Taranto: tv per il processo Scazzi. E per l’Ilva che inquina?

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di Pierfrancesco Demilito

Non è facile avere vent’anni negli anni duemila e ancora più difficile è averli a Taranto, perché in questa città per garantirsi un futuro i ragazzi non devono combattere solo contro la precarietà, ma anche contro un mostro che inquina e fa ammalare. Taranto, infatti, è una città che per cinquant’anni ha sonnecchiato accovacciata ai piedi del più grande impianto siderurgico d’Europa, lo stabilimento Ilva. Per anni la città ha tollerato gli altissimi livelli di inquinamento, in cambio del lavoro per i suoi figli. Negli ultimi anni, però, le cose sono cambiate. Il lavoro offerto dall’Ilva è calato sensibilmente e i casi di tumore nel capoluogo sono aumentati. In questo scenario l’attivismo di un gruppo sempre più numeroso di giovani ha fatto sì che la città iniziasse un lento risveglio da quel lungo sonno.

Tutto è iniziato con una frase semplice: “Ti svegli la mattina e respiri la diossina”, una frase stampata su centinaia di manifesti e striscioni e affissa negli angoli più in vista della città. Così la cittadinanza è stata messa d’avanti al problema, il resto lo hanno fatto le decine di associazioni attente al tema dell’inquinamento, i giovani attivisti del centro sociale “Clororosso” e le numerose campagne di sensibilizzazione promosse da varie realtà.

Nonostante questo fermento, e anche se la diossina sputata dalle ciminiere dell’Ilva inquina non solo Taranto ma tutta l’Italia, i media nazionali, salvo sporadiche eccezioni, non hanno trovato particolarmente interessante la vicenda del capoluogo pugliese, relegandola al rango di notizia locale. Proprio per questo, in occasione dell’apertura del processo Scazzi lo scorso 10 gennaio, un gruppo di giovani di Ammazza che piazza, ha deciso di compiere un’azione clamorosa. In quelle ore la città era invasa da giornalisti e telecamere provenienti da tutta Italia, giunti per raccontare i dettagli anche più marginali di quell’udienza: le espressioni del volto degli imputati, come i Misseri si sono disposti all’interno della cella di sicurezza e chi hanno cercato o sfuggito con lo sguardo. E così quei ragazzi hanno deciso di sfruttare l’occasione per far tornare l’attenzione sul tema dell’inquinamento. Alle spalle dei giornalisti, durante i collegamenti in diretta, hanno srotolato un grande striscione con su scritto: “Sulla morte di Sarah avete speculato, ma del nostro inquinamento non avete mai parlato”. Una manifestazione pacifica che però è costata, ad uno degli attivisti, una denuncia per manifestazione non autorizzata.

Al movimento, attraverso Facebook, sono arrivate centinaia di attestazioni di solidarietà e dallo stesso social network, dopo l’azione al tribunale, gli attivisti hanno diffuso una lettera aperta alla cittadinanza. Una missiva in cui pongono una domanda: “Perchè ai casi di cronaca nera si dedicano le aperture di Tg e quotidiani e ai morti per inquinamento non si lascia nemmeno lo spazio di un trafiletto in ultima pagina?”. Una domanda a cui i direttori dei principali media nazionali dovrebbero dare una risposta.

Fonte foto: inchiostroverde.it

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