Le elezioni brasiliane tra i Mondiali di calcio e Rio 2016

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DilmaRousseffdi Azzurra Petrungaro

Sono passati cinquecentoquattordici anni da quando Pedro Alvares Cabral giunse in terra brasiliana alla testa di una spedizione portoghese e scoprì ufficialmente quello che oggi viene annoverato tra i paesi più grandi del mondo, il quinto per esattezza. Il Brasile vanta una superficie di oltre otto milioni e mezzo di chilometri quadrati. Un territorio sconfinato per i colonizzatori dell’epoca, un tesoro territoriale inestimabile da conquistare. Questo più o meno dovrà essere stato il pensiero di Giovanni III, re del Portogallo, quando nel 1534 iniziò la spartizione della nuova colonia tra i suoi donatários. Circa cinque secoli dopo quella stessa terra diviene il centro dell’attenzione mondiale e questo, molto probabilmente, Giovanni III non l’avrebbe mai immaginato.

Nel 2001 Jim O’Neill conia il termine BRIC, un acronimo che racchiude in nomi delle potenze economiche emergenti e in via di grande sviluppo, il Brasile ne è il capofila prima di Russia, India e Cina.

Dopo quasi tre lustri la Repubblica Federativa più grande del Sud America si ritrova con gli occhi dell’opinione pubblica mondiale puntati addosso, insieme a una quantità industriale di telecamere, webcam, microfoni e macchine fotografiche. La Confederations Cup del 2013, i Mondiali appena iniziati e le Olimpiadi di Rio 2016. Nel mezzo, il prossimo 5 ottobre, cento milioni di brasiliani dovranno scegliere un nuovo presidente e dei nuovi governatori. Solo nel 2009 Barack Obama definì l’allora presidente Lula con l’espressione “this is the man”, durante un vertice del G20, sull’onda galvanizzata stampa mondiale, le aspettative riguardo il Brasile erano all’acme e tutto era ancora da fare.

A pochi giorni dall’inizio della Coppa del Mondo l’immagine del nuovo e rampante Brasile appare profondamente smitizzata, o meglio, come al solito l’opinione pubblica ha sopito l’iniziale e ingombrante entusiasmo mostrato negli scorsi anni, quando le grandi imprese da realizzare si sono scontrate con la realtà della loro messa in atto.

Fra dilagante corruzione, ritardi nelle consegne, crolli imprevisti, violente proteste di piazza e l’esteso malcontento della popolazione, ancora una volta è stato dimostrato che le grandi manifestazioni di interesse globale, non risolvono i problemi di una nazione, ma ne mostrano i nervi scoperti e le problematiche ancora irrisolte, è un ciclopico carrozzone cieco e sordo che deve continuare ad andare avanti, iniziare e terminare. Non ci sono possibilità di scelta, neanche con i morti in strada.

Dilma Rousseff dovrà tentare di difendere la sua leadership e proseguire il lungo corso del Partito dei Lavoratori (Pt) che governa il Brasile da 12 anni. Tra i candidati in grado di tenergli testa troviamo Aecio Naves, appartenente al partito socialdemocratico (Psdb) e già governatore dello stato di Minas Gerais ed Edoardo Campos, socialista del Psb. I sondaggi confermano la preferenza dei brasiliani per la Rousseff, nonostante il calo di dieci punti percentuali rispetto allo scorso febbraio.

Appare evidente quanto questi Mondiali non siano semplici partite di calcio e quanto pesino ad oggi le presenti rimostranze della popolazione, avvenute anche poco prima del primo calcio d’inizio, dando il via a una serie di misure di sicurezza, compresi diversi arresti preventivi. La FIFA World Cup 2014 risulta essere una poderosa e colossale campagna elettorale anticipata che darà i suoi risultati solo nel prossimo autunno e peseranno molto di più di quelli conquistati dalla Seleçao.

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