la squadra di Bolchi pareggia per 0-0 a Perugia e replica con lo stesso punteggio anche la sfida casalinga contro la Lazio e quella di Catanzaro, un pareggio che consente al Bari di passare il turno con 6 punti, gli stessi della Juve, uno in più rispetto a Lazio, Perugia e Catanzaro. E’ l’inizio di settembre, per la compagine barese la parentesi di Coppa Italia va in letargo sino a febbraio ed inizia il campionato dove i biancorossi fanno subito la voce grossa, in particolar modo con la coppia d’attacco Messina-Galluzzo che nella sola prima parte del torneo mette a segno 13 reti complessive che consentono alla squadra di issarsi in prima posizione.

Il 5 febbraio 1984 il Bari vince 2-1 a Salerno, antipasto degli ottavi di finale di Coppa Italia da disputare ancora contro la Juventus. Stavolta non è un girone, stavolta contano i gol e le vittorie, per di più contro la squadra che sta dominando la serie A; cosa può opporre una formazione di serie B contro la capolista del massimo campionato? Basteranno entusiasmo e grinta per contrastare lo squadrone di Trapattoni? I giornali parlano di allenamento per i bianconeri e di disinteresse da parte del Bari, anche perché lo stesso Bolchi è cauto nelle dichiarazioni pre partita in cui non snobba certo la competizione ma lascia trapelare come il campionato sia l’obiettivo numero uno della sua squadra. L’8 febbraio un freddissimo Comunale di Torino manda in scena Juventus-Bari: neanche 10.000 spettatori, del resto si gioca alle 3 di pomeriggio in un giorno feriale e la Coppa Italia storicamente lascia gli italiani abbastanza disinteressati. Dal torpore generale esce tuttavia dopo 27′ Gabriele Messina: l’attaccante pugliese riceve palla dalle retrovie dopo un errore in appoggio di Gentile, scatta verso la porta e trafigge Tacconi per l’1-0 dei suoi. La Juve appare notevolmente deconcentrata, ma nel secondo tempo tira fuori un po’ di orgoglio e al 65′ pareggia con Scirea; l’1-1 starebbe pure bene al Bari che però proprio al 90′ agguanta il colpaccio con Lopez che, ritrovatosi a tu per tu con Tacconi, lo beffa con un astuto pallonetto. La festa è enorme, nonostante da giocare ci sia ancora la sfida di ritorno due settimane più tardi.

Sarà forse un caso, ma il Bari proprio in concomitanza della gara di coppa con la Juve perde il derby di Casarano per 2-0, preparandosi all’appuntamento con i campioni juventini del 22 febbraio, sempre alle ore 15 allo stadio della Vittoria. La gara è al cardiopalma: un rigore di Messina porta avanti i biancorossi al 22′, poi la Juventus capovolge tuto segnando al 54′ con Platini e all’80’ con Tardelli: 1-2 e supplementari ad un passo. Al 90′, però, come all’andata, il Bari trova il guizzo decisivo con un altro rigore, stavolta trasformato da Lopez che diventa così la bestia nera dell’anno per la Juventus e regala al Bari il 2-2 e la clamorosa qualificazione ai quarti di finale a cui peraltro la squadra di Bolchi potrà pensare addirittura a giugno e a campionato ormai concluso. Questo fattore diventa probabilmente decisivo per i biancorossi che prima acciuffano la promozione in serie B grazie ad un girone di ritorno con 7 vittorie, 7 pareggi ed appena 3 sconfitte, sancita domenica 27 maggio col 3-1 in casa sul Benevento, quindi possono preparare la parte finale della Coppa Italia senza aver nulla da perdere e con addosso l’euforia per la serie B ritrovata e per un’annata che da trionfale può diventare addirittura leggendaria. Bolchi riconosce che ormai tutto può accadere, lascia i suoi calciatori liberi di provare a raggiungere l’impresa, ma allo stesso tempo li motiva, del resto siamo a giugno, la stanchezza e il caldo possono far saltare il banco e proprio su questo aspetto il tecnico nativo di Milano cerca di far leva.

Il 7 giugno 1984 si gioca Bari-Fiorentina, andata dei quarti di finale: fa caldo, tanto caldo, le due squadre si studiano, viaggiano al piccolo trotto, soprattutto i viola che dopo appena 4 minuti si ritrovano già sotto di un gol, firmato da Messina. Ad inizio ripresa la Fiorentina pareggia con Oriali, ma il Bari è talmente coriaceo e determinato che a 5′ dalla fine raccoglie il meritato 2-1 grazie a Galluzzo che permette ai biancorossi di andare a Firenze con due risultati su tre a disposizione. Il 10 giugno allo stadio Franchi la Fiorentina si gioca la faccia e segna dopo un quarto d’ora con Passarella; il Bari non si perde però d’animo, tesse con calma la sua tela e al 25′ ha già pareggiato col difensore Guastella. I toscani si gettano all’attacco, ma Bolchi sa che più passa il tempo e più le forze verranno a mancare, con la conseguenza che i suoi calciatori diventano i favoriti ogni minuto di più. Al 66′, poi, il centrocampista Acerbis, il più taciturno del gruppo barese, trova la rete del 2-1 che spegne definitivamente le velleità della Fiorentina ed alimenta il sogno del Bari che si ritrova meritatamente in semifinale da squadra di serie C, un cammino storico che tutti i giornali si affrettano a celebrare. Qualcuno a Bari ci tiene a sottolineare che in fondo ormai la squadra è da considerarsi di serie B, ma la realtà è che la marcia degli uomini di Bolchi è partita da lontano, una rincorsa iniziata in estate e che si sta chiudendo trionfalmente a quasi un anno di distanza. Tra il Bari e la finale c’è ora l’ostacolo Verona, astro nascente della serie A che un anno più tardi festeggerà il suo incredibile scudetto, e poi nell’eventuale finale la vincente dell’altro confronto tra Roma e Torino.

Il 13 giugno lo stadio di Bari è un catino infuocato che vuole spingere i beniamini locali verso un traguardo clamoroso, ma il Verona è un osso duro, ha probabilmente studiato la tattica dei biancorossi e non si lascia intimidire né dal frastuono, né dal tifo e neanche dai calciatori del Bari che incontrano non poche difficoltà davanti all’undici di Bagnoli che colpisce per due volte già nel primo tempo con Jordan e Iorio. Il gol di Galluzzo al 63′ rinvigorisce i pugliesi, ma il risultato non cambierà più e la strada verso la finale si fa assai in salita. Recuperare a Verona l’1-2 casalingo sembra come scalare l’Everest per i biancorossi che, oltretutto, si presentano allo stadio Bentegodi il 16 giugno con numerose defezioni. Bolchi fa quel che può, manda in campo una formazione raffazzonata, prova ad attaccare subito un Verona molto in palla; la resistenza barese dura 38 minuti, fino alla rete del vantaggio veneto firmata da Galderisi. Il resto è accademia o poco più: il Bari pareggia con Messina ad inizio ripresa, ma l’illusione dura tre minuti, il tempo del 2-1 di Volpati, quindi ecco la terza rete di Galderisi che scrive la parola fine sulla qualificazione e sull’avventura del Bari che resta comunque eccezionale. La squadra di Bolchi esce dal campo con la testa china, la delusione è forte perché la sensazione è di aver compiuto un’impresa a metà, anche se la realtà dice che una squadra di serie C ha raggiunto la semifinale di Coppa Italia eliminando squadre come Juventus e Fiorentina, giocando a viso aperto contro chiunque e mostrando all’Italia intera che anche la vituperata coppa nazionale può far emozionare.

Il sipario sul cammino del Bari cala sino alla primavera del 2016 quando un’altra compagine di serie C ripercorre le gesta dei pugliesi: l’Alessandria di Angelo Gregucci, infatti, elimina in sequenza AltoVicentino, Pro Vercelli, Juve Stabia, ma soprattutto Palermo e Genoa, entrambe militanti in serie A, ed ai quarti di finale lo Spezia, formazione di serie B. L’Alessandria raggiunge così la semifinale, proprio come quel Bari, imitando i biancorossi anche nella sconfitta, patita per mano del Milan che elimina i piemontesi spezzando il loro sogno proprio ad un passo dalla finale. A Bari possono aver capito la delusione dell’Alessandria, a Bari sanno cosa vuol dire, perché quell’impresa ormai datata e con i colori sbiaditi dal tempo rappresenta ancora una delle pagine più gloriose della storia barese, mettendo in secondo piano anche una sconfitta che, per una volta, profuma quasi di vittoria.

di Marco Milan

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