Amarcord: Andrea Silenzi, lo spilungone del gol

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Pennellone. Soprannome tipicamente romano per definire una persona particolarmente alta, meglio anche se di costituzione magra. Andrea Silenzi, romano di nascita, pennellone lo era per davvero, soprannome che gli è rimasto appiccicato per tutta la carriera, costellata di alti, bassi e qualche primato di cui avrebbe fatto volentieri a meno.

Andrea Silenzi nasce a Roma il 10 febbraio 1966 e fin dai primi tempi in cui inizia a giocare a calcio si capisce che farà l’attaccante: alto, magro e col senso del gol, insomma, ha poche alternative il giovane Silenzi se non quella di essere mandato in campo con la maglia numero 9 sulle spalle. Cresciuto nelle giovanili del Pescatori Ostia, approda ben presto alla Lodigiani che fra gli anni ottanta e la fine dei novanta ha avuto occhi e attenzione per i migliori talenti della capitale, sfornandone diversi che nel tempo hanno agito da protagonisti in serie A. Silenzi, 1 metro e 91 centimetri di altezza per 85 chili, fa gol, non è dotatissimo tecnicamente, però riesce a farsi quasi sempre largo in area di rigore, oltre a sfruttare perfettamente la sua elevazione. Dopo 49 presenze e 18 reti con la Lodigiani, Silenzi si trasferisce all’Arezzo in serie B, ma la squadra è abbastanza scarsa e retrocede in C1 senza permettere al centravanti romano di disimpegnarsi come saprebbe e vorrebbe, anche se probabilmente la serie B è un palcoscenico ancora troppo grande per un calciatore giovane come lui.

Nell’estate del 1988, allora, Silenzi finisce in C1 alla Reggiana, formazione con ambizioni di promozione. Stavolta le reti arrivano, sono 9 e consentono agli emiliani di festeggiare il ritorno in serie B. Le doti dell’attaccante piacciono a Reggio Emilia, tanto che diventa lui il perno dell’attacco granata nel campionato cadetto 1989-90 in cui la Reggiana parte con l’obiettivo di conquistare una comoda salvezza. La stagione sarà ottima per la squadra emiliana, addirittura trionfale per Silenzi: ottavo posto per la neo promossa, titolo di capocannoniere del campionato per il centravanti che segna 23 reti attirando attorno a sé osservatori e dirigenti delle migliori società di serie A. La Reggiana vorrebbe trattenerlo per allestire una rosa all’altezza della lotta promozione, ma tarpare le ali a Silenzi in quel momento e dopo una stagione così redditizia sembra impossibile, al punto che quando nella sede del club granata perviene l’offerta del Napoli campione d’Italia, dire di no è pressoché fantascienza. I partenopei sborsano 7 miliardi di lire e si portano a casa il capocannoniere della serie B per affiancarlo ai titolari Careca ed Incocciati, oltre ovviamente a Diego Armando Maradona che si appresta a disputare la sua ultima annata in Italia.

Qualcuno storce il naso a Napoli, chiedendosi se sia il caso di affidarsi a un giovane senza esperienza come Silenzi, anziché acquistare un attaccante con più maturità e con più gol nei piedi, perché è vero che i 23 messi a segno dall’attaccante romano sono un biglietto da visita validissimo, ma è altrettanto palese che fra serie B e serie A il salto sia multiplo, oltre al fatto che il Napoli ha vinto lo scudetto e giocherà anche la Coppa dei Campioni. Il tecnico azzurro, Alberto Bigon, però, non si lascia condizionare dalle voci e anzi schiera Silenzi titolare nella Supercoppa Italiana che al San Paolo mette di fronte il Napoli e la Juventus (vincitrice della Coppa Italia) il 1 settembre 1990. E’ la serata della grande illusione napoletana: i campani stravincono 5-1 mettendo al tappeto i bianconeri e Silenzi sigla pure una doppietta, alla faccia di chi lo voleva in difficoltà in una piazza come Napoli. Nel debutto in campionato, però, incominciano le difficoltà dei campioni d’Italia: a Lecce il Napoli non va oltre lo 0-0, nel secondo turno perde addirittura 2-1 in casa contro il Cagliari, poi perde anche in casa del neopromosso Parma, finendo in piena zona retrocessione. Maradona non sembra più quello di prima, l’attacco non segna e in generale la squadra sembra scarica, evidentemente a fine ciclo. Anche Silenzi finisce col risentire di uno stato psicologico bassissimo dell’intero ambiente e per tutto il girone d’andata il centravanti non segna neanche un gol, andando in rete solamente in Coppa Italia il 14 novembre contro la Fiorentina.

La prima rete di Silenzi in serie A arriva solamente a metà aprile nel 2-0 con cui il Napoli batte l’Atalanta, quando ormai Maradona ha già palesato i suoi problemi con la cocaina e gli azzurri sgomitano per un posto in Uefa, una volta salutate anche le coppe. Lo “spareggio” per un piazzamento europeo contro la Juventus a tre giornate dal termine del campionato finisce 1-1, Silenzi segna il momentaneo 1-0 e corre sotto la curva; ma non basterà a vincere, non basterà neanche a qualificarsi per la Coppa Uefa perché il Napoli finirà fuori dalle coppe europee per la stagione 1991-92 quando in Campania arriverà Claudio Ranieri come allenatore e Silenzi verrà confermato in rosa per puntare al riscatto, suo e dell’intera squadra. Via Incocciati, dentro Padovano, il Napoli sembra migliore dell’anno prima, tanto che raggiungerà il quarto posto in campionato e Silenzi, maggiormente coinvolto, arriverà a quota 4 reti, il doppio dell’anno precedente, non ancora sufficienti per affermarsi definitivamente in serie A. In estate lo cerca e lo acquista il Torino, pronto a garantirgli più spazio, nonostante l’attacco dei granata presenti gente come Aguilera e Casagrande. Ma Silenzi si ritaglia un ruolo importante a Torino, realizza 3 gol in campionato ma diventa il mattatore della Coppa Italia, trofeo che ad oggi è l’ultimo in bacheca per i torinisti.

Silenzi incomincia a segnare in coppa già nel primo turno a Monza, il Torino avanza, elimina i brianzoli, il Bari, la Lazio, la Juventus e si presenta con ottime carte in mano alla finale contro la Roma. L’andata al Delle Alpi sembra mettere i granata a riparo da brutte sorprese grazie al 3-0 portato a casa, ma la gara di ritorno all’Olimpico sarà un martirio, la Roma, guidata da un immenso cuore, ce la metterà tutta, vincerà 5-2 e solamente una doppietta di Silenzi consentirà al Torino di evitare la beffa ed alzare a fine gara la coppa. Il centravanti romano è ormai un idolo dei tifosi, gli manca solamente la consacrazione della doppia cifra di marcature in serie A e, complici anche le partenze di Aguilera e Casagrande, l’idea di Emiliano Mondonico, tecnico torinista, è quella di affidare proprio a Silenzi il peso dell’attacco per l’intera stagione. E Silenzi ripaga subito la fiducia dell’allenatore segnando alla prima giornata nel 3-0 granata a Piacenza, poi al quarto turno, l’attaccante decide la sfida casalinga contro l’Udinese che permette al Torino di agganciare il Milan in testa alla classifica. Due settimane più tardi ecco la doppietta di Silenzi che vale il 2-0 granata contro il Genoa, poi altre due doppiette, quella da ex contro la Reggiana e quella contro il Lecce fanalino di coda.

Anche nelle coppe, Silenzi timbra con regolarità il cartellino: in Coppa Italia sigla una doppietta all’Ascoli, in Coppa delle Coppe va in rete due volte contro il Lillestroem al primo turno e realizza il gol partita in Scozia contro l’Aberdeen, preludio dell’amara eliminazione granata a Londra contro l’Arsenal. Tornando alla serie A, nel girone di ritorno il Torino cala sensibilmente il suo rendimento e giungerà ottavo in classifica, anche se i gol di Silenzi non latiteranno affatto, anzi, il centravanti chiuderà a quota 17 e sarà a lungo in lizza per un posto in Nazionale in vista dei mondiali americani, anche se alla fine Arrigo Sacchi opterà per lasciare l’attaccante del Torino a casa. Nell’annata successiva, 1994-95, a Torino arriva Ruggiero Rizzitelli che diventerà il cannoniere principe dei granata in una squadra profondamente indebolita rispetto al passato. Silenzi trova la sua prima rete in campionato solamente l’11 dicembre nel 2-0 inflitto al Bari, la sua miglior giornata arriverà a marzo con la doppietta realizzata a Brescia. A fine anno saranno 5 i gol totali, 4 in campionato e uno in Coppa Italia contro il Foggia, poi in estate i granata vogliono fare cassa e cedono Silenzi in Inghilterra, al Nottingham Forest dopo aver giocato anche la sua prima ed unica partita in Nazionale in un’amichevole giocata a Napoli e persa dall’Italia 1-0 contro la Francia.

Andrea Silenzi diventa così il primo calciatore italiano a giocare in Premier League e le aspettative in Gran Bretagna sono alte, perché le caratteristiche del centravanti romano si sposano perfettamente col calcio inglese, fisico e votato ai cross dalle fasce che esaltano le punte alte e brave in elevazione. Il Nottingham Forest è una buona squadra, anche se lontanissima da quella di inizio anni ottanta che aveva vinto per due volte consecutive la Coppa dei Campioni. Silenzi, però, non ingrana, forse ha difficoltà con la lingua, forse il suo carattere un po’ chiuso non lo fa integrare al massimo con il resto dello spogliatoio, o forse più semplicemente se le cose non girano all’inizio spesso faticano a muoversi dopo. Fatto sta che ben presto i tifosi del Nottingham incominciano a spazientirsi perché quell’attaccante italiano di cui tanto bene si era parlato in estate non ne azzecca una, si muove male, è goffo, viene sempre anticipato dai difensori e, soprattutto, non segna mai; la stagione finisce e Silenzi segna un gol solo, in coppa. Meglio non va nell’annata successiva quando il bottino è lo stesso: zero reti in campionato, una soltanto in coppa. Il pubblico non lo sopporta più ed anche il club è deluso: nell’autunno del 1996 Silenzi torna in Italia, in serie B, firmando col Venezia. Anni dopo, si classificherà al terzo posto nella classifica dei bidoni arrivati in Inghilterra dall’estero.

Silenzi ha ormai trent’anni e non sembra più quello che a Torino segnava e faceva segnare. Contribuisce comunque alla salvezza del Venezia nel campionato 1996-97 segnando 4 reti, poi in estate torna a Reggio Emilia sperando di ripartire da zero nella città e nella squadra che lo aveva consacrato quasi dieci anni prima. Ma sia l’attaccante che la Reggiana sono cambiati col passare del tempo: Silenzi chiude la stagione 1997-98 con 8 presenze e nessun gol, a luglio del 1998 lascia l’Emilia nell’indifferenza generale e si trasferisce di pochi chilometri, in Romagna, al Ravenna dove segna 3 reti nel campionato 98-99 guadagnandosi un’inattesa chiamata dalla serie A e dal passato: il neo promosso Torino, infatti, gli offre un ingaggio, farà da punta di riserva e di esperienza nei granata, voluto dal suo vecchio allenatore Mondonico. L’annata 1999-2000 sarà terribile per il Torino che retrocederà immediatamente, ma anche Silenzi avrà poco da sorridere: gol al Bari ad ottobre, poi il centravanti subirà un grave infortunio al gomito nella trasferta di Firenze e resterà ai box per diversi mesi. Al suo rientro segnerà nel 2-2 dei granata contro il Parma l’8 aprile 2000, data dell’ultima rete di Andrea Silenzi in serie A e in carriera perché in estate tornerà a Ravenna dove giocherà in serie B per l’annata 2000-01 collezionando appena 7 gettoni e nessun gol, prima di chiudere col calcio giocato.

Silenzi, detto Pennellone, ha avuto una carriera strana, viaggiando sulle montagne russe, dal titolo di capocannoniere con la Reggiana ai pochi gol col Napoli, da trascinatore del Torino a flop in Inghilterra, spesso sottovalutato per doti tecniche non eccelse e considerato bravo solo a sfruttare elevazione, fisico e colpo di testa. Chissà che non abbia sbagliato epoca, Silenzi, perché nel calcio di inizio anni novanta forse la serie A aveva realmente attaccanti più dotati di lui, mentre una ventina di anni dopo avrebbe probabilmente giocato di più e meglio. Ma non si può scegliere quando nascere, Silenzi lo sa e si accontenta di una carriera comunque assai più che dignitosa.

di Marco Milan

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