Amarcord: Andreas Andersson, l’attaccante che a Milano conquistò solo le ragazze

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Li chiamano bidoni, o meteore se l’appellativo vuole essere più gentile. Parliamo di quei calciatori che scelgono e vengono scelti per giocare in un nuovo campionato e finiscono presto o tardi nel dimenticatoio, spesso insultati e sbeffeggiati da quegli stessi tifosi che li avevano acclamati. Ad Andreas Andersson, attaccante svedese degli anni novanta e duemila, è successo qualcosa di simile anche se con qualche sfumatura molto particolare.

Andreas Andersson, nato a Stoccolma il 10 aprile 1974 e cresciuto nella formazione svedese del Tidaholms, si mette in mostra sempre in patria nel Degerfors, prima di essere acquistato nel 1996 dal Goteborg, all’epoca dominatrice assoluta del campionato scandinavo. La prima stagione di Andersson a Goteborg è sfavillante: l’attaccante si mette in mostra realizzando 19 reti e contribuendo notevolmente al successo nazionale dei biancoblu che giocano anche la Coppa dei Campioni 1996-97 affrontando il girone di qualificazione assieme a Porto, Rosenborg e Milan; proprio a San Siro, Andersson attira l’attenzione dei rossoneri per le sue doti fisiche e tecniche. Lo svedese è un centravanti alto (1 metro ed 86), bravo di testa ma anche discretamente dotato tecnicamente, sa fare gol ma giocare pure coi compagni, dialogare con loro, aprire spazi. Di lui si innamora Fabio Capello che nella primavera del 1997 sa già che lascerà il Real Madrid per tornare al Milan dopo una sola stagione di esilio e che chiederà proprio la punta del Goteborg come primo rinforzo per la sua squadra in vista della stagione 1997-98.

Silvio Berlusconi accontenta in tutto e per tutto il suo nuovo-vecchio allenatore pur di ricostruire un Milan sprofondato in undicesima posizione al termine della serie A 1996-97. Il presidente milanista vuole riportare in alto i rossoneri, ha richiamato in panchina l’allenatore dei 4 scudetti in 5 anni e non vuol badare a spese in sede di calciomercato; acquista il centravanti Patrick Kluivert, astro nascente del calcio olandese, che assieme a George Weah dovrebbe formare una delle coppie gol più forti del campionato, mentre la punta di riserva è proprio Andreas Andersson che il Milan preleva dal Goteborg per 3 miliardi lire, una cifra tutto sommato contenuta per i prezzi degli anni novanta. Il 16 giugno lo svedese sbarca a Milano fra il tripudio delle tifose rossonere che ammirano la bellezza estetica di questo ragazzone alto quasi 1 metro e 90, coi capelli biondi tagliati a caschetto, gli occhi azzurri e il viso che fa innamorare le più giovani sostenitrici del Diavolo. In molte, fra le più giovani, lo paragonano a Nick Carter, cantante dei Backstreet Boys, boy band americana parecchio in voga in quel periodo. Andersson rilascia poche ma decise dichiarazioni e a chi gli ricorda quanto bene abbia fatto in maglia rossonera un altro attaccante svedese, Gunnar Nordahl, detentore del maggior numero di reti segnate con la maglia del Milan, risponde: “Spero di fare anche meglio di lui”.

L’ex Goteborg sa di partire dietro a Kluivert e a Weah nelle gerarchie di Fabio Capello, ma è convinto di avere le carte in regola per giocarsi le sue possibilità ed affermarsi in un calcio difficile e competitivo come quello italiano. Capello gli riserva parole di grande stima, lo pungola e lo invoglia in allenamento, ma la stagione del Milan parte male: i rossoneri superano il primo turno di Coppa Italia eliminando la Reggiana con Andersson che gioca titolare ma non tocca quasi mai la palla; in campionato, gli uomini di Capello pareggiano le prime due partite contro Piacenza e Lazio, perdono a Udine la terza e in casa col Vicenza la quarta (giorno in cui Andersson esordisce in serie A entrando nella ripresa e sfiorando il gol di testa), ritrovandosi dopo un mese di campionato con 2 punti in classifica ed in piena zona retrocessione. Il 5 ottobre 1997 il Milan scende in campo ad Empoli per il quinto turno di campionato e la situazione di classifica gli impone la vittoria per non sprofondare in una crisi profondissima ed irreversibile; Capello manda in campo in attacco Boban alle spalle della coppia Kluivert-Weah che finora ha fatto vedere il peggio del proprio repertorio con un solo gol all’attivo in due. Nel primo tempo sono i toscani di Spalletti a sfiorare il gol a ripetizione, mentre i rossoneri si limitano alle ripartenze pur andando vicini al vantaggio con una zampata di Weah che scheggia la traversa. Nella ripresa, attorno al quarto d’ora, Andersson prende il posto dell’evanescente Kluivert e si rende subito pericoloso intervenendo in scivolata su un cross dalla sinistra di Ziege con palla che finisce alta. Passano pochi istanti e accade l’imponderabile: Boban scodella una palla al centro dell’area, troppo alta e lunga per i compagni, il portiere dell’Empoli Pagotto (in prestito in Toscana proprio dal Milan) abbranca la sfera in presa ma per troppa sicurezza se la lascia sfuggire goffamente, finisce a terra e favorisce l’irruzione di Andersson che di testa mette dentro a porta vuota.

E’ l’1-0 e sarà il gol partita, il primo successo del Milan in campionato, la panchina di Capello salva ed una settimana di tranquillità per l’intero ambiente, il tutto grazie a quell’attaccante svedese di scorta che ha tolto le castagne dal fuoco nel momento più delicato. Il tecnico milanista gongola a fine gara e si gode il suo pupillo, sfornando sorrisi a 32 denti in conferenza stampa, mentre al ritorno a Milano le tifose innamorate attorniano lo svedese che oltre ai complimenti intasca pure qualche bacio imprevisto. Ora anche il popolo milanista spera che quel gol fortunoso ma importantissimo svegli e sblocchi definitivamente un calciatore che qualche qualità dovrà pure averla. Non sarà così, anzi, Andersson finirà col perdersi ancora di più, incartandosi su sè stesso e fornendo prestazioni anche peggiori di quelle di Kluivert che mai riuscirà a mostrare il suo talento in serie A. Il 30 novembre a San Siro si gioca Milan-Juventus: stadio esaurito, Milan che cerca l’ennesima svolta stagionale; segnano i rossoneri grazie ad un’autorete di Ciro Ferrara, pareggiano i bianconeri con Filippo Inzaghi, a causa pure di un terribile errore del portiere Taibi che da lì in poi verrà accantonato a favore dell’ennesimo ritorno di Sebastiano Rossi. Il Milan vuole vincere, Capello manda in campo Andersson che a pochi minuti dalla fine ha la palla buona per il 2-1: Boban serve lo svedese con una palla rasoterra filtrante che lo mette a tu per tu con Peruzzi; un’occasione semplice, il pallone andrebbe alzato e spedito in rete col portiere già sdraiato a terra in uscita disperata, ma Andersson calcia debolmente addosso ad un Peruzzi quasi incredulo e spreca malamente l’opportunità di cambiare la partita, la sua stagione e quella del Milan intero. Stagione che invece sancirà il capolinea della carriera dell’attaccante scandinvavo ad alti livelli, poichè il gol mangiato contro la Juve lo relegherà a panchina fissa nonostante il Milan segni poco pure coi titolari, andandosi a sommare alle pessime prestazioni offerte in Coppa Italia da un centravanti che non è capace di imporsi e di tirar fuori carattere e personalità. Nel calciomercato di gennaio i rossoneri arrivano a due punte italiane, Ganz e Maniero, e gli spazi per Andersson si chiudono definitivamente. Dopo una veloce trattativa con Arsenal e Chelsea, lo svedese si accasa al Newcastle per 9 miliardi, fornendo al Milan pure una discreta plusvalenza e lasciando l’Italia senza gloria, con una rete all’attivo e tanti rimpianti.

Andreas Andersson si ritirerà dal calcio giocato a soli 31 anni nel 2005 dopo la pessima esperienza inglese (4 gol in 2 stagioni a Newcastle) ed un discreto ritorno in patria nelle file dell’AIK Solna (25 reti in 6 anni), ma con un martirio infinito causato da problemi alle ginocchia e da continue operazioni. I tifosi milanisti conservano di lui un ricordo flebile, le sue apparizioni hanno lasciato pochissime tracce ed i suoi sostituti Ganz e Maniero hanno combinato assai più di lui, pur non essendo dei fuoriclasse autentici; nessuno a Milano ha guardato con rammarico alla partenza dello svedese, sedotto ed abbandonato anche da quel Capello che tanto lo aveva desiderato. Per buona pace di tutte quelle regazzine milanesi che riempivano i loro diari di scuola con foto e cuoricini raffiguanti quel calciatore bello ma inconcludente; almeno a qualcuno, insomma, l’Andersson milanista è piaciuto.

di Marco Milan

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