Almaviva Contact: referendum per i 632 lavoratori a rischio Cassa integrazione

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di Alessandra Vitullo

Ancora incerto il futuro dei 632 dipendenti della Almaviva Contact , di Roma, per i quali, il prossimo 25 ottobre, dovrebbe partire la Cassa integrazione. Settembre è stato un mese denso di trattative tra i lavoratori, l’Azienda e la Regione Lazio: il 20 e 21, infatti, dopo 24 ore di tavolo d’incontro, il mancato accordo tra le parti aveva spinto, in un primo momento, la Regione a concedere la Cassa integrazione all’Azienda, per poi ritornare sui suoi passi, invitando i vertici aziendali a riaprire le trattative per il 26 settembre. Come sappiamo la giunta Polverini, non riuscirà ad arrivare a quella data, scioltasi qualche giorno prima a causa del caso Fiorito, e lascerà i lavoratori all’incontro del 26 senza alcuna forza di contrattazione nei confronti dell’Azienda.

Al tavolo, infatti, i vertici dell’Almaviva si sono ripresentati con un accordo contenente  undici nuovi punti da sottoporre ai lavoratori, senza possibilità di contrattazione. Ovviamente, anche in questa occasione, l’accordo è saltato e la Regione ha riaperto la CISG (Cassa integrazione guadagni straordinaria).

Durante il mese di ottobre, prima che l’azienda potesse ancora presentare le pratiche per l’apertura della CISG all’Inps, le varie segreterie sindacali (SLC CGIL, Fistel CISL, Uilcom UIL, UGL Telecomunicazione) sono riuscite a formulare un’ipotesi d’accordo da far votare tramite referendum ai lavoratori che rischiano di essere cassaintegrati.

Tra i punti dell’accordo c’è la sospensione, a partire dal 19 novembre, “dal lavoro a zero ore a rotazione per tutti i lavoratori, al fine di permettere l’effettuazione in CISG di interventi formativi specifici per tutti, sia di tipo tecnico, che di tipo gestionale/comportamentale. Al termine di tali interventi formativi tutti saranno riammessi in operativo – qualora ci fossero dei lavoratori per i quali – si evidenziasse l’utilità di un ulteriore supporto formativo verrà avviato un successivo iter d’aula specifico, definito sulla base delle esigenze riscontrate in fase di verifica, che avrà una durata massima congiuntamente definita e comunque inferiore rispetto al primo ciclo di formazione”.

L’accordo prevede inoltre la formazione di “mini service team costituiti da 5/6 persone in operativo sulle quali verrà effettuata una misurazione mensile sulla base di un indicatore unico dato dalla media di indici di qualità e produttività – qualora la produttività di questa “mini squadre” di lavoratori risultasse – inferiore a soglie definite congiuntamente alle organizzazione sindacali e Rsu sarà avviato a percorsi formativi di durata definita tra le parti”. In sostanza si tratta di una “formazione coatta” non retribuita, alla quale chi non volesse partecipare non potrà avere diritto alla Cassa integrazione, dato che i lavoratori che rientrano nella CISG hanno firmato una Dichiarazione di immediata disponibilità.

Oggi i possibili futuri cassaintegrati dell’Almaviva voteranno per il referendum sulle ipotesi di accordo e qualora dovesse prevalere il , le ipotesi diventeranno un vero e proprio accordo da presentare alla Regione il giorno successivo. Qualora, invece, vincesse il no, per i 632 lavoratori scatterebbe la Cassa integrazione il prossimo 25 ottobre.

Tra i vari sindacati, ed internamente agli stessi, è ormai alta la tensione: Jean Paul, Rsu della Fistel Cisl, afferma:“noi non parteggiamo né per il , né per il no, noi vogliamo solo che i colleghi vadano a votare e che decidano loro stessi cosa vogliono”. I Cobas, invece, sono contrari a qualsiasi accordo e spingono i lavoratori a votare per il no, contro quella che definiscono una finta Cassa integrazione: “l’accordo non ferma questo meccanismo, anzi lo legittima e lo favorisce: si certifica una crisi che di fatto non c’è addossando tutte le responsabilità (scarsa produttività e assenteismo ndr) sui lavoratori; la CIGS rimane, e anche in percentuali sostanziose, per 12 mesi. Il salario dei lavoratori sarà ridotto drasticamente con l’obbligo di partecipare a dei corsi di formazione anche esterni alla sede aziendale”

Fa riflettere il commento scritto da uno dei lavoratori sulla pagina Facebook di Fistel Cisl “Sì, effettivamente avete ragione. Meglio in fondo un poco più di ossigeno che il nulla.” Costretti ormai a contrattare diritti fondamentali, costituzionali, umani, per non annegare nella disperazione.

Foto di Serena Bigi

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