Le proposte di Banca Etica per uscire dalla crisi

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di Valentina Verdini

La finanza etica esiste e può essere un mezzo per uscire dalla crisi quando il risparmio di famiglie ed imprese viene destinato a finanziamenti secondo criteri che sappiano coniugare elementi di natura strettamente economica con valutazioni di sensibilità sociale, etica ed ambientale. Di questo ne è convinto il presidente della Banca Etica, Ugo Biggeri, che lo scorso 24 ottobre, ha presentato una serie di proposte di fronte la Commissione Finanze della Camera. I punti fondamentali sono essenzialmente quattro:

no alle norme “taglia unica”: dalla crisi finanziaria del 2008, i regolamenti internazionali tendono ad applicare le stesse regole per arginare i danni delle finanza speculativa. Secondo Banca Etica, “l’errore è però applicare le stesse regole a realtà profondamente diverse come sono da una parte le grandi banche d’affari e dall’altra le piccole banche eticamente orientate, o quelle cooperative, mutualistiche, con forte base territoriale e orientamento al finanziamento delle PMI”;

no alle norme che penalizzano chi investe sul sociale: la normativa internazionale attuale (Accordi di Basilea 2 e 3) penalizza fortemente le banche che finanziano imprese sociali e realtà del terzo settore, imponendo livelli molto elevati di assorbimento patrimoniale. Banca Etica ha chiesto in particolare che sia introdotto anche per gli enti non profit il cosiddetto PMI Supporting Factor che mira a favorire l’erogazione di credito a favore delle PMI;

favorire i pagamenti alle imprese sociali fornitrici della PA: è necessario sbloccare i pagamenti dovuti dalle pubbliche amministrazioni a favore delle imprese fornitrici, incluse quelle del Terzo Settore. Infatti, i notevoli ritardi nei pagamenti da parte della PA nei confronti di enti non profit che gestiscono servizi socio-assistenziali sono il principale motivo di tensione nei bilanci di questi enti e il più grande ostacolo agli investimenti per il miglioramento della loro attività e ha chiesto di proseguire su questa strada;

no all’imposta di bollo che soffoca l’azionariato popolare: Banca Etica chiede la revisione della norma che nel 2012 ha cancellato l’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo per i piccoli investimenti fino a 1.000 euro introducendo un’imposta minima di 34 euro su tutti gli investimenti, inclusi quelli di carattere sociale come l’acquisto di azioni di Banca Etica che viene così radicalmente scoraggiato.

Oltre queste proposte, secondo Banca Etica, le misure sulle quali il governo dovrebbe confrontarsi sono anche la revisione dell’attuale Tassa sulle Transazioni finanziarie, la lotta ai paradisi fiscali, incentivi allo sviluppo del microcredito in Italia, la possibilità per le imprese sociali di emettere i cosiddetti “minibond” per finanziarsi sul mercato.

Il modello, che dal 1994, viene proposto da Banca Etica è del tutto innovativo e sdogana i cliché – giustificati dalla crisi contemporanea – che vedono la finanza come un campo del tutto speculativo. In realtà, il denaro può essere utilizzato con responsabilità, andando a favorire il welfare, l’ambiente, la cooperazione internazionale, il commercio equo e solidale, l’impresa sociale e responsabile. Una politica di credito che funziona non solo sulla carta ma anche con i numeri: nel 2012 i finanziamenti erogati alle imprese e organizzazioni sono aumentati del +13,6% contro una media del sistema bancario del +1,1%, la raccolta è cresciuta dell’8%, il capitale sociale aumentato di 7,7 milioni di euro pari al 22% ed un utile di 1,6 milioni di euro ha contribuito alla stabilità dell’istituto.

 

 

 

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