Grace di Monaco. La principessa rivive al cinema con Nicole Kidman

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di Annalisa Gambino

In contemporanea con la sessantasettesima edizione del festival di Cannes esce nelle sale cinematografiche italiane Grace di Monaco di Olivier Dahan.

Il film, che doveva essere distribuito lo scorso marzo, ha trovato la sua naturale collocazione inaugurando la prestigiosa Croisette francese.

Nicole Kidman è Grace Kelly, la celebre diva diventata principessa. Il nucleo principale del film si basa sulla contrapposizione tra i desideri dell’attrice e gli obblighi della principessa.

Il biopic di Dahan, tuttavia, fornisce una visione travisata della realtà e proprio per questo il regista è stato criticato dalla famiglia Grimaldi. Il principe di Monaco ha definito il film addirittura “una farsa dalla natura di pura fiction”. Diversi sono gli episodi che tradiscono la storia come ad esempio l’incontro a palazzo tra l’attrice e Hitchcock, il colorito scontro verbale tra Grace e la sorella del principe, le accuse di tradimento di quest’ultima e infine si è esagerato sul ruolo diplomatico di Grace Kelly nell’affaire De Gaulle.

A quanto dicono i reali anche la visione di Grace come una prigioniera del palazzo che cerca in Marnie una via di fuga è pura invenzione, la principessa e Ranieri erano molto in sintonia, c’era una grande complicità e comprensione, tant’ è che il principe dopo la morte della moglie non si è più risposato.

L’eroina indiscussa è la Kidman che seppur con fatica riesce a dare spessore alla sua Grace.

I momenti più piacevoli sono quelli privi dell’atmosfera patinata e pesante degli incontri ufficiali a favore di quei momenti che mostrano la Grace attrice e la magia del set.

Dahan si muove nel rischioso territorio di confine tra nostalgia e classicismo. Le linee narrative politiche e familiari si sovrappongono tra loro e discostano l’attenzione dalle problematiche interiori della protagonista. Quello che ne emerge è quadro disordinato che mescola intrighi di corte e giochi di potere con l’insofferenza personale di Grace. I personaggi che fanno da contorno sono molteplici e poco analizzati. Deludente a questo proposito l’interpretazione di Tim Roth che appare piatta e scontata. Ma la cosa peggiore è che, in tutto questo va e vieni di personaggi e di cerimonie, lo spettatore perde di vista il plot pricipale: maturazione della nostra protagonista che, da diva hollywoodiana criticata per i suoi look e comportamenti “moderni”, si trasforma nella principessa amata e stimata dal suo popolo.

La sensazione è quindi quella di un qualcosa non proprio finito. Dopo la visione resta l’insoddisfazione per non aver assistito a una biografia in stile vintage di Grace Kelly che sarebbe stata molto più interessante ed emozionante.

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