Amarcord: Lazio 2004-05, la grande paura

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E’ stata la prima stagione della presidenza Lotito. Era partita con entusiasmo, è finita col fiato corto. E’ la storia della Lazio 2004-05, una storia di paura e tensione, di sofferenza e qualche gioia, con un lieto fine tutt’altro che scontato.

Nell’estate del 2004 a Roma, versante laziale, c’è il delirio: Sergio Cragnotti se n’è andato da oltre un anno, al timone del club c’è una società reggente, il presidente è l’avvocato Ugo Longo che per anni ha curato le faccende legali della presidenza e che ora si ritrova a capo di un sodalizio che non sa come e quando ripartirà. La lazio è in vendita, se la contendono due imprenditori, uno si chiama Tulli (ed è il preferito della tifoseria), l’altro si chiama Lotito che si vocifera sia addirittura tifoso della Roma. Ma è proprio quest’ultimo ad accaparrarsi la società diventandone proprietario e presidente a fine luglio, per molti già troppo tardi per ricostruire una squadra che ha perso il tecnico Roberto Mancini e i giocatori più rappresentativi, da Stam a Mihajlovic, da Favalli a Claudio Lopez, passando per Fiore e Corradi. Come allenatore viene scelto Domenico Caso che della Lazio è stato calciatore, ma che come esperienza in panchina può vantare al massimo la serie B. Poi, tutti in una volta, arrivano 9 giocatori, presi di qua e di là in Italia, in Europa e nel mondo; alcuni sono buoni acquisti, come i gemelli Antonio ed Emanuele Filippini, o come il centravanti Tommaso Rocchi, altri sono totalmente sconosciuti, come il venezuelano Mea Vitali o gli argentini Lequi, Talamonti e Gonzalez.

E poi c’è la ciliegina sulla torta, ovvero il ritorno a Roma di Paolo Di Canio dopo 15 anni. Di Canio, romano del quartiere Quarticciolo, era stato una delle scoperte di Volfango Patarca, responsabile per anni del settore giovanile laziale, che ne aveva fatto un calciatore dopo averlo visto giocare per strada. Di Canio, da sempre tifosissimo biancoceleste ed ex appartenente al gruppo degli Irriducibili della curva nord, aveva lasciato la città nel 1990, ceduto alla Juventus, e poi aveva girovagato per l’Italia e per la Gran Bretagna diventando un idolo in Inghilterra e uno dei giocatori più amati del Celtic in Scozia. Ormai quasi trentasettenne, Di Canio può essere la chioccia di uno spogliatoio giovane, oltre che un valido supporto per un tecnico oggettivamente inesperto. L’annata della Lazio non parte male, anzi, i biancocelesti vincono all’esordio in casa della Sampdoria proprio grazie ad una rete del figliol prodigo Di Canio su rigore, poi pareggiano con la Reggina in casa 1-1 e vincono 2-1 a Brescia. Tutto sembra progredire per il meglio, anche quando la squadra di Caso si ritrova in vantaggio per 1-0 all’Olimpico contro il Milan campione d’Italia in carica alla quarta giornata; la doppietta di Shevchenko nell’ultimo quarto d’ora, però, sconvolge le certezze di una formazione che si ritrova improvvisamente in preda ad ansie e paure.

Anche Caso palesa tutti i suoi limiti legati all’esperienza e la Lazio, dopo un pareggio strappato a Bergamo nel finale, perde prima in casa col Chievo e poi a Parma dove la difesa ne combina di tutti i colori. I tifosi iniziano a mugugnare, ma il successivo 2-0 inflitto al Messina sembra rimettere le cose a posto, prima però che la Lazio incappi in un nuovo periodo negativo con il pari casalingo contro il Siena e le sconfitte contro Livorno e Cagliari, inframezzate dal successo contro il Bologna, firmato ancora da un rigore di Paolo Di Canio a pochi minuti dal 90′. La tifoseria, intanto, perdona poco o nulla a Caso che viene ribattezzato Mimmo Caos, anche perché qualche spiffero di corridoio parla di un rapporto non idilliaco fra l’allenatore e Di Canio, voci che successivamente confermerà anche lo stesso calciatore nella sua autobiografia. Il tecnico sembra appeso a un filo, la sconfitta in casa della capolista Juventus può essere perdonata, ma se la Lazio non batterà in casa il Lecce per l’allenatore la corsa sarà finita. Lazio-Lecce dell’11 dicembre 2004 diventa così una sfida drammatica, sia per il futuro di caso che per la situazione di classifica dei capitolini, ormai risucchiati in zona retrocessione. La gara sarà al cardiopalma e solo una doppietta di Di Canio permetterà ai biancocelesti di acciuffare il 3-3 finale che salva la panchina di Caso per un’altra settimana, ma dopo lo 0-3 di Udine, Lotito esonera l’allenatore, mentre la Lazio è stata pure eliminata in Coppa Uefa nella prima fase a gironi.

Alla guida della Lazio arriva Giuseppe Papadopulo, anch’egli calciatore laziale negli anni settanta e che nelle ultime stagioni ha portato il Siena prima dalla serie B alla A e poi alla salvezza in massima serie. Certo, Papadopulo non è Sven Goran Eriksson o Roberto Mancini, ma neanche la Lazio è la stessa di Cragnotti e allora sotto col ruspante tecnico toscano che ha come compito unicamente quello di condurre una squadra spaurita ed insicura a riconquistare autostima e poi a centrare la salvezza. C’è paura, molta paura, e le feste di Natale sono tutt’altro che piacevoli dalle parti di Formello, anche perché all’orizzonte, cioè alla ripresa del campionato a gennaio, c’è il derby con la Roma che pure tanto bene non sta ma che appare, almeno come organico, migliore della Lazio. Esordire nella stracittadina è un’arma a doppio taglio per Papadopulo: vincere vorrebbe dire presentarsi con una botta di adrenalina clamorosa, perdere spalancherebbe la porta a un’infinità di polemiche che non aiuterebbero di certo un ambiente già abbattuto. In molti, così, man mano che si avvicina un Lazio-Roma fra i più mesti delle ultime stagioni, prevedono un pareggio della serie “non facciamoci del male“.

La sera del 6 gennaio 2005, invece, si trasformerà nell’apoteosi laziale per antonomasia. Tutto si incastra alla perfezione e nemmeno il tifoso più accanito avrebbe potuto desiderare di meglio e di più nei suoi sogni pre derby. Si capisce subito che la Lazio è più in palla, anche se il gioco è tutt’altro che spettacolare; al 29′ un sontuoso lancio in verticale di Liverani libera Di Canio che batte di prima intenzione e buca la porta romanista: 1-0 con l’attaccante biancoceleste che corre sotto la curva sud col dito puntato contro di loro, come Giorgio Chinaglia negli anni settanta, come lo stesso Di Canio nel derby del campionato 88-89. Nella ripresa, la Roma pareggia con Cassano al 68′, ma appena 6 minuti più tardi la Lazio torna avanti con Cesar, poi all’84’ Rocchi chiude i conti. 3-1, per Papadopulo è un trionfo e la sensazione è che per la Lazio quella vittoria possa rappresentare la svolta di una stagione nata male ma che è ancora possibile raddrizzare; qualcuno parla addirittura di zona Uefa, anche perché i biancocelesti vincono anche nel turno successivo, sbancando Firenze per 3-2. Ma è destino che questo debba essere un campionato di passione per la squadra capitolina che fra metà gennaio e metà febbraio non vince più, perde contro Palermo e Sampdoria in casa e contro Reggina e Milan in trasferta, oltre ad ottenere un inutile 0-0 casalingo contro il Brescia.

Ci risiamo, pensano i tifosi: altro che Uefa, la Lazio deve badare a salvarsi e l’impresa appare tutt’altro che agevole. Il 12 febbraio all’Olimpico arriva l’Atalanta che è ultima in classifica ma in gran ripresa; ma i biancocelesti non possono fare calcoli e devono vincere a tutti i costi. L’avvio è lento, si vede lontano chilometri che la Lazio ha paura e l’Atalanta gioca con scioltezza; logica conseguenza è il vantaggio atalantino col futuro laziale Makinwa al 44′, una doccia gelata che paralizza l’Olimpico e non solo perché a Roma è una di quelle giornate di febbraio in cui si battono i denti dal freddo. Buon per la Lazio, però, che appena rimessa palla al centro arrivi il pareggio di Fabio Bazzani che da qualche settimana è arrivato dalla Sampdoria e che si candida ad essere il bomber risolutore dei problemi di Papadopulo. Il pari accontenta l’Atalanta, molto meno i biancocelesti che spingono, attaccano, hanno certamente più cuore che tecnica, ma alla fine vengono premiati dal gol di Liverani proprio in zona Cesarini. E’ una liberazione per il popolo laziale, è il ritorno alla vittoria dopo un mese, la prima di tre perché dopo l’Atalanta, la Lazio batte anche il Chievo ed il Parma, prima di perdere due gare consecutive in trasferta contro Messina e Siena, e fare 4 punti all’Olimpico, 1-1 contro l’Inter e 3-1 al Livorno.

La classifica ancora non sorride, ma quantomeno la Lazio dimostra di essere viva e combattiva. La vittoria in rimonta a Bologna e il pari raggiunto a Cagliari al 91′ permettono di mantenere le distanze dalla zona pericolo, ma il ko casalingo contro la Juventus rimescola le carte, anche perché i biancocelesti perdono anche a Lecce (5-3) la settimana successiva e poi in casa contro l’Udinese. Il derby di ritorno contro la Roma del 15 maggio diventa così una ciambella di salvataggio a cui entrambe le compagini capitoline vogliono aggrapparsi per galleggiare insieme verso la riva. Questo perché, nel frattempo, anche la Roma è precipitata in classifica, ha cambiato 4 allenatori senza venire a capo di nulla. Stavolta il pareggio che tanti prevedevano all’andata si verifica sul serio e in modo che fa pure storcere il naso alle concorrenti per la salvezza che sospettano addirittura che Lazio e Roma si siano volutamente “rispettate” chiudendo il derby con uno 0-0 senza tiri in porta. Papadopulo tira in ballo la paura e il caldo soffocante, ma gli stessi tifosi presenti sugli spalti dell’Olimpico fischiano a più non posso al termine del più brutto derby romano degli ultimi anni che avvicina, però, tanto la Roma quanto la Lazio alla permanenza in serie A. Sembrano lontani, lontanissimi, i tempi in cui prima i biancocelesti e l’anno dopo i giallorossi conquistavano lo scudetto, anche se in realtà sono passati appena 4-5 anni.

Lazio-Fiorentina 1-1 del 22 maggio 2005 regala la salvezza virtuale ai biancocelesti che poi diventa matematica la settimana successiva col 3-3 di Palermo che chiude un campionato sofferto e complicato per una squadra che da oltre 15 anni lottava quantomeno per i piazzamenti europei. La Lazio si salva con 44 punti, 2 in più di Bologna e Parma che disputeranno lo spareggio per decretare chi accompagnerà in serie B Brescia ed Atalanta. La salvezza strappa un sorriso ai tifosi, che si consolano anche con la pessima annata della Roma e per una volta entrambe le tifoserie possono trovarsi d’accordo nel chiudere a chiave il cassetto di una stagione da dimenticare immediatamente.

di Marco Milan

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